Questa mattina dopo essere riemersa da alcuni incontri con le istituzioni per salvare la pelle di una donna massacrata di botte per anni e ora minacciata di morte dal marito, leggo su Facebook un post di Ombretta Toschi, una donna impegnata politicamente contro la violenza alle donne. Era indignata per le parole pronunciate da Kiko Arguello sul femminicidio, il giorno del Family Day.
Quando era assessora alle Pari Opportunità, Ombretta ha sostenuto il centro antiviolenza perché le donne potessero uscire dalle case dove subivano violenze quotidiane e rivelare la realtà delle famiglie violente. Nei progetti che abbiamo discusso insieme eravamo consapevoli che la famiglia non è un valore assoluto e che solo la qualità delle relazioni, fatte di amore e rispetto, rende prezioso un legame familiare. Abbiamo conosciuto e continuiamo a conoscere famiglie che sono inferni costruiti su legami che è doveroso spezzare quando viene chiesto aiuto.
Ombretta era con noi quando nel 2009 abbiamo depositato, vicino al laghetto con i fiori di loto del parco lughese, la scultura in ricordo delle donne vittime di femminicidio: tre gigli selvatici in ferro battuto, realizzati da studenti e studentesse del liceo artistico. Per questo ho compreso e condiviso la sua indignazione per le parole del fondatore del Cammino neocatecumenale, un movimento nato in Spagna all’inizio degli anni ’60 per formare ed evangelizzare i fedeli.
In un clima di fobie e ansie alimentate da una efficacissima disinformazione sulla inesistente” teoria del gender”, poteva mancare la colpevolizzazione delle donne che si sottraggono al ruolo sacrificale di erogatrici di cura e amore incondizionato?
La star neocatecumenale è stata accolta sul palco del Family Day dall’ovazione di una folla che scandiva il suo nome e dopo aver parlato del caldo e di quanto fosse bello cantare, ha introdotto l’argomento famiglia e quando se ne parla (lo sa persino Arguello) difficilmente si riesce a rimuovere il fenomeno della violenza. La violenza c’è, ma gratta gratta, è “colpa della donna“. Così ha scusato con una bella dose di indulgenza, l’uomo che uccide la compagna che smette di amarlo “perché sente la morte talmente profonda che il primo moto è ucciderla, perché il dolore che prova è quasi mistico” e per farle capire bene il concetto, perché le stia ben impresso, ammazza pure i figli.
Ascoltando queste parole ho provato un brivido di freddo e mi sono venuti alla mente quei cortei con croci e feti di plastica e slogan contro “le donne assassine”, invettiva che Arguello ha risparmiato a quell’uomo che tempo fa in Svizzera fece sparire le figlie, probabilmente uccise e gettate chissà dove, senza la concessione di alcuna misericordia come una sepoltura dignitosa dove la madre potesse andare a piangerle.
Nel sermone sul femminicidio si è detto pure convinto che siano gli atei ad uccidere perché sono senza la Chiesa, ma non deve aver studiato molto bene la Bibbia e i testi dei Padri della Chiesa perché avrebbe saputo che l’uccisione delle donne fosse più che giustificata dalla religione. Dall’Antico Testamento questo precetto poco edificante sul delitto d’onore: “Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituendosi, disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco. Il sacerdote, quello che è il sommo tra i suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l’olio dell’unzione e ha ricevuto l’investitura, indossando le vesti sacre, non dovrà scarmigliarsi i capelli né stracciarsi le vesti”. (Bibbia, Levitico, XXI).
Sono trascorsi secoli da quando i testi sacri inveivano contro l’essenza imperfetta delle donne che dovevano essere subordinate all’uomo e condannavano l’omosessualità e la libera espressione della sessualità.
L’ostinato conservatorismo della Chiesa ha incontrato recentemente lo sforzo di rinnovamento di Bergoglio che ha preferito ignorare la manifestazione del 20 giugno.
Lascia sgomenti che le spinte di cambiamento sociale e culturale incontrino un ostacolo nella crescente paura che oscura le coscienze e la ragione. Speriamo di essere abbastanza equipaggiati contro l’integralismo cattolico che serpeggiava in quella piazza e di avere la forza di combattere l’autoritarismo e il suo fetido vento.
Speriamo che la prossima piazza accolga centinaia di migliaia di donne e uomini per manifestare in difesa della libertà e della dignità di tutti e non per inneggiare a forche per rom e immigrati o per negare diritti al prossimo. Ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo.
@Nadiesdaa