Si combatte ancora una volta strada per strada nella martoriata Kobane. Lo Stato islamico ha lanciato una nuova offensiva nella città al confine tra Siria e Turchia. Nelle prime ore del mattino del 25 giugno i miliziani hanno condotto l’attacco su tre lati del centro abitato, facendo esplodere almeno 3 autobombe (secondo la ong Osservatori siriano per i diritti umani, 4 secondo le unità di difesa curde YPJ) e sono entrati nel centro abitato. Secondo alcune fonti lo avrebbero fatto vestiti con le uniformi abitualmente utilizzate dalle milizie curde e dal Free Syrian Army, formazione che combatte contro la parte dell’esercito siriana rimasta fedele a Bashar Al Assad. Secondo il sito curdo di informazione in lingua inglese l’attacco ha causato almeno 60 morti e 75 feriti. “Gruppi di militanti dell’Isis stanno guidando in giro per le strade e i vicoli di Kobane uccidendo civili – racconta il reporter di Rudaw Omar Kalo – ho incontrato una donna che mi ha detto che i militanti dell’Isis hanno fatto irruzione in casa sua e ucciso tutti i membri della sua famiglia”.
Combattenti curde: “Hanno sparato a tutti quelli che hanno trovato”
“Quattro autobombe sono esplose nella città questa notte presto e i militanti hanno sparato a tutti quelli che hanno trovato – ha raccontato la comandante delle unità di difesa curde YPJ Nasrin Abdallah nella sala conferenze della Camera – i morti civili sono più di venti, molti i feriti e diversi gli ostaggi civili. Sia in città sia nei villaggi molte famiglie sono state eliminate per intero”. “Sono più di 100 i membri dell’Isis in città, alcuni si sono fatti esplodere come kamikaze, altri indossano giubbotti esplosivi e usano i civili come scudi umano per non essere attaccati”, ha aggiunto. “Le nostre forze di difesa hanno circondato questi gruppi – ha spiegato Abdallah – sono stati circondati quasi tutti, ma c’è un conflitto molto forte. Non vogliamo bombardamenti all’interno della città. Stiamo cercando di salvare la città con la minima perdita di vittime civili”.
Siria: “Jihadisti passati dalla Turchia”. Ankara: “Menzogne”
Questa mattina la tv di Stato siriana ha denunciato che l’ingresso dei jihadisti sarebbe avvenuto dalla Turchia. Immediata la replica del governatore di Sanliurfa, la provincia sudorientale turca più vicina a Kobane: “Le affermazioni secondo cui i militanti di Daesh (Isis) sono arrivati a Kobane dalla Turchia sono infondate. Al più presto renderemo pubbliche le immagini”. Per le autorità turche, l’Isis è entrato a Kobane passando dalla cittadina siriana di Jarabulus, nella provincia di Aleppo. A maggio il New York Times aveva trovato una connessione tra Turchia e Stato islamico. Secondo un’inchiesta, Ankara avrebbe venduto allo Stato islamico nitrato di ammonio, un composto chimico che può essere impiegato sia come fertilizzante che per la costruzione di bombe. Nelle scorse settimane Cumhuriyet, quotidiano turco, aveva pubblicato video e foto che documenterebbero la fornitura di armi ai ribelli siriani da parte del Mit, l’intelligence turca.
Testimoni: “4.000 profughi bloccati dalla Turchia”
“In città regna la paura” e in “tanti cercano di fuggire”. Lo ha dichiarato Ali Ibrahim, membro del comitato centrale del Partito democratico del Kurdistan in Siria, per raccontare la situazione di Kobane, un tempo la terza città a maggioranza curda in Siria. Il funzionario ha lanciato un appello, tramite il sito di informazione Rudaw, ai “peshmerga e alle Unità di protezione del popolo affinché si mobilitino a difesa della regione” e denuncia l’uccisione a Kobane di 50 “civili”. “Intorno alle 5 del mattino – ha spiegato Ibrahim – è entrato in città un gruppo di terroristi dell’Is con indosso divise dell’Esercito libero siriano e delle Ypg. Non sappiamo esattamente quanti ne siano entrati. I terroristi hanno anche preso il controllo del villaggio di Bakha Botan e hanno commesso un massacro. In città regna la paura. Molta gente ha cercato di scappare. Quattromila persone hanno cercato di entrare in Turchia, ma i soldati turchi le hanno bloccate”.
La nuova strategia dell’Isis
Le forze curde erano riuscite a espellere lo Stato islamico dalla città il 26 gennaio scorso dopo mesi di scontri, grazie anche all’aiuto della coalizione internazionale. La sconfitta dei jihadisti aveva avuto una grande eco internazionale e assunto un alto valore simbolico, perché sanciva la fine di un assedio in corso da mesi. Poi, oggi, il cambio di strategia. Prima i jihadisti hanno conquistato Ayn Issa, località strategica a 50 chilometri da Raqqa, quartier generale e quartiere generale dello Stato islamico in Siria, come hanno confermato le Unità di protezione del popolo, le milizie curde, all’inizio della settimana. Poi il ritorno a Kobane. E la guerriglia continua anche sul confine tra Iraq e Turchia, dove l’esercito siriano si è scontrato coi jihadisti a Hasake, capoluogo della regione nord-orientale. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, 50 persone – tra miliziani e soldati dell’esercito – sono morti finora nei combattimenti.