Si sono mangiati tutto. Dalle cene spacciate per impegni istituzionali alle vacanze alle terme con l’amante passando per i gioielli, le televisioni, i gratta e vinci, le tasse della spazzatura, le rate della macchina, i taxi, soldi in contanti. In tutto 2milioni e mezzo di euro scomparsi dal Consiglio regionale della Calabria. L’inchiesta “Erga Omnes” ha tracciato uno spaccato imbarazzante per i politici calabresi travolti dall’inchiesta della Guardia di finanza che stamattina ha arrestato l’assessore regionale ai lavori pubblici Nino De Gaetano (Pd) e l’ex consigliere regionale Luigi Fedele (Forza Italia) mentre per il senatore del Nuovo Centrodestra Giovanni Bilardi è stata depositata la richiesta di arresto in Parlamento.
Per Bilardi, secondo il gip, c’è il rischio “di reiterazione del reato”. “L’attuale incarico politico-istituzionale di massimo prestigio – scrive il giudice per le indagini preliminari – colloca il Bilardi nella posizione ideale per continuare a commettere reati della stessa specie di quelli per i quali si procede. Nella veste di senatore della Repubblica, infatti, egli viene a godere della disponibilità di ingenti fondi pubblici a diverso titolo, avendo peraltro conservato un solido legame con coloro che sono attivamente impegnati nelle istituzioni locali, dalla Regione Calabria al Comune di Reggio Calabria”.
In sostanza, per il senatore la politica era un “vero e proprio commercio del proprio ruolo istituzionale, per nulla sensibilizzato dall’investitura popolare ricevuta”. Bilardi, al quale sono stati sequestrati 357mila euro, durante l’interrogatorio sostenuto nel corso delle indagini “ha reso innumerevoli dichiarazioni mendaci, nel goffo tentativo di giustificare le proprie condotte illecite. In questo senso, inequivocabile riscontro della falsità non solo di quanto dichiarato ma anche di quanto propinato al Consiglio Regionale nelle note di rendiconto depositate, è la triste e meschina vicenda della ricollocazione del televisore Grunding nella sede del Gruppo ‘Scopelliti presidente’ dopo solo un paio d’ore dall’interrogatorio nel quale gli inquirenti gliene avevano chiesto conto”.
L’assessore regionale ai lavori pubblici e ai Trasporti Nino De Gaetano si sarebbe “appropriato di somme enormi. Si è reso responsabile di gravi manipolazioni della documentazione contabile, sia producendo al Consiglio Regionale note di rendiconto totalmente mendaci, sia confezionando documenti di spesa di cui si è accertata la falsità giungendo a predisporre vere e proprie fatture false”.
Dopo aver studiato per mesi la richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Reggio Calabria, la scure del gip Olga Tarzia non lascia scampo a uno dei principali indagati della Rimborsopoli calabrese che ha azzoppato la giunta guidata da Mario Oliverio (tranne lui sono tutti indagati) il quale ancora prima delle elezioni e della nomina sapeva che tutti i suoi assessori erano coinvolti nell’indagine delle Fiamme Gialle che ha notificato un sequestro di beni anche al vicepresidente Enzo Ciconte (circa 70mila euro) e all’assessore al Lavoro Carlo Guccione (27mila euro).
Nel solo 2010 l’ex consigliere regionale di Forza Italia Luigi Fedele ha speso quasi 229mila euro tra giroconti, carte di credito, assegni e prelievi in contanti serviti a pagare pranzi e cene nel ristorante del figlio ma anche i viaggi e i pernottamenti con la sua “storica” segretaria con la quale, secondo gli inquirenti, aveva un rapporto che “non era esclusivamente di natura professionale”. Tra i rimborsi di Fedele gli investigatori hanno trovato anche un soggiorno di quattro giorni a “La maison du relax” a Fasano del Garda costato 4285 euro. Tra gli indagati anche l’ex governatore Agazio Loiero, l’attuale presidente del Consiglio regionale Antonio Scalzo e l’ex consigliere regionale del Pd Nicola Adamo, marito della deputata Enza Bruno Bossio e candidato in pectore a sindaco di Cosenza nelle prossime elezioni comunali.
Stando all’impianto accusatorio, Adamo si è “appropriato di somme enormi, in particolare ricorrendo allo stratagemma di utilizzare al fine di giustificare le sue presunte spese ricorrendo alla documentazione contabile dell’associazione ‘L’Idea’, dallo stesso incaricata di svolgere tutta una serie di funzioni di segreteria”. La sua condotta “appare essere stata connotata da una particolare spregiudicatezza, avendo avuto cura di mascherare le indebite appropriazioni dietro la produzione di una moltitudine di documenti contabili invero inconferenti”. Nei suoi confronti il giudice ha disposto il divieto di dimora in Calabria.
Per il gip Olga Tarzia è emersa “una gestione gravemente omissiva in punto di controlli successivi sui titoli di spesa, sia nel caso di anticipazione di fondi che di riconoscimento postumo della legittimità della spesa mediante rimborso, deliberatamente funzionale a rendere possibile, perpetuandolo, un sistema di utilizzazione di fondi pubblici a destinazione vincolata, secondo schemi collaudati nel nostro Paese, ispirato a un esercizio tracotante del potere, che tradisce anche sicurezza di impunità”.
L’omesso controllo dei capigruppo “era deliberatamente ispirato – prosegue – a una logica di compiacente e colpevole condivisione di certi metodi di sfruttamento parassitario di cospicue disponibilità finanziarie di natura pubblica che, senza alcun pudore, ma semmai con spregiudicato disprezzo delle regole, sono state utilizzate per finanziare spese personalissime con una scandalosa tracotanza, mentre le funzioni legislative e quindi costituzionali esercitate avrebbero dovuto ricordare agli odierni indagati, in ogni momento, che la vita pubblica esige rigore e correttezza, tanto più che si tratta di soggetti che possono contare su cospicue indennità di funzione che ne assicurano indipendenza e prestigio sociale”.