Lo spettro del roaming per chi telefona, naviga, scarica la posta elettronica e si connette a Facebook o a Twitter in Europa non farà più paura dal 15 giugno 2017. Tra due anni, infatti, scatterà finalmente l’abolizione dei costi extra che si pagano quando si usa il proprio numero telefonico sulle reti degli altri operatori fuori dai confini nazionali. Una svolta per i consumatori europei, soprattutto perché è stata anticipata di 18 mesi la rivoluzione che consentirà, quando si viaggia nell’Unione Europea, di usare il cellulare sborsando gli stessi soldi che si spendono nel proprio Paese o di non preoccuparsi più disattivare la connessione. Lo scorso marzo, infatti, dopo mesi di audizioni, giri di tavolo e negoziati falliti, il Consiglio Ue aveva deciso di far continuare questo salasso almeno fino al 2018, firmando un compromesso al ribasso sul regolamento che avrebbe introdotto solamente una limitazione del sovrapprezzo delle telefonate oltre confine.
Così, quando ormai si pensava che l’annosa battaglia per l’abolizione delle tariffe di roaming fosse passata indenne anche sotto la presidenza lettone (il cui mandato termina proprio oggi, 30 giugno, e con il premier Matteo Renzi che aveva chiuso a dicembre 2014 il suo semestre italiano senza riuscire minimamente a scalfire la lobby delle telecomunicazioni), è stato firmato questo accordo cruciale, caratterizzato da una maratona notturna durata oltre 12 ore con il Parlamento europeo.
Se per la definizione dei dettagli tecnici toccherà aspettare le prossime settimane (sotto la nuova presidenza lussemburghese), nel testo sono già presenti i nuovi costi. L’abolizione completa dei sovraccosti del roaming, che scatterà appunto dal 30 giugno 2017, verrà infatti preceduta da un primo taglio il 30 aprile 2016. Tra 10 mesi, quindi, i tetti attualmente in vigore quando si va all’estero (0,19 euro al minuto per le chiamate, 0,06 euro per ogni sms inviato e 0,20 euro per ogni megabyte di dati scaricato) saranno rimpiazzati da un costo extra massimo di 0,05 euro al minuto per le chiamate, di 0,02 per gli sms e di 0,05 per megabyte per i dati. Il tutto Iva esclusa.
“Sono stati ascoltati i cittadini europei”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue per il mercato unico digitale Andrus Ansip. “L’intesa – ha aggiunto il commissario Ue all’Agenda digitale, Guenther Oettinger – è essenziale per consumatori e imprese in questa società”. Certo è che la concorrenza sulla telefonia e la strada per il risparmio è stata lunghissima: il testo votato fa parte del pacchetto telecomunicazioni ‘Connected Continent’ voluto dalla olandese Neelie Kroes, che prima da commissario alla Concorrenza nel 2007 e poi, dal 2010, come responsabile per l’Agenda digitale, si è sempre battuta per eliminare i costi extra sul traffico intracomunitario da cellulare. Sette anni fa, infatti, fece introdurre per la prima volta un limite massimo ai costi delle chiamate effettuate e ricevute dall’estero contro i costi eccessivi del roaming. E da allora le tariffe sono diminuite di oltre l’80%, mentre scaricare dati in roaming costa il 91% in meno.
Del resto l’azzeramento del costo del roaming farà perdere alla lobby delle telecomunicazioni un mucchio di quattrini, con il rischio concreto che i gestori possano scaricare sul traffico nazionale i mancati introiti. E più che una maldicenza, si tratta di un pericolo serio ammesso da Fatima Barros, presidente per il 2015 del Berec (l’organismo Ue che riunisce i regolatori delle tlc dei 28) secondo la quale “i costi per gli operatori ci sono e alla fine qualcuno deve pagarli”. Timori che arrivano anche da Monique Goyens, presidente dell’Associazione dei consumatori europei (Beuc): “Il demonio è nel dettaglio dell’accordo Ue, visto che l’abolizione dei prezzi del roaming dipende dal completamento della revisione del mercato all’ingrosso che sarà un duro compito”.
Per ora, però, i big europei della telefonia hanno preferito non commentare in attesa di leggere il testo definitivo dell’accordo che, va ricordato, deve passare al voto di Consiglio ed Europarlamento prima di diventare legge, anche se il disco verde è scontato dal momento che è stata già raggiunta l’intesa.
L’intesa raggiunta tra i Paesi membri è però più complessa, avendo stabilito anche le regole della net neutrality, letteralmente neutralità della rete. Un principio abbastanza semplice: tutto il traffico su Internet deve essere trattato allo stesso modo, senza creare corsie preferenziali per fare in modo che un contenuto sia caricato più velocemente di un altro o che un provider possa bloccare o rallentare l’accesso a particolari siti o servizi online. L’Ue ha, quindi, deciso che l’accesso a Internet sia libero fatta eccezione per i cosiddetti servizi specializzati (che includono anche le applicazioni in ambito sanitario) e per quelli innovativi (ad esempio la tv via web), prevedendo clausole di salvaguardia a difesa degli operatori che, nel caso di abusi, potranno recuperare i costi. Ma i critici sostengono che le norme sono contraddittorie, perché mirano a eliminare qualsiasi discriminazione dal traffico Internet, consentendo allo stesso tempo di troppe eccezioni alla regola. “Il nuovo impianto – spiega Joe McNamee, direttore esecutivo di Edri (sito specializzato in libertà digitale) – definisce in maniera talmente ampia tutto quello che non è una priorità generale che, in teoria, potrebbero essere considerati specializzati moltissimi servizi”. Critiche sono arrivate anche sul fronte o anche dell’Internet tv: il rischio è che le grandi imprese saranno in grado di offrire alta qualità dei servizi a prezzi vantaggiosi, mentre le piccole, dalle risorse limitate, non potranno neanche competere.
Restano, comunque, esclusi da queste normali misure di controllo alcuni servizi come la congestione provocata dall’inadeguatezza o dal sottodimensionamento della rete e il filtraggio e il blocco del traffico per la presenza di contenuti illegali, per adulti e dello spam o come risposta ad attacchi informatici.
Toccherà poi ai 28 Stati membri definire le modalità per vigilare sul rispetto di questi principi e le ammende per chi li dovesse violare. È il caso, ad esempio, delle offerte in “zero rating” come Spotify o SkyGo, vale a dire quelle promozioni che permettono di accedere ad alcuni servizi senza far consumare in breve tempo il traffico previsto nel pacchetto dati sottoscritto. Visto che da mesi si combatte su questo tema una battaglia tra i Paesi, l’Ue ha lasciato la patata bollente nelle mani delle singole Authority che dovranno decidere come non penalizzare i consumatori. Ad oggi, infatti, Olanda e Slovenia hanno una normativa nazionale che proibisce questa pratica che, invece, è utilizzata in altri Paesi dell’Unione, come Germania e Italia.
L’Europa ha anche provveduto a regolamentare un altro aspetto di questo accordo: la Commissione Ue dovrà definire entro i prossimi 24 mesi delle clausole di “fair use”, al fine di evitare che qualcuno acquisti una sim in un Paese in cui le tariffe sono più basse per poi utilizzarla regolarmente nello Stato in cui vive.
Usi & Consumi
Roaming abolito da giugno 2017. Ora la palla passa ai big telefonici
Dopo una maratona notturna, l'Europa ha deciso di anticipare la fine delle tariffe telefoniche maggiorate all'estero. E i costi inizieranno a scendere prima, già alla fine di aprile del 2016. Sancita anche la neutralità della rete. Ora il rischio è che i gestori possano scaricare sul traffico nazionale i mancati introiti
Lo spettro del roaming per chi telefona, naviga, scarica la posta elettronica e si connette a Facebook o a Twitter in Europa non farà più paura dal 15 giugno 2017. Tra due anni, infatti, scatterà finalmente l’abolizione dei costi extra che si pagano quando si usa il proprio numero telefonico sulle reti degli altri operatori fuori dai confini nazionali. Una svolta per i consumatori europei, soprattutto perché è stata anticipata di 18 mesi la rivoluzione che consentirà, quando si viaggia nell’Unione Europea, di usare il cellulare sborsando gli stessi soldi che si spendono nel proprio Paese o di non preoccuparsi più disattivare la connessione. Lo scorso marzo, infatti, dopo mesi di audizioni, giri di tavolo e negoziati falliti, il Consiglio Ue aveva deciso di far continuare questo salasso almeno fino al 2018, firmando un compromesso al ribasso sul regolamento che avrebbe introdotto solamente una limitazione del sovrapprezzo delle telefonate oltre confine.
Così, quando ormai si pensava che l’annosa battaglia per l’abolizione delle tariffe di roaming fosse passata indenne anche sotto la presidenza lettone (il cui mandato termina proprio oggi, 30 giugno, e con il premier Matteo Renzi che aveva chiuso a dicembre 2014 il suo semestre italiano senza riuscire minimamente a scalfire la lobby delle telecomunicazioni), è stato firmato questo accordo cruciale, caratterizzato da una maratona notturna durata oltre 12 ore con il Parlamento europeo.
Se per la definizione dei dettagli tecnici toccherà aspettare le prossime settimane (sotto la nuova presidenza lussemburghese), nel testo sono già presenti i nuovi costi. L’abolizione completa dei sovraccosti del roaming, che scatterà appunto dal 30 giugno 2017, verrà infatti preceduta da un primo taglio il 30 aprile 2016. Tra 10 mesi, quindi, i tetti attualmente in vigore quando si va all’estero (0,19 euro al minuto per le chiamate, 0,06 euro per ogni sms inviato e 0,20 euro per ogni megabyte di dati scaricato) saranno rimpiazzati da un costo extra massimo di 0,05 euro al minuto per le chiamate, di 0,02 per gli sms e di 0,05 per megabyte per i dati. Il tutto Iva esclusa.
“Sono stati ascoltati i cittadini europei”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Ue per il mercato unico digitale Andrus Ansip. “L’intesa – ha aggiunto il commissario Ue all’Agenda digitale, Guenther Oettinger – è essenziale per consumatori e imprese in questa società”. Certo è che la concorrenza sulla telefonia e la strada per il risparmio è stata lunghissima: il testo votato fa parte del pacchetto telecomunicazioni ‘Connected Continent’ voluto dalla olandese Neelie Kroes, che prima da commissario alla Concorrenza nel 2007 e poi, dal 2010, come responsabile per l’Agenda digitale, si è sempre battuta per eliminare i costi extra sul traffico intracomunitario da cellulare. Sette anni fa, infatti, fece introdurre per la prima volta un limite massimo ai costi delle chiamate effettuate e ricevute dall’estero contro i costi eccessivi del roaming. E da allora le tariffe sono diminuite di oltre l’80%, mentre scaricare dati in roaming costa il 91% in meno.
Del resto l’azzeramento del costo del roaming farà perdere alla lobby delle telecomunicazioni un mucchio di quattrini, con il rischio concreto che i gestori possano scaricare sul traffico nazionale i mancati introiti. E più che una maldicenza, si tratta di un pericolo serio ammesso da Fatima Barros, presidente per il 2015 del Berec (l’organismo Ue che riunisce i regolatori delle tlc dei 28) secondo la quale “i costi per gli operatori ci sono e alla fine qualcuno deve pagarli”. Timori che arrivano anche da Monique Goyens, presidente dell’Associazione dei consumatori europei (Beuc): “Il demonio è nel dettaglio dell’accordo Ue, visto che l’abolizione dei prezzi del roaming dipende dal completamento della revisione del mercato all’ingrosso che sarà un duro compito”.
Per ora, però, i big europei della telefonia hanno preferito non commentare in attesa di leggere il testo definitivo dell’accordo che, va ricordato, deve passare al voto di Consiglio ed Europarlamento prima di diventare legge, anche se il disco verde è scontato dal momento che è stata già raggiunta l’intesa.
L’intesa raggiunta tra i Paesi membri è però più complessa, avendo stabilito anche le regole della net neutrality, letteralmente neutralità della rete. Un principio abbastanza semplice: tutto il traffico su Internet deve essere trattato allo stesso modo, senza creare corsie preferenziali per fare in modo che un contenuto sia caricato più velocemente di un altro o che un provider possa bloccare o rallentare l’accesso a particolari siti o servizi online. L’Ue ha, quindi, deciso che l’accesso a Internet sia libero fatta eccezione per i cosiddetti servizi specializzati (che includono anche le applicazioni in ambito sanitario) e per quelli innovativi (ad esempio la tv via web), prevedendo clausole di salvaguardia a difesa degli operatori che, nel caso di abusi, potranno recuperare i costi. Ma i critici sostengono che le norme sono contraddittorie, perché mirano a eliminare qualsiasi discriminazione dal traffico Internet, consentendo allo stesso tempo di troppe eccezioni alla regola. “Il nuovo impianto – spiega Joe McNamee, direttore esecutivo di Edri (sito specializzato in libertà digitale) – definisce in maniera talmente ampia tutto quello che non è una priorità generale che, in teoria, potrebbero essere considerati specializzati moltissimi servizi”. Critiche sono arrivate anche sul fronte o anche dell’Internet tv: il rischio è che le grandi imprese saranno in grado di offrire alta qualità dei servizi a prezzi vantaggiosi, mentre le piccole, dalle risorse limitate, non potranno neanche competere.
Restano, comunque, esclusi da queste normali misure di controllo alcuni servizi come la congestione provocata dall’inadeguatezza o dal sottodimensionamento della rete e il filtraggio e il blocco del traffico per la presenza di contenuti illegali, per adulti e dello spam o come risposta ad attacchi informatici.
Toccherà poi ai 28 Stati membri definire le modalità per vigilare sul rispetto di questi principi e le ammende per chi li dovesse violare. È il caso, ad esempio, delle offerte in “zero rating” come Spotify o SkyGo, vale a dire quelle promozioni che permettono di accedere ad alcuni servizi senza far consumare in breve tempo il traffico previsto nel pacchetto dati sottoscritto. Visto che da mesi si combatte su questo tema una battaglia tra i Paesi, l’Ue ha lasciato la patata bollente nelle mani delle singole Authority che dovranno decidere come non penalizzare i consumatori. Ad oggi, infatti, Olanda e Slovenia hanno una normativa nazionale che proibisce questa pratica che, invece, è utilizzata in altri Paesi dell’Unione, come Germania e Italia.
L’Europa ha anche provveduto a regolamentare un altro aspetto di questo accordo: la Commissione Ue dovrà definire entro i prossimi 24 mesi delle clausole di “fair use”, al fine di evitare che qualcuno acquisti una sim in un Paese in cui le tariffe sono più basse per poi utilizzarla regolarmente nello Stato in cui vive.
Articolo Precedente
Crisi greca, i consigli per i turisti: portare contanti, medicine e passaporto
Articolo Successivo
Cellulari, l’Antitrust apre nuove istruttorie contro quattro operatori
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
Pagelle sanità, Fontana senza freni contro il ministero: “Sono puttanate, inaccettabili”. La replica stizzita: “Linguaggio inopportuno”
Giustizia & Impunità
Sciopero magistrati, l’adesione all’80%. “Lo facciamo per i cittadini”. Milano, il giudice Roia: “Paura quando si vogliono sentenze in nome di aspettative politiche”
Mondo
Turchia, Abdullah Öcalan annuncia lo scioglimento del Pkk: ‘È arrivato il momento di abbandonare le armi’
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Cristiani e socialisti si inseguono e si separano, si combattono si alleano, si contaminano da quasi due secoli. E’ l’ispirazione cristiana a suscitare le prime utopie socialiste, l'ambizione della scientificità del socialismo marxista ed il presidio di interessi sociali parzialmente diversi li ha spesso divisi, ma questo non ha impedito per esempio al socialismo del Nord Europa di continuare ad attingere largamente alla tradizione evangelica". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"Le fragili regole di un multilateralismo spesso a doppio standard e quelle ben più solide poste a presidio dell’integrazione dei mercati - ha aggiunto poi l'esponente dem - sono travolte dalla pressione di soggetti economici in grado di essere al contempo finanza, informazione, controllo dei dati ed in ultima analisi potere politico puro. Persino il mercato viene sostituito dalla mera logica dei rapporti di forza determinata dall’intreccio tra vecchi e nuovi Leviatani, tra poteri pubblici e smisurate potenze economiche".
"Il fatto che a tutto questo non paiano emergere forze antagoniste in grado di civilizzare questa assenza di misura non può essere un alibi per la politica. La politica deve interrogarsi invece - spiega Orlando - su quali possano essere le vie oltre i vecchi steccati, in grado di liberare energie e di offrire la possibilità del riscatto collegando esperienze e domande. E tutto ciò che resiste e che è stato pensato per resistere deve oggi essere riunito. Tutto ciò che si è sforzato, non senza limiti ed imperfezioni, di rendere più umana la vita economica e sociale, di democratizzare i processi produttivi non può ancora restare separato, talvolta contrapposto da dicotomie del secolo scorso. Di fronte al fatto che ciascuno, persino chi si sentiva al riparo da ogni pericolo, rischia di essere solo di fronte a tanta potenza è il tempo di mettere in campo l’insieme degli strumenti che i due filoni culturali di cui oggi parliamo hanno saputo elaborare. Per affermare un nuovo umanesimo che si fondi sulla centralità della comunità come luogo di sviluppo della persona , delle comunità nel loro pluralismo di cui lo Stato può essere l’antitesi, ma lo sviluppo delle comunità che si organizzano in modo migliore".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Io credo che affidare, come sino qui è avvenuto, alla sola logica delle armi non è solo pericoloso e folle, è oggi velleitario. L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare politica. L’idea di una difesa comune è necessaria e condivisibile, ma non è quella la vera forza che l’Europa potrà mettere in campo nel breve periodo". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"L’Europa grazie alle sue radici costituisce un luogo di equilibri che garantisce una vita migliore più lunga, più piena di qualunque altro luogo della terra. L’Europa che poteva e può essere Ponte si è fatta risucchiare nella logica West and the rest, salvo poi scoprire che the West, qualunque cosa abbia voluto dire, non esiste più".
"La possibilità di recuperare il terreno perduto non credo passi per i decimali di bilancio in più - spiega l'ex ministro dem - che saprà mettere nel riarmo ma dalla capacità di concorrere a definire un nuovo ordine. Facendosi interprete di quell’enorme maggioranza di popoli che non ha alcun interesse dal prevalere della logica della forza e del dominio per il controllo sulle risorse strategiche. E’ un messaggio che deve essere rivolto a tutti persino ai nazionalisti che vanno cacciandosi in una insanabile contraddizione. La sconfitta e la marginalizzazione dell’Europa sarà inevitabilmente la sconfitta delle nazioni che la compongono. Per questo sarà fondamentale l’esito della vicenda Ucraina. Il tema non è come proseguire la guerra ma bensì come condizionare la pace impedendo che si consumi una spartizione tra potenze sulla testa degli ucraini e a discapito degli interessi europei. Nonostante le provocazioni di Trump tutti sappiamo che l’Europa ha carte da giocare. Nessun assetto futuro che assicuri un minimo di sicurezza e di stabilità nell’area può essere realizzato senza il concorso dei paesi europei. Su questo fronte possono andare in ordine sparso o come un soggetto che si fa promotore anche per chi non ne ha la forza di un nuovo e rifondato multilateralismo".
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante: supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza". Elly Schlein chiude formalmente la stagione del renzismo. Nel suo intervento in Direzione, la leader dem ha dato l'ultimo colpo di spugna alle impronte lasciate al Nazareno dall'ex segretario e premier, schierando il partito a favore del referendum abrogativo del JobsAct, una bandiera renziana.
"Rispetto per chi non ha firmato il referendum, ma un partito deve essere chiaro e lineare: sui diritti dei lavoratori non saremo mai alla finestra", ha sentenziato la leader dem. Nel 2014 il via libera alla riforma fortemente voluta da Renzi segnò uno degli strappi più profondi della storia dem. Alla Camera, al momento del voto, il Pd si ritrovò platealmente diviso con 29 deputati contrari al Jobs Act tra voti contrari e non partecipazioni al voto. Per non parlare degli assenti, come Enrico Letta.
I contrari (Cuperlo, Bindi, D'Attorre, Boccia tra questi) firmarono un documento per spiegare le ragioni dei dissenso. E a nulla valsero gli appelli all'unità dell'allora presidente Matteo Orfini e di Pier Luigi Bersani. Il sì arrivo dalla maggior parte del gruppo dem (allora forte di 307 deputati), alcuni dei quali ancora oggi tra i banchi del Parlamento. Tra i ministri del governo Renzi, in Direzione Andrea Orlando è stato netto: "Io non ho firmato il referendum" ma "fa bene la segretaria ad auspicare una convergenza massima". Non tutti, però, hanno battuto le mani sulla scelta della Schlein sul referendum. Dalle parti dei riformisti, qualche dubbio c'è stato.
(Adnkronos) - "Sul referendum serve pluralismo perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi", ha spiegato la deputata Lia Quartapelle.
Anche Piero Fassino ha messo in guardia: "Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva. In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale". Mentre la senatrice Simona Malpezzi ha sottolineato come "le sensibilità nel Pd sul tema sono diverse". Ma la relazione della segretaria, poi approvata all'unanimità, ha suscitato discussione anche a causa di un altro passaggio sull'Europa e la pace, un tema molto sentito in casa dem.
"Quando torneremo al governo per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato. Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all'aggressore e non saremo con l'Europa per continuare la guerra", ha detto tra le altre cose Schlein. Un passaggio che ha fatto sobbalzare alcuni presenti, come la vice presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, la senatrice Sandra Zampa e ancora Fassino. Così è stata la stessa segretaria, nelle repliche, a chiarire: "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare. Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso".
Palermo, 27 feb. (Adnkronos) - Aggredita nel mercato di Ballarò la troupe di Striscia la Notizia, il tg satirico di Mediaset. L'inviata Stefania Petyx e i suoi operatori sono stati aggrediti da alcune persone mentre stavano realizzando un'intervista con l'assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti. "Esprimo ferma condanna per la vile, ingiustificata e violenta aggressione subita dall’assessore alle Attività produttive Giuliano Forzinetti, dall’inviata di "Striscia la Notizia", Stefania Petyx e dalla sua troupe nel mercato di Ballarò- dice il sindaco Roberto Lagalla - Un episodio che conferma come certi soggetti tentano una inutile resistenza al lavoro di ripristino della legalità in quest’area della città voluta dall'Amministrazione. Al contrario, per me è doveroso sottolineare che in questo quartiere ci sia anche la presenza di una più ampia fetta di residenti e commercianti come coloro che intervenendo in difesa ed in soccorso delle persone aggredite hanno dimostrato di possedere la cultura della civiltà e della sensibilità. È da loro che bisogna ripartire ed è per loro che bisogna insistere nell’attività di repressione di ogni forma di illegalità. L’auspicio è che le forze dell’ordine riescano ad individuare al più presto tutti i responsabili di questa vicenda”.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Sui referendum, compreso quello sul Jobs Act, "ci saremo con le nostre proposte e senza chiedere abiure nè forzature, nel rispetto del passato e del presente. Io sono contenta di far parte dell'unico partito che fa dei congressi e può cambiare idea senza che un giorno si svegli il capo con un piede diverso o una tegola in testa". Lo dice Elly Schlein nella replica nella Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Qualcuno cerca di strumentalizzare le mie parole di prima, peraltro senza riportarle per intero: se c'è una leader italiana che si è schierata contro le parole e i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo". Lo dice Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina, a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare". Così Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
"Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso. Non c'è stato nessuno in Europa che ha voluto questa guerra partita dall'aggressione di Putin" e Trump su questo ha detto "un falso storico".
"Ma è altrettanto vero che, anche se l'Europa non ha voluto questa guerra e ha sostenuto l'Ucraina, non possiamo dire di essere stati in grado come Europa di fare abbastanza per la pace. Noi lo chiediamo da due anni. Se questa iniziativa fosse stata presa prima, quando Biden sosteneva Kiev, forse avrebbe reso la discussione più facile rispetto a farla oggi dove quello che sta facendo Trump non è un negoziato equo ma di assumere il punto di vista dell'aggressore. Per questo, a maggior ragione, l'Europa deve starci dentro".