I bambini a 8 anni hanno già il gusto addomesticato. Addomesticato dal cibo cotto e confezionato dalle grandi industrie alimentari che stuzzicano i palati dei più piccoli con sapori artificiali, creando spesso dipendenza. E’ quanto racconta Anna, insegnante di Iseo, che insieme ai suoi scolari ha sperimentato i diversi gusti del cibo. “Inizialmente quelli industriali risultavano più appetibili rispetto alle verdure coltivate nella scuola, ma con una giusta educazione ai sapori la tendenza si è invertita”.
Si parla anche di questo a Expo2015, nel teatro di Slow Food che, insieme alle associazioni Action Aid e Cittadinanza Attiva, lancia “La mensa che vorrei”, progetto di educazione al diritto al cibo e a una mensa buona, sostenibile e giusta e che coinvolgerà 4000 studenti della scuola primaria della Lombardia.
I bambini a scuola giocano, si confrontano con i loro coetanei, imparano la storia e la geografia, l’inglese. Eppure, in questo percorso, nella quasi totalità delle scuole italiane non esiste un piano di educazione alimentare. Già alla materna, e soprattutto alle elementari, si potrebbero invece acquisire nuove abitudini che, passando attraverso l’imitazione di modelli corretti, migliorerebbero il comportamento dei bambini a tavola.
Un pasto servito a mensa può variare da 1,5 euro a 7 euro, ma solo un terzo del costo corrisponde al prodotto, gli altri due terzi sono destinati a packaging e al trasporto. Basterebbe quindi ridurre sprechi e costi energetici di queste due componenti per alzare il livello della qualità del cibo, e a fronte dello stesso prezzo!
Il primo passo? Una maggiore trasparenza da parte dei Comuni nell’assegnazione degli appalti; il business delle mense scolastiche vale 1,3 miliardi l’anno, soldi “facili” che potrebbero far gola a chi li gestisce. Per questo le tre associazioni Slow Food, Action Aid e Cittadinanza Attiva hanno avviato la petizione #IOMANGIOGIUSTO
Io l’ho firmata, voi cosa aspettate?