Solo mercoledì l’Istat ha segnalato che nel primo trimestre dell’anno gli interessi che l’Italia paga sul debito pubblico sono calati del 14% grazie all’effetto annuncio del quantitative easing di Mario Draghi. Ma se la Grecia uscisse dall’Eurozona non solo quel risparmio, pari a quasi 2,4 miliardi di euro, si annullerebbe, ma di qui al 2016 Roma dovrebbe mettere in conto un maggiore esborso di 11 miliardi. A calcolarlo sono gli analisti di Standard&Poor’s, secondo cui la Grexit, a cui ora l’agenzia attribuisce una probabilità del 50%, causerebbe un forte rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato di tutta l’area euro e in particolare di quelli dei Paesi periferici.
La simulazione fatta da S&P suggerisce che “l’uscita della Grecia dall’Eurozona introdurrebbe un premio per il rischio nel rendimento delle obbligazioni di tutta l’area, in quanto la partecipazione non sarebbe più irrevocabile“. La rottura del dogma dell’irreversibilità dell’euro, insomma, porterebbe gli investitori a ritenere più rischiosi tutti i titoli sovrani. Ma “l’effetto non sarebbe distribuito in maniera equilibrata. L’Italia probabilmente sosterrebbe il peso maggiore con un incremento del costo di finanziamento di 11 miliardi di euro” di qui al 2016, pari a oltre un terzo dei 30 miliardi di maggiori costi previsti per l’intera Eurozona. “Probabilmente il contagio causerà un’impennata iniziale dei rendimenti, in special modo per le economie ritenute più vulnerabili”, prefigurano poi gli analisti. “Il Quantitative easing della Bce sarà in grado di contenere la salita dei rendimenti ma una parte del rialzo diverrà permanente”. Del resto dall’inizio di giugno, quando la prospettiva di un default greco ha iniziato a diventare una possibilità concreta, il tasso di interesse sui Btp italiani è già salito in modo consistente: il rendimento, che dal dicembre scorso era sempre rimasto sotto il 2%, nell’ultimo mese è stato stabilmente sopra quella soglia e ora si attesta intorno al 2,3 per cento.
Al contrario, si legge nel rapporto, l’’impatto per l’economia della zona euro sarebbe limitato, perché il Pil ellenico vale solo il 2% di quello complessivo dell’area e solo Cipro, Macedonia e Malta hanno con la Grecia un interscambio commerciale superiore al 3 per cento. In particolare verso il Paese ellenico vanno il 19% delle esportazioni totali di Cipro, il 4,2 per cento di quelle macedoni e il 3,3% di quelle maltesi. Per le economie maggiori, Germania, Francia e Italia, ipotizzando un calo delle importazioni greche del 50% nell’anno successivo all’uscita, la riduzione nelle esportazioni sarebbe tra lo 0,3% e lo 0,5%. In termini di prodotto interno lordo il calo sarebbe tra lo 0,2% e lo 0,3%.