Referendum greco, il fronte dei sì passa in vantaggio. Anzi no. Sui sondaggi pre-elettorali cala l’ombra della manipolazione: nella mattinata di giovedì il quotidiano greco Kathimerini ha diffuso i presunti risultati di una rilevazione della società Gpo secondo cui il 47% degli intervistati sarebbe stato propenso a votare per l’accordo sulla base delle richieste dei creditori, mentre i favorevoli al no sarebbero scesi al 43%. Un netto rovesciamento, visto che le interviste di mercoledì davano il sì al 37% e il no al 46%, con un’ampia fetta di indecisi (17%). Ma nel pomeriggio la stessa Gpo è intervenuta smentendo di aver fatto quel rilevamento. “Non abbiamo alcuna responsabilità per quelle cifre pubblicate dai media e useremo tutti i mezzi legali per tutelare i nostri interessi”, fa sapere l’azienda in un comunicato, sottolineando che i sondaggi devono essere fatti in modo “responsabile”, in particolare “mentre si attende la critica decisione del popolo greco”. A questo punto non è chiaro chi abbia passato al giornale quei risultati, a tre giorni da una consultazione cruciale visto che anche la ex troika ne attende l’esito prima di riprendere i negoziati con Atene. Come è noto, mercoledì il primo ministro greco Alexis Tsipras, in diretta tv, ha rivolto ai connazionali un nuovo appello per il ‘no’, la cui vittoria secondo il premier consentirebbe al governo di ottenere “condizioni migliori soprattutto riguardo alla ristrutturazione del debito“. Nella notte, Tsipras ha poi garantito che “il giorno dopo il referendum sarò a Bruxelles e un accordo sarà firmato”, entro 48 ore dal voto.
Intanto il Paese affronta il quarto giorno con le banche chiuse, un tetto di 60 euro ai prelievi ai bancomat e limitazioni ai movimenti dei capitali, cosa che per i cittadini si traduce nell’impossibilità di fare qualsiasi acquisto via internet. In molte stazioni di servizio manca il carburante perché i proprietari non sono in grado di pagare i fornitori e sul fronte del turismo iniziano ad arrivare le prime cancellazioni di viaggi per la stagione estiva ormai imminente. Continuano poi le code dei pensionati davanti agli sportelli bancari riaperti appositamente per versare i trattamenti previdenziali, ma fino a una cifra massima di 120 euro. Questa mattina sono stati segnalati anche scontri tra le persone in fila.
E la prospettiva è di dover andare avanti così almeno fino a lunedì, quando peraltro si riunirà di nuovo il consiglio direttivo della Bce per discutere se mantenere al livello attuale, 89 miliardi di euro, la liquidità di emergenza (Ela) a disposizione degli istituti di credito. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, intervistato da Bloomberg tv, ha promesso che le banche saranno riaperte martedì 7. Ma gli aiuti internazionali al Paese sono congelati perché il piano di assistenza è scaduto martedì notte e l’agenzia Moody’s ha tagliato il rating del Paese (che riguarda solo la capacità di ripagare i creditori privati) a Caa3 dal precedente Caa2 avvertendo che se i greci bocciassero la proposta dei creditori sottoposta a consultazione “aumenterebbe il rischio di un’uscita dall’euro che imporrebbe perdite significative ai creditori privati”.
Per To Vima “Tsipras dovrebbe scusarsi per le file di pensionati disperati” – Il quotidiano ateniese To Vima, che già ieri aveva chiesto al primo ministro greco di ritirare il referendum, rinnova la sua richiesta con un editoriale in cui auspica che Tsipras “capisca che il paese è tecnicamente e sostanzialmente in bancarotta a causa dei suoi errori e le sue decisioni”. Il primo ministro, si legge, avrebbe dovuto scusarsi per le code di pensionati disperati davanti alle banche invece di accusare “gli stranieri”. “Signor primo ministro, capisca di non poter portare il popolo verso un referendum divisivo“, continua il giornale, secondo cui, lungi dal facilitare il negoziato, una vittoria del no porterebbe “ad un’uscita dall’euro”. Quanto alla chiusura delle banche, nel suo discorso Tsipras ha promesso che sarà temporanea, ma To Vima accusa il primo ministro di essere “ben consapevole che il giorno dopo il referendum potrebbe esserci una situazione senza ritorno”.
Varoufakis: “L’Europa ha chiuso le banche per costringere greci a accettare accordo” – Varoufakis ha annunciato, in un’intervista a Bloomberg tv, che se gli elettori domenica voteranno sì “darà le dimissioni”. D’altro canto lo stesso premier, due giorni fa, aveva rivendicato di non essere “uomo per tutte le stagioni”, anticipando che se i cittadini ellenici decideranno di piegarsi alle richieste di Commissione Ue, Fondo monetario internazionale e Bce “non saremo noi a mettere in pratica” le conseguenze di quel voto. E giovedì ha detto che in caso di vittoria del sì avvierà “le procedure previste dalla Costituzione” per fare in modo che la proposta delle istituzioni diventi legge e non metterà la sua “poltrona” al di sopra gli “interessi della nazione”.
Come è noto, nel frattempo le opposizioni stanno già preparando un nuovo governo pro-istituzioni creditrici. Varoufakis ha promesso che se vincerà il no inizieranno i colloqui su un nuovo accordo e “credetemi, l’accordo ci sarà”. Ma ha escluso di poter accettare un’intesa che non preveda la rinegoziazione del debito: “Piuttosto mi taglio un braccio“. Il ministro ha anche accusato l’Europa di “aver preso la decisione politica di chiudere le banche” per costringere i greci ad accettare un accordo non sostenibile. Gli istituti “apriranno regolarmente martedì” prossimo, ha sostenuto poi il ministro, e sono “perfettamente capitalizzati”.
Fmi: “Alla Grecia servono altri 50 miliardi di qui al 2018, occorre rinegoziare debito” – La Grecia avrebbe bisogno di nuovi finanziamenti per 50 miliardi di euro di qui al 2018 per garantire la sostenibilità del suo debito. Che i creditori dovrebbero accettare di ristrutturare consentendo al Paese di pagare tassi di interesse più bassi e estendendo il periodo di rimborso. Ad attestarlo è l’Fmi, nei cui confronti Atene è ufficialmente “in arretrato” dalla mezzanotte di martedì avendo saltato il pagamento di una rata da 1,6 miliardi. In un rapporto pubblicato sul suo sito, l’Fmi attesta che rispetto alle analisi condotte lo scorso anno i conti pubblici della Grecia sono nettamente peggiorati a causa della mancata implementazione delle riforme strutturali. Ne deriva che oggi il Paese ha un fabbisogno di finanziamento che non può essere soddisfatto dal mercato, a cui di fatto non ha più accesso visto che è insolvente. Quello che finora è stato il più duro tra i tre membri della ex troika, dunque, riconosce che l’unica possibilità è concedere allo Stato più tempo per ripagare il dovuto. In particolare dovrebbe passare da 10 a 20 anni il periodo nel quale la Grecia non effettuerà alcun rimborso e dovrebbe essere esteso a 40 anni il periodo di ammortamento. Non solo: se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente, sarebbe necessario un taglio (haircut) del valore nominale del debito accumulato nei confronti del fondo salva Stati Efsf e degli altri Paesi dell’eurozona. Per gli economisti di Washington, “considerando i livelli concordati a novembre del 2012 sarebbe necessario un haircut che produca una riduzione del debito di oltre il 30% del Pil” per far sì che il debito scenda nel 2022 al 140% del prodotto interno lordo. Il funzionario dell’Fmi, nella conference call sul rapporto, ha sottolineato che nello scenario peggiore, ovvero con una crescita economica ferma all’1%, l’esposizione rimarrebbe al di sopra del 100% del Pil per i prossimi tre decenni e Atene avrebbe bisogno di finanziamenti di sostegno fino al 2020 e di un taglio del debito di 53,1 miliardi.
Nato “preoccupata” per la crisi: “Speriamo si trovi soluzione” – La crisi in Grecia “preoccupa” anche la Nato, che “segue molto da vicino la situazione” e “spera che sia possibile trovare” una soluzione. Lo ha detto il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, in conferenza stampa a Bucarest.”La Grecia è un alleato fedele e impegnato. Conto sulla Grecia anche per il futuro. Naturalmente – ha aggiunto l’ex premier norvegese – siamo preoccupati per la crisi di bilancio e del debito che la Grecia sta affrontando. E seguiamo molto da vicino gli sforzi dell’Unione europea e dei paesi dell’Eurozona per risolvere questi problemi”. Sottolineando di voler “lasciare il compito di risolvere questa crisi” alla Ue e all’Eurozona, il segretario generale ha auspicato “che sia possibile trovare una soluzione anche se ci sono grandi problemi: sarebbe un bene per la Grecia, sarebbe un bene per l’Europa e sarebbe un bene per la Nato”.
I partner Ue aspettano il voto. Assist a Tsipras dal Venezuela vicino al default – Da Parigi, nonostante mercoledì i ministri delle Finanze dell’Eurozona – in scia ad Angela Merkel – abbiano stabilito di congelare i negoziati con Atene fino all’esito del voto, il ministro delle Finanze francese Michel Sapin ha fatto sapere che “non puoi raggiungere un accordo con chi dice ‘no'”. Con Tsipras si è invece schierato Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, a sua volta a un passo dal default. “Il Fondo monetario internazionale vuole metterli in ginocchio e derubarli, da una parte gli succhia il sangue e dall’altro chiude la bombola dell’ossigeno”, ha detto Maduro, che da mesi impone alla Banca centrale, al ministero delle Finanze e all’Istituto nazionale di statistica di non rilasciare dati sull’andamento dell’economia del Paese. Il presidente ha sottolineato che l’Alleanza Bolivariana per i Popoli Americani (Alba) ha diffuso una dichiarazione di appoggio alla Grecia a cui vanno “la nostra solidarietà, le nostre preghiere e il nostro abbraccio”. Oltre al Venezuela, dell’Alba fanno parte Antigua e Barbuda, Bolivia, Dominica, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Saint Vincent e Grenadine.
Piazza Affari chiude in calo dell’1,43%. Spread poco mosso – Il giorno dopo il congelamento dei negoziati tra la Grecia e i creditori fino a lunedì, i mercati europei hanno aperto la seduta quasi piatte, con Milano a +0,03%. Nel corso del pomeriggio, dopo la smentita del sondaggio che dava i sì al referendum in vantaggio, le borse hanno però virato in negativo accentuando via via le perdite. Piazza Affari ha chiuso in calo dell’1,43%, maglia nera in Europa. Nessuna fiammata invece sul fronte dei rendimenti dei titoli di Stato. Il tasso di interesse sui Btp ha chiuso al 2,33%, contro il 2,29% di mercoledì, con la conseguenza che il differenziale tra Btp e Bund tedesco (spread) ha terminato la giornata a 149 punti base contro i 147 del giorno prima.