Non soldi, ma maglioni di cachemire e giubbotti griffati. Così veniva pagata la tangente ad Antonio Iovine, ex boss dei Casalesi con una nota passione per i vestiti di lusso ora collaboratore di giustizia. Giovanni Di Tella, imprenditore aversano ha raccontato della mazzetta ai pm il 30 aprile durante un interrogatorio.
“Voleva giubbotti e maglioni di Cucinelli”
“Nel 2006/2007 – si legge nell’ordinanza del gip che ha portato in carcere gli ex vertici della Cpl Concordia – a fronte delle pretese dazioni in denaro da corrispondere a Iovine nelle festività, anziché versare le previste somme in contanti ho acquistato, su sua sollecitazione e precisa indicazione dell’oggetto, addirittura accompagnate dalla consegna di un depliant, un giubbotto e dei maglioni marca Brunello Cucinelli per un valore complessivo superiore ai 5000 euro”. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere c’era anche l’ex presidente della Cpl, Roberto Casari, già ai domiciliari.
Il gip: “Patto clan Cpl risale al 1999”
Secondo il giudice per le indagini preliminari il patto tra Cpl e clan si è cementato nel 1999, pochi mesi dopo la cattura del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. A fare da tramite tra il boss Michele Zagaria e i vertici Cpl invece, è stato l’imprenditore casertano Antonio Piccolo. Iovine ha rivelato che “Piccolo ci disse che la Concordia era disponibile a dare a noi i lavori per realizzare questa opera. Ci fu spiegata anche la procedura che la Concordia voleva si seguisse lasciando che fossero i sindaci a fare i nomi delle imprese e non noi direttamente a segnalare gli imprenditori. Fu facile trovare un accordo nell’interesse di tutti”.
Un altro collaboratore di giustizia, Nicola Panaro, vicino agli Schiavone, ha sostenuto che “l’unica cosa che questa ditta voleva riservarsi era il comune di San Cipriano d’Aversa. Cioè, noi potevamo dare i nomi delle nostre imprese per tutti gli altri comuni, salvo San Cipriano, che era un comune dove questa impresa doveva accontentare un politico di sinistra di San Cipriano, Lorenzo Diana. Era l’unico lavoro che si riservava”.
La difesa di Diana: “È la vendetta di Iovine”
Diana, icona antimafia, risulta indagato nell’ambito dell’inchiesta, ma il politico replica alle accuse parlando di ritorsione. “È la vendetta di Iovine, il quale cerca di coprire gli ingenti patrimoni accumulati negli anni delegittimando chi come me è l’unica memoria storica in grado di ricostruire la sua carriera criminale”. “Rivendico con orgoglio l’impegno per portare il metano nel comune di San Cipriano d’Aversa – dice oggi a sua difesa – e ricordo che la Cpl si presentava come un’azienda al di sopra di ogni sospetto, ben vista anche dai funzionari prefettizi che all’epoca commissariavano i comuni del Casertano. Se accordi ci sono stati con la camorra non mi hanno riguardato. Molte cose passavano sopra la testa dei Comuni. Io mi sono tenuto sempre mille miglia lontano dalla gestione degli appalti proprio perchè temevo le infiltrazioni camorristiche. Ai magistrati ricordo che io ho cacciato il cognato di ‘O’ ninnò (il soprannome con il quale è conosciuto Iovine, ndr) in modo pubblico dal comune di San Cipriano. E sono stato minacciato di morte da Iovine, come avrei potuto fare patti con lui? Chiederò che tirino fuori tutte le intercettazioni dei Casalesi dalle quali emerge che io per loro rappresento un nemico”.
Il gip: “Spregio della legalità di cui si dice paladino”
“Lorenzo Diana, per favorire il figlio, ha messo in moto le sue conoscenze al fine di ottenere una falsa attestazione in spregio a quella cultura della legalità della quale si spaccia per paladino” scrive però il gip nell’ordinanza in cui dispone per lui il divieto di dimora nella Regione Campania per un presunto abuso d’ufficio commesso nella qualità di presidente del Caan, il Centro agroalimentare di Napoli per il commercio all’ingrosso.
Secondo l’accusa, Diana in cambio di una falsa attestazione necessaria per consentire al figlio di partecipare a un corso per dirigenti sportivi, avrebbe garantito all’avvocato Manolo Iengo, sostituto procuratore federale alla Figc, incarichi di natura legale per conto del Caan per 10mila euro. Il gip ricorda gli incarichi e le benemerenze ricevute da Diana nell’ambito del suo impegno antimafia come un’aggravante della sua condotta. “Tra i quali – ricorda – figurano presidente nazionale Rete per la legalità, presidente Premio nazionale Paolo Borsellino, membro del direttivo della Fondazione Caponnetto, nonché insignito del premio nazionale Paolo Borsellino nel 2008 e premio nazionale ‘Custode della legalità’. “Ancora più spregevole – sottolinea il gip – risultava la vicenda considerato che mentre Diana si districava nelle incombenze tese alla commissione dell’illecito, svolgeva attività di relatore in convegni sulla legalità insieme a magistrati noti per il loro impegno antimafia e si recava agli appuntamenti, organizzati per ottenere la falsa attestazione, accompagnato dalla scorta assegnatagli”.