Ha chiamato l’archistar per farsi disegnare il nuovo quartier generale, alle porte di Milano. Ma ora Giorgio Squinzi rischia di dover fermare tutto. Uno smacco, per il presidente della Confindustria. Quando nacque, nel 1937, la sua Mapei era un’aziendina con tre dipendenti che produceva colle per pavimenti, messa su dal padre Rodolfo. A partire dagli anni Sessanta, il processo d’internazionalizzazione ha fatto della Mapei un gruppo da oltre 2 miliardi di fatturato, con 70 aziende e 64 stabilimenti in 31 nazioni. “Siamo il leader mondiale di adesivi, sigillanti e prodotti chimici per l’edilizia”, rivendica con orgoglio Squinzi nel sito web del gruppo. Nel 2012 un ruolo gliel’hanno riconosciuto anche gli imprenditori italiani, che lo hanno eletto, dopo una gara non facile con il re dei freni Alberto Bombassei, al vertice di Confindustria. Tifoso di calcio e milanista sfegatato, si è comprato una squadretta come il Sassuolo e l’ha fatta arrivare in serie A. Appassionato di bici, aveva sponsorizzato la Mapei ciclismo portandola a vincere quasi tutto negli anni Novanta, prima di chiudere il rubinetto dei soldi perché “è inutile rimanere, c’è troppo doping”.
Ora è alle prese con uno sport ancor più complicato: quello delle autorizzazioni urbanistiche. Aveva infatti programmato di costruire la sua nuova sede, segno visibile del cammino fatto dal 1937 a oggi. A progettarla ha chiamato nientemeno che l’architetto svizzero Mario Botta. Il progetto è fatto. I disegni ci sono. Il terreno anche: tra Mediglia e Peschiera Borromeo, a un soffio da Milano. Sono 13 ettari a ridosso del principale stabilimento Mapei in Italia, comprati nel 2012 per 13 milioni di euro. Sembrava fatta. Ma quel terreno fa parte del Parco Sud, area agricola su cui non si può costruire.
Nel giugno 2014 la Mapei si fa viva con il Comune di Mediglia: chiede di poter edificare gli uffici direzionali e i laboratori di ricerca del gruppo, in cui lavoreranno quasi 500 persone. Il Comune promuove subito un accordo di programma, cioè chiede di dare il via libera a Squinzi agli altri tre enti che, insieme al Comune, devono mettere la firma sul permesso di costruire: la Regione, la Provincia, il Parco Sud. È il momento buono, tutti e quattro gli enti coinvolti sono politicamente “allineati”: a Mediglia è sindaco il “nero” di Fratelli d’Italia Paolo Bianchi; al vertice della Provincia c’è Guido Podestà di Forza Italia; presidente della Regione Lombardia è Roberto Maroni della Lega; e il Parco Sud è guidato da un assessore di Podestà, Franco De Angelis. La Regione aderisce all’accordo di programma nell’ottobre 2014, la Provincia due mesi dopo, poco prima di sciogliersi per effetto della riforma. Poi gli equilibri politici cambiano. Al posto della Provincia di Milano compare la Città Metropolitana, che ha al vertice il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il quale delega la guida del nuovo ente a Eugenio Comencini, sindaco Pd di Cernusco sul Naviglio diventato anche vicesindaco metropolitano. Cambia, su indicazione di Pisapia, pure il presidente del Parco Sud: arriva Michela Palestra, sindaco di Arese eletta in una lista civica che fa riferimento a Umberto Ambrosoli.
Nel febbraio 2015 le associazioni ambientaliste, Legambiente in testa, si rendono conto che sta per partire un’operazione che porterebbe all’edificazione di una zona verde del parco e allora scrivono una lettera a Palestra, chiedendole di non firmare il via libera, e a Pisapia, chiedendogli di revocare l’adesione all’accordo di programma già concessa da Podestà. A questo punto, le procedure si ingrippano. Da una parte, il Comune di Mediglia e la Regione che hanno già detto sì, dall’altra il Parco Sud che non si è ancora pronunciato e il sindaco metropolitano Pisapia che potrebbe revocare la sua adesione. Lunedì 29 luglio s’incontrano Comencini e Palestra per decidere che cosa fare. Rimandano ogni decisione a metà luglio, dopo aver sentito anche Pisapia. Allora si riunirà il direttivo del Parco Sud che dovrà scegliere: concedere la deroga a Squinzi? Lasciarlo costruire su un pezzo di parco, oppure bloccare tutto? La Legambiente di Damiano Di Simine non vuole passare per quella che dice sempre no e prova a fare una proposta alternativa: ben venga il centro direzionale di Botta e i laboratori di ricerca, ma spostati su un’altra area, a nord della Mapei, che non fa parte del parco. È un terreno contiguo, su cui c’è una cartiera dismessa, che fa parte del Comune di Peschiera Borromeo. Segue braccio di ferro tra i due sindaci, quello “nero” di Mediglia e quello “rosso” di Peschiera, Luca Zambon del Pd. Entrambi tirano Squinzi dalla loro parte, anche per incassare gli oneri d’urbanizzazione che in questi tempi di ristrettezze per gli enti pubblici fanno tanto comodo. A sorpresa, il sindaco “nero” è seguito da tutto il Consiglio comunale di Mediglia, compresi i consiglieri del Pd.
Squinzi resta di pietra. Non vuole spostare il suo quartier generale a Peschiera, benché sia soltanto pochi metri più in là. Non è solo questione d’orgoglio. C’è una questione finanziaria ben più delicata. Il terreno comprato a Mediglia lo ha pagato, nel 2012, 13 milioni di euro, e lo ha messo a bilancio per 14,4 milioni. Strano: è terreno agricolo, che vale 8 euro al metro quadro, al massimo 10. Perché Squinzi lo ha pagato ben 100 euro al metro quadro, sapendo che faceva parte del Parco Sud e dunque era non edificabile? Aveva avuto garanzie che sarebbe stato reso costruibile? Da chi?
Da Il Fatto Quotidiano del 1° luglio 2015