Non risponde a nessuna domanda dei pm eppure l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni sostiene davanti ai giudici della X sezione penale di Milano non volersi “sottrarre al confronto”. L’attuale senatore del Ncd, protagonista principale nel processo sul caso Maugeri, ha deciso come suo diritto di avvalersi della facoltà, e ha ottenuto, come previsto dalla legge, di rilasciare però alcune dichiarazioni spontanee in aula. “Ritengo che la modalità delle dichiarazioni spontanee mi consenta di fornire una descrizione ampia, completa ed esauriente rispetto ai fatti di cui sono accusato – ha spiegato in aula – evitando il rischio che con l’interrogatorio ci si concentri su particolari distorcenti”. Nel suo soliloquio Formigoni risponde così alle accuse: Daccò? “Solo un amico”, le delibere? “Atti legittimi”, l’associazione a delinquere? “Con gente che non conoscevo neanche nel 1997”, i soldi? “Mai avuto conti all’estero”, gli scontrini? “Gli amici non se li scambiano” e poi “nessuna legge vieta i contanti”.
L’accusa: viaggi, vacanze in cambio di delibere favorevoli
Formigoni è a processo per associazione per delinquere e corruzione assieme, tra gli altri, all’ex assessore regionale Antonio Simone e al faccendiere Pierangelo Daccò. “La legittimità dei miei atti da presidente della Regione Lombardia è incontestabile” afferma Formigoni nspiegando di non aver “mai emanato atti in favore” di alcuno e che la Procura “si è concentrata sui rapporti personali con Daccò e Simone”.
Vale la pena ricordare che il cuore del procedimento è l’ipotizzato scambio tra il senatore e gli undici altri imputati. Loro ottenevano provvedimenti ad hoc e una protezione totale nel campo della sanità; lui faceva la bella vita che la Procura di Milano definisce “altre utilità”. Ovvero viaggi e vacanze ai Caraibi, l’affitto della villa Resort ad Anguilla, “l’uso esclusivo” di uno yacht, il pagamento di spese di viaggi aerei per un totale di 18mila euro e, tra l’altro, un maxi sconto per l’acquisto di una villa ad Arzachena, in Sardegna, che era stata sequestrata l’anno scorso. Benefici, che per gli inquirenti, sarebbero iniziati dal giugno del 2007 e terminati nell’ottobre 2011 per un totale di circa 8 milioni di euro. Sulla questione villa il senatore nega il maxi sconto per l’amico Alberto Perego.
Il senatore: “Miei atti sottoposti a plurimi controlli”
Formigoni all’inizio delle dichiarazioni ha voluto rivendicare la legittimità delle delibere regionali in materia sanitaria, “tutti atti sottoposti a plurimi controlli” da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, “magistrature” che hanno sempre “dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia”. Eppure secondo l’ipotesi accusatoria, dalle casse della fondazione Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro in 10 anni, soldi da cui sarebbe stata creata la provvista per concedere benefit di lusso all’ex governatore. E in cambio, appunto, attraverso l’opera dell’ex assessore Simone e del faccendiere Daccò, la fondazione avrebbe ottenuto con delibere di Giunta favorevoli, circa 200 milioni di euro di rimborsi indebiti.
Formigoni: “Daccò? Un amico con cui è simpatico stare”
“Se non avessi conosciuto Daccò e Simone questo processo non sarebbe mai iniziato” afferma Formigoni nelle dichiarazioni spontanee al processo sul caso Maugeri, riferendosi al fatto che “l’accusa si è concentrata sui miei rapporti personali”. L’ex governatore lombardo ha poi iniziato a raccontare l’origine del suo rapporto con Daccò che è “personale e amicale e che inizia nei primi anni del 2000”. “Ho conosciuto Pierangelo Daccò nel 2001 e con il tempo è diventato un amico: è una persona con cui è simpatico stare e con cui trascorrevo periodi di vacanza”. Formigoni ha spiegato di averlo conosciuto durante il Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini quando l’uomo, che è stato condannato per il processo San Raffaele, all’epoca collaborava con l’ospedale Fatebenefratelli. “Negli anni successivi si sviluppò un rapporto – ha sottolineato – e spesso passava nel mio ufficio per un saluto e per uno scambio di chiacchiere tra amici“. Formigoni ha spiegato inoltre di aver conosciuto l’ex assessore regionale Antonio Simone, anche lui imputato, “negli anni ’70 quando entrambi eravamo responsabili del Movimento popolare”.
Formigoni: “Le barche erano di Daccò, scenario kafkiano”
“I periodi di vacanza con Daccò non sono mai, ripeto mai, serviti per parlare dei suoi interessi, non è mai stato architettato o pianificato alcunché. Anche Daccò sapeva – sostiene Formigoni – che un conto sono i rapporti personali, un conto la mia funzione di amministratore, questa era la mia regola”. Spettava ai dirigenti di Regione Lombardia “dire se un atto fosse legittimo o no, io ero il presidente della Regione e avevo un ruolo politico, dovevo occuparmi di politica e delle modalità tecniche si occupavano i dirigenti come Sanese”. Formigoni ha spiegato di aver sempre detto ai dirigenti dell’amministrazione che “loro devono fare le cose giuste, non essere simpatici come i politici”, mentre lui ha sempre ricevuto le persone perché “non voglio stare chiuso in una torre d’avorio, la politica è fatta di grandi ideali ma anche di interessi legittimi che ha la gente che noi amministriamo”.
“Le barche erano di Daccò, che non le ha comprate per me ma per se stesso. Daccò mi invitava a bordo delle sue barche e la mia unica colpa è quella di aver accettato l’invito di un amico. Sono finito in uno scenario kafkiano, di totale fantasia. Secondo l’accusa avrei cominciato a percepire le utilità dieci anni dopo l’inizio della mia attività delinquenziale a favore della Maugeri – ha aggiunto – e nonostante la mia capacità diabolica di corrompere sarei così fesso da non portare a casa nessun vantaggio nell’immediato”. “Alla Maugeri sono stati dati dei bei soldi – ha sottolineato – a mio avviso in modo del tutto legittimo. In 18 anni di presidenza non ho mai accettato che una delibera non venisse approvata all’unanimità – ha ribadito – ma gli atti secondo la Procura sono criminosi solo nel mio caso“. Riferendosi all’accusa di associazione per delinquere, l’ex governatore lombardo si è difeso sostenendo di essere “accusato di aver creato un’associazione con un mucchio di gente che non conosco o che, nel 1997, ancora non conoscevo”.
Formigoni: “Daccò non mi ha mai presentato il conto”
“Ma tra amici ci si scambiano gli scontrini, le ricevute?” domanda Formigoni che ha spiegato che lui andò in vacanza con Daccò “per un invito amicale e certamente Daccò non mi ha mai presentato il conto, entrambi godevamo di questo rapporto amicale e io allora avrei dovuto calcolare quanto spendevo per le cene in cui era ospite a casa mia e presentargli il conto?”.
Per Formigoni, che come fa solitamente nel corso delle dichiarazioni parla di sé in terza persona, “sono state montate cose che non esistono, eravamo amici e forse posso dire di aver avuto soltanto qualche leggerezza”. L’ex governatore lombardo ha spiegato inoltre che “il mio uso esclusivo della barca di Daccò”, con riferimento alle parole dei pm nell’imputazione, “si riduce a 10-12 giorni di agosto e 1 o 2 week end nei mesi di luglio e settembre e quella barca Daccò la metteva a disposizione degli amici, delle sue figlie, sei loro fidanzati, delle figlie di Simone e di alte amiche e amici”. Formigoni ha inoltre fatto notare che “io le vacanze come tanti italiani le faccio nel mese di agosto, perché mai mi è mancata la voglia di lavorare”.
Formigoni: “Nessun conto riconducibile a me”
“Non esiste in tutto il mondo un conto riconducibile a me: la Procura ha fatto rogatorie anche in Papuasia ma non ha trovato un euro, un rublo o un dollaro. Non ho mai ricevuto un euro – ha aggiunto – e i miei conti sono trasparentissimi. Non ho mai visto i 600mila euro che secondo la Procura avrei ricevuto per la campagna elettorale – ha sottolineato – e ho mandato un biglietto di ringraziamento al professor Umberto Maugeri solo come gesto di cortesia ma anche di accortezza politica, come facevo con tutte le persone che mi aiutavano non economicamente nella campagna elettorale”. Formigoni ha anche ribadito, riferendosi ad alcune contestazioni, che “nessuna legge vieta di usare contanti“. “I miei conti sono tornati a movimentarsi quando c’è stata la mia veste istituzionale in Regione Lombardia e non quando Daccò è stato arrestato – ha concluso – perché ho ricominciato a pagare le spese per l’auto e la benzina e ho ripreso ad andare al ristorante quando avevo voglia di una serata di relax”.
Pm depositano atti su quadri a Formigoni
I pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore hanno depositato alcuni atti dell’inchiesta sull’ormai ex presidente di Ferrovie Nord Milano, Norberto Achille, dai quali emergerebbe, secondo gli inquirenti, l’acquisto di alcuni quadri “da parte di funzionari di Fnm” per l’ex governatore. Prima che il senatore iniziasse a rendere dichiarazioni spontanee, i pm hanno chiesto ai giudici di acquisire verbali, e-mail e documentazione contabile riferibile “all’acquisto di alcuni quadri”, tra cui una “Madonna del ‘600 e altri dipinti di scuola lombarda e napoletana” che sarebbero stati regalati all’imputato. Nell’ambito delle indagini sulle presunte spese ‘pazze dell’ex presidente di Fnm, infatti, il responsabile di un audit interno aveva spiegato che “sono stati individuati acquisti di 4 quadri (due dipinti da 4.000 euro ciascuno nel 2010, uno da 9.000 euro nel 2011, uno da 1.400 nel 2012), nessuno dei quali è risultato inventariato”.
I pm, inoltre, hanno acquisito oggi con un ordine di esibizione in Regione il decreto relativo alla nomina nel 2010 di Alberto Perego, amico di Formigoni, come membro del cda dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare. E ne hanno chiesto l’acquisizione nel processo. Formigoni in aula ha spiegato che “l’istituto di ricerca riceve sia fondi dallo Stato che dalla Regione e la Giunta è stata d’accordo all’epoca con la mia proposta di nomina”. Infine, i giudici hanno dato anche l’ok ad acquisire il dispositivo della sentenza di condanna per corruzione a carico dell’ex consigliere regionale lombardo Gianluca Guarischi, in cui Formigoni è indagato in un’inchiesta stralcio.