Massimo Bossetti resta in carcere. A deciderlo è la prima Sezione Penale della Cassazione che ha bocciato il ricorso dei legali che chiedevano la scarcerazione. Il muratore di Mapello (Bergamo) è accusato dell’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio ed è stato arrestato il 16 giugno 2014. La ragazzina era scomparsa il 26 novembre del 2010 a Brembate di Sopra e solo nel febbraio 2011 ne era stato ritrovato il corpo.
Il pg della Cassazione aveva chiesto che l’imputato, per cui è iniziato il processo di primo grado lo scorso 3 luglio, non tornasse in libertà perché “esiste ancora il rischio di reiterazione del reato”. Il rischio di reiterazione del reato è lo stesso in base al quale, lo scorso 25 febbraio, la Cassazione aveva già detto no alla prima richiesta di scarcerazione di Bossetti presentata alla Suprema Corte. L’avvocato Claudio Salvagni aveva spiegato che questa nuova istanza è stata presentata perché all’udienza del 25 febbraio “non era stata valutata la questione del dna mitocondriale“. La prossima udienza, per Bossetti, innanzi alla Corte d’Assise di Bergamo, è fissata per il 17 luglio.
Contro l’imputato, in carcere da giugno, ci sono le prove raccolte dalla Procura di Bergamo a cui si oppone una difesa basata sulle dichiarazioni di innocenza dell’uomo. C’è il suo Dna trovato sugli slip e sui leggings della ragazzina, le immagini che riprendono un furgone Iveco Daily identico al suo circolare attorno alla palestra di Brembate per un’ora fino a pochi minuti prima della scomparsa della ginnasta. E poi le ricerche dal computer di casa Bossetti con le parole “tredicenni” e “vergini”. E ancora le fibre dei sedili del suo furgone identiche a quelle trovate sui pantaloncini e sul giubbotto della vittima. Bossetti ad apertura del processo, per cui rischia la pena dell’ergastolo, però ha dichiarato di sentirsi “tranquillo”.