Sergio Chiamparino è salvo. Non lascerà la poltrona per effetto di una sentenza, né lo farà di sua spontanea volontà. Solo l’elezione dei consiglieri Pd del collegio di Torino resta ancora in bilico. Il Tar del Piemonte ha respinto il ricorso contro la lista regionale Chiamparino presidente, contro le liste provinciali del Pd a Cuneo e Chiamparino per il Piemonte a Torino. Ha però dato la possibilità all’ex consigliere provinciale della Lega Patrizia Borgarello – che ha presentato tutti i ricorsi – di presentare una querela per falso di fronte al giudice civile così che si possa stabilire quante firme false ci siano a sostegno della lista del Pd torinese. In seguito si tornerà a valutare se la lista meriti di essere salvata o no. “Continuo ad esercitare il mandato che ho ricevuto dagli elettori” ha detto Chiamparino dopo la sentenza. “Il nostro mandato – aggiunge – è pieno dal punto di vista formale e politico e sarebbe un tradimento nei confronti dei piemontesi prendere ogni altra decisione”. Ma le opposizioni insistono nel chiedere le sue dimissioni: lo fanno i Cinque Stelle, mentre Forza Italia parla di sentenza ad personam e la Lega Nord gli rinfaccia di “non mantenere la parola”. Ma per il governatore la pronuncia del Tar “dice in modo chiaro ed ineluttabile che la legittimità formale della mia candidatura e quindi della mia elezione non è in dubbio. Anche facendo gli scenari più negativi per noi – ha aggiunto, riferendosi alla lista Chiamparino presidente – la maggioranza in consiglio regionale ci sarebbe ancora (con 8 voti di margine, ndr). Quindi, anche da questo punto di vista non ci sono motivi per metterla in discussione”.
Le prime tre liste hanno superato la “prova di resistenza”: con le copie dei moduli per la raccolta delle firme dei cittadini a sostegno delle candidature, i giudici del Tar presieduti dal giudice Lanfranco Balucani hanno potuto conteggiare le sottoscrizioni corrette e queste erano superiori al limite minimo richiesto per poter accettare le tre liste elettorali, compreso il cosiddetto “listino del presidente” su cui si reggono tutte le altre. Restano invece molti dubbi sulla validità del listino provinciale del Pd di Torino: dall’analisi dei moduli sequestrati dalla Procura di Torino, consegnati al Tar e messi a disposizione degli avvocati è emerso che ci sarebbero almeno 300 firme false e, secondo la Borgarello, questo invaliderebbe le candidature e le elezioni dei consiglieri del Pd a Torino. Sul punto, però, prima dovrà decidere un giudice del tribunale civile, dopodiché la palla tornerà al Tar nell’udienza del 29 ottobre prossimo.
Questa sentenza parziale è sufficiente a togliere i dubbi del presidente Sergio Chiamparino. Più volte ha ribadito che si sarebbe dimesso nel caso in cui il Tar non si fosse pronunciato con chiarezza e rapidità. Dopo questa sentenza a lui favorevole ha deciso di restare in carica e portare avanti la sua azione di governo. Invece i problemi restano per il Partito democratico torinese: oltre a correre il rischio di vedersi annullare l’elezione dei suoi consiglieri, deve far fronte a un’indagine della procura di Torino in cui sono indagate 13 persone tra eletti, funzionari e staffisti del Pd: tra di loro ci sarebbero le persone che hanno copiato dati anagrafici e firme da altri moduli. Non è del tutto soddisfatto l’avvocato di Patrizia Borgarello, Alberto Caretta, che aspetta di leggere le motivazioni di questa decisione (saranno depositate tra dieci giorni) per poi fare un ricorso al Consiglio di Stato.