Oltre l’80% degli 82-86 miliardi di nuovi aiuti alla Grecia sarà destinato al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso (53%) e alla ricapitalizzazione delle banche (30%), mentre al governo resteranno da gestire solo 10 miliardi e gli investimenti per il rilancio dell’economia saranno ipotecati al buon esito delle cosiddette privatizzazioni. Con dei paletti molto stretti. Restano i tempi talmente da record da rendere estremamente ardua l’approvazione delle riforme, ma anche il “pignoramento” dei beni pubblici da vendere per ridurre i debiti e il ritorno della Troika ad Atene. Il tutto condito da un colpo di spugna sulla legislazione introdotta dall’esecutivo greco in contrasto con il memorandum con i creditori. Scompaiono, anche perché illegali, solo la sede estera del trust a cui verranno affidati i beni pubblici ellenici “pignorati” e la minaccia di espulsione dall’euro. Inutile a dirsi, infine, che di taglio del debito non c’è neanche da parlarne.
Insomma, non solo Alexis Tsipras non ha abbandonato il vertice con i leader politici della zona euro come gli chiedeva domenica notte il popolo di twitter cinguettando a squarciagola #TspirasLeaveEUSummit (Tsipras abbandona l’Eurosummit), ma ha anche firmato un’intesa che si discosta molto poco dalla criticatissima proposta originaria dell’Eurogruppo. La stessa, cioè, che nella notte tra domenica e lunedì aveva fatto parlare Atene di condizioni “umilianti e disastrose” e che il premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, dalle colonne del New York Times ha attribuito a una “follia vendicativa”, evocando una “completa distruzione della sovranità nazionale” e un “grottesco tradimento di tutto quello che significa il progetto europeo”. Impossibile sapere se a guidargli la mano sia stata la disperazione o il waterboarding mentale di cui il Guardian accusa Tusk, Merkel e Hollande, ma è innegabile che il premier greco sia entrato al vertice dicendosi pronto per un “compromesso onesto” e ne sia uscito compromesso.
PRIMA LE RIFORME POI I NEGOZIATI SUL PIANO DI AIUTI – I punti dell’accordo dell’accordo approvato all’unanimità dai leader politici della zona euro lunedì mattina a valle di un Eurosummit dalla durata record di oltre 17 ore, del resto, parlano chiaro. Per poter avviare un negoziato sul terzo piano triennale di finanziamenti internazionali, questa volta da 82-86 miliardi, Atene ha innanzitutto 48 ore per varare le riforme dell’Iva, delle pensioni e dell’Elstat (l’istituto nazionale di statistica), oltre a introdurre tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo del surplus primario. “Solo conseguentemente alla implementazione legale delle prime quattro misure su menzionate – recita il documento – così come alla assunzione di tutti gli impegni inclusi in questo documento dal Parlamento greco, verificato dalle istituzioni e dall’Eurogruppo, potrà essere presa la decisione di dare mandato alle istituzioni di negoziare un memorandum di intesa”.
LE BANCHE POSSONO ASPETTARE FINO AL 22 LUGLIO – Nove, invece, i giorni a disposizione per adottare la riforma del codice di procedura civile e recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito per introdurre il nuovo sistema europeo di salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, che affianca l’intervento esterno (bail out) ad appunto quello interno, cioè il contributo a vario titolo di azionisti e correntisti con depositi al di sopra dei 100mila euro. Questione non da poco, quest’ultima, visto che un intervento sulle banche greche sembra ormai inevitabile, ma senza il recepimento della direttiva sarebbe tecnicamente difficile. E che è stata curiosamente postposta, quando invece sarebbe prioritaria date le condizioni degli istituti ellenici ormai chiusi da due settimane e, secondo i ministri delle finanze della zona euro, bisognosi della disponibilità immediata di una decina di miliardi.
LA RESTAURAZIONE DELLA TROIKA CON LA CANCELLAZIONE DEL NORME IN CONTRASTO – Tra gli impegni sicuramente più sgraditi ai greci, spicca il ritorno del commissariamento da parte dell’odiata Troika. Quest’ultima non riavvierà solo le sue ispezioni in loco per “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”. D’ora in avanti, si legge infatti nel documento, “il governo necessita di consultarsi e accordarsi con le istituzioni (Commissione Ue, Fmi e Bce, appunto, ndr) su tutte le bozze di legge in aree rilevanti, con un anticipo di tempo adeguato, prima di sottoporle alla consultazione pubblica o al Parlamento”.
A scanso di equivoci quella più rilevante è già messa nero su bianco e riguarda il lavoro: la Grecia recita il testo, deve “intraprendere riesami rigorosi e la modernizzazione della contrattazione collettiva, dell’azione industriale e, in linea con la direttiva e le migliori prassi pertinenti dell’Ue, dei licenziamenti collettivi secondo le scadenze e l’approccio convenuti con le istituzioni”. Il passato, invece, va scordato. Anzi, cancellato: “Fatta salva la legge sulla crisi umanitaria, il governo greco riesaminerà, per modificarla, la legislazione introdotta in contrasto con l’accordo del 20 febbraio retrocedendo dagli impegni del precedente programma, o individuerà chiare misure di compensazione equivalenti per i diritti acquisiti creati successivamente”.
In questo contesto, altro punto ad alto sgradimento ellenico, resta confermato il ruolo centrale del Fondo Monetario Internazionale. “Lo Stato membro della zona euro che richiederà l’assistenza finanziaria dell’Esm rivolgerà, ove possibile, richiesta analoga al Fmi. Questa è una condizione necessaria affinché l’Eurogruppo approvi un nuovo programma Esm. Pertanto la Grecia richiederà il sostegno continuo dell’Fmi (monitoraggio e finanziamento) a partire da marzo 2016″.
ALLE NECESSITA’ DEL GOVERNO SOLO 10 MILIARDI SU 80. LE GARANZIE TRA PEGNO E PIGNORAMENTO – Gli 82-86 miliardi che, se i negoziati veri e propri andranno a buon fine, verranno stanziati dal nuovo fondo salva stati Esm, saranno spalmati su tre anni. I primi 12 dovranno essere messi a disposizione della Grecia subito, con un prestito ponte il cui quadro tecnico-giuridico è ancora tutto da definire e sta già causando grattacapi all’Eurogruppo (“Ancora non abbiamo trovato la chiave”, ha ammesso in serata Jeroen Dijsselbloem). In ogni caso l’idea è che 7 miliardi vengano erogati entro il 20 luglio (quando scadranno obbligazioni in pancia alla Bce per 3,5 miliardi) e altri 5 entro metà agosto (quando ne scadranno altri 3,2 miliardi). Considerando anche la rata già scaduta di 1,6 miliardi dovuti al Fondo Monetario e quella di 450 milioni in scadenza martedì, in pratica più di due terzi dell’ammontare del prestito ponte serviranno a ripagare il debito pregresso. Complessivamente, del resto, oltre la metà dei fondi stanziabili con il nuovo piano servirà a rifinanziare i 46 miliardi di vecchi debiti della Grecia con Fmi e Bce.
Altri 25 miliardi, invece, sono destinati alla ricapitalizzazione delle banche. E saranno garantiti con il discusso fondo ad hoc con sede ad Atene, unica concessione rispetto alla richiesta iniziale di aprirlo in Lussemburgo, mentre resta la gestione da parte delle “autorità greche sotto la supervisione delle competenti istituzioni europee”. Qui verranno conferiti i beni pubblici greci da vendere. L’obiettivo piuttosto impervio dell’inedita creatura che assomiglia più a un pignoramento che a un pegno, sarà raggiungere quota 50 miliardi, somma pari al 25% del Pil greco. Una volta superata la soglia dei 25 miliardi necessari per gli istituti, il resto andrà impiegato per metà in abbattimento del debito e per metà in investimenti. In sostanza, per ottenere la possibilità di impiegare un miliardo di euro in investimenti, la Grecia dovrà cedere 27 miliardi di asset pubblici: i primi 25 andranno alle banche, un miliardo andrà all’abbattimento del debito pregresso e un altro miliardo andrà finalmente in investimenti.
A disposizione delle necessità del governo, quindi, resterà soltanto una decina di miliardi su 80. Ma tanto è bastato per far affermare a Tsipras, che pure nella notte si sarebbe tolto la giacca invitando i leader dell’Eurozona a prendersi anche quella, di aver “evitato il piano per uno strangolamento finanziario e per il collasso del sistema bancario” e aver ottenuto “finanziamenti a medio termine”. Nonostante le premesse sulla gestione del fondo e sulla destinazione del denaro, il premier greco ha inoltre rivendicato di aver “evitato il trasferimento dei nostri beni all’estero” e “ottenuto l’alleggerimento del debito”, per altro subordinato al via libera a riforme ritenute soddisfacenti dai creditori. “Abbiamo lottato duro” a Bruxelles ora lo faremo in Grecia contro “gli interessi” consolidati, ha chiosato mentre ministro dell’Energia e leader dell’ala radicale di Syriza, Panagiotis Lafazaris, definiva l’accordo “umiliante“.
Zonaeuro
Accordo Grecia, l’Europa cancella Tsipras. Con il suo ok e in cambio di pochi spiccioli per gli investimenti
I termini del preaccordo raggiunto all'unanimità dai leader politici della zona euro sono più duri del previsto. Impossibile sapere se a guidare la mano del premier ellenico sia stata la disperazione o il waterboarding mentale di cui il Guardian accusa Tusk, Merkel e Hollande, ma è innegabile che sia entrato al vertice dicendosi pronto per un "compromesso onesto" e ne sia uscito compromesso
Oltre l’80% degli 82-86 miliardi di nuovi aiuti alla Grecia sarà destinato al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso (53%) e alla ricapitalizzazione delle banche (30%), mentre al governo resteranno da gestire solo 10 miliardi e gli investimenti per il rilancio dell’economia saranno ipotecati al buon esito delle cosiddette privatizzazioni. Con dei paletti molto stretti. Restano i tempi talmente da record da rendere estremamente ardua l’approvazione delle riforme, ma anche il “pignoramento” dei beni pubblici da vendere per ridurre i debiti e il ritorno della Troika ad Atene. Il tutto condito da un colpo di spugna sulla legislazione introdotta dall’esecutivo greco in contrasto con il memorandum con i creditori. Scompaiono, anche perché illegali, solo la sede estera del trust a cui verranno affidati i beni pubblici ellenici “pignorati” e la minaccia di espulsione dall’euro. Inutile a dirsi, infine, che di taglio del debito non c’è neanche da parlarne.
Insomma, non solo Alexis Tsipras non ha abbandonato il vertice con i leader politici della zona euro come gli chiedeva domenica notte il popolo di twitter cinguettando a squarciagola #TspirasLeaveEUSummit (Tsipras abbandona l’Eurosummit), ma ha anche firmato un’intesa che si discosta molto poco dalla criticatissima proposta originaria dell’Eurogruppo. La stessa, cioè, che nella notte tra domenica e lunedì aveva fatto parlare Atene di condizioni “umilianti e disastrose” e che il premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, dalle colonne del New York Times ha attribuito a una “follia vendicativa”, evocando una “completa distruzione della sovranità nazionale” e un “grottesco tradimento di tutto quello che significa il progetto europeo”. Impossibile sapere se a guidargli la mano sia stata la disperazione o il waterboarding mentale di cui il Guardian accusa Tusk, Merkel e Hollande, ma è innegabile che il premier greco sia entrato al vertice dicendosi pronto per un “compromesso onesto” e ne sia uscito compromesso.
PRIMA LE RIFORME POI I NEGOZIATI SUL PIANO DI AIUTI – I punti dell’accordo dell’accordo approvato all’unanimità dai leader politici della zona euro lunedì mattina a valle di un Eurosummit dalla durata record di oltre 17 ore, del resto, parlano chiaro. Per poter avviare un negoziato sul terzo piano triennale di finanziamenti internazionali, questa volta da 82-86 miliardi, Atene ha innanzitutto 48 ore per varare le riforme dell’Iva, delle pensioni e dell’Elstat (l’istituto nazionale di statistica), oltre a introdurre tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo del surplus primario. “Solo conseguentemente alla implementazione legale delle prime quattro misure su menzionate – recita il documento – così come alla assunzione di tutti gli impegni inclusi in questo documento dal Parlamento greco, verificato dalle istituzioni e dall’Eurogruppo, potrà essere presa la decisione di dare mandato alle istituzioni di negoziare un memorandum di intesa”.
LE BANCHE POSSONO ASPETTARE FINO AL 22 LUGLIO – Nove, invece, i giorni a disposizione per adottare la riforma del codice di procedura civile e recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito per introdurre il nuovo sistema europeo di salvataggio delle banche, il cosiddetto bail in, che affianca l’intervento esterno (bail out) ad appunto quello interno, cioè il contributo a vario titolo di azionisti e correntisti con depositi al di sopra dei 100mila euro. Questione non da poco, quest’ultima, visto che un intervento sulle banche greche sembra ormai inevitabile, ma senza il recepimento della direttiva sarebbe tecnicamente difficile. E che è stata curiosamente postposta, quando invece sarebbe prioritaria date le condizioni degli istituti ellenici ormai chiusi da due settimane e, secondo i ministri delle finanze della zona euro, bisognosi della disponibilità immediata di una decina di miliardi.
LA RESTAURAZIONE DELLA TROIKA CON LA CANCELLAZIONE DEL NORME IN CONTRASTO – Tra gli impegni sicuramente più sgraditi ai greci, spicca il ritorno del commissariamento da parte dell’odiata Troika. Quest’ultima non riavvierà solo le sue ispezioni in loco per “normalizzare pienamente i metodi con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul campo, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma”. D’ora in avanti, si legge infatti nel documento, “il governo necessita di consultarsi e accordarsi con le istituzioni (Commissione Ue, Fmi e Bce, appunto, ndr) su tutte le bozze di legge in aree rilevanti, con un anticipo di tempo adeguato, prima di sottoporle alla consultazione pubblica o al Parlamento”.
A scanso di equivoci quella più rilevante è già messa nero su bianco e riguarda il lavoro: la Grecia recita il testo, deve “intraprendere riesami rigorosi e la modernizzazione della contrattazione collettiva, dell’azione industriale e, in linea con la direttiva e le migliori prassi pertinenti dell’Ue, dei licenziamenti collettivi secondo le scadenze e l’approccio convenuti con le istituzioni”. Il passato, invece, va scordato. Anzi, cancellato: “Fatta salva la legge sulla crisi umanitaria, il governo greco riesaminerà, per modificarla, la legislazione introdotta in contrasto con l’accordo del 20 febbraio retrocedendo dagli impegni del precedente programma, o individuerà chiare misure di compensazione equivalenti per i diritti acquisiti creati successivamente”.
In questo contesto, altro punto ad alto sgradimento ellenico, resta confermato il ruolo centrale del Fondo Monetario Internazionale. “Lo Stato membro della zona euro che richiederà l’assistenza finanziaria dell’Esm rivolgerà, ove possibile, richiesta analoga al Fmi. Questa è una condizione necessaria affinché l’Eurogruppo approvi un nuovo programma Esm. Pertanto la Grecia richiederà il sostegno continuo dell’Fmi (monitoraggio e finanziamento) a partire da marzo 2016″.
ALLE NECESSITA’ DEL GOVERNO SOLO 10 MILIARDI SU 80. LE GARANZIE TRA PEGNO E PIGNORAMENTO – Gli 82-86 miliardi che, se i negoziati veri e propri andranno a buon fine, verranno stanziati dal nuovo fondo salva stati Esm, saranno spalmati su tre anni. I primi 12 dovranno essere messi a disposizione della Grecia subito, con un prestito ponte il cui quadro tecnico-giuridico è ancora tutto da definire e sta già causando grattacapi all’Eurogruppo (“Ancora non abbiamo trovato la chiave”, ha ammesso in serata Jeroen Dijsselbloem). In ogni caso l’idea è che 7 miliardi vengano erogati entro il 20 luglio (quando scadranno obbligazioni in pancia alla Bce per 3,5 miliardi) e altri 5 entro metà agosto (quando ne scadranno altri 3,2 miliardi). Considerando anche la rata già scaduta di 1,6 miliardi dovuti al Fondo Monetario e quella di 450 milioni in scadenza martedì, in pratica più di due terzi dell’ammontare del prestito ponte serviranno a ripagare il debito pregresso. Complessivamente, del resto, oltre la metà dei fondi stanziabili con il nuovo piano servirà a rifinanziare i 46 miliardi di vecchi debiti della Grecia con Fmi e Bce.
Altri 25 miliardi, invece, sono destinati alla ricapitalizzazione delle banche. E saranno garantiti con il discusso fondo ad hoc con sede ad Atene, unica concessione rispetto alla richiesta iniziale di aprirlo in Lussemburgo, mentre resta la gestione da parte delle “autorità greche sotto la supervisione delle competenti istituzioni europee”. Qui verranno conferiti i beni pubblici greci da vendere. L’obiettivo piuttosto impervio dell’inedita creatura che assomiglia più a un pignoramento che a un pegno, sarà raggiungere quota 50 miliardi, somma pari al 25% del Pil greco. Una volta superata la soglia dei 25 miliardi necessari per gli istituti, il resto andrà impiegato per metà in abbattimento del debito e per metà in investimenti. In sostanza, per ottenere la possibilità di impiegare un miliardo di euro in investimenti, la Grecia dovrà cedere 27 miliardi di asset pubblici: i primi 25 andranno alle banche, un miliardo andrà all’abbattimento del debito pregresso e un altro miliardo andrà finalmente in investimenti.
A disposizione delle necessità del governo, quindi, resterà soltanto una decina di miliardi su 80. Ma tanto è bastato per far affermare a Tsipras, che pure nella notte si sarebbe tolto la giacca invitando i leader dell’Eurozona a prendersi anche quella, di aver “evitato il piano per uno strangolamento finanziario e per il collasso del sistema bancario” e aver ottenuto “finanziamenti a medio termine”. Nonostante le premesse sulla gestione del fondo e sulla destinazione del denaro, il premier greco ha inoltre rivendicato di aver “evitato il trasferimento dei nostri beni all’estero” e “ottenuto l’alleggerimento del debito”, per altro subordinato al via libera a riforme ritenute soddisfacenti dai creditori. “Abbiamo lottato duro” a Bruxelles ora lo faremo in Grecia contro “gli interessi” consolidati, ha chiosato mentre ministro dell’Energia e leader dell’ala radicale di Syriza, Panagiotis Lafazaris, definiva l’accordo “umiliante“.
Articolo Precedente
Grecia, sì a licenziamenti collettivi se richiesti da troika: giornalisti Ert e donne pulizie governo di nuovo a rischio
Articolo Successivo
Accordo Grecia, le promesse antiausterity di Tsipras mandate in fumo con l’ok dato all’Eurosummit
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
Intercettazioni: alla Camera si discute la tagliola dopo 45 giorni, ma il ministero della Giustizia è assente. M5s e Pd: “Sono occupati con la difesa di Delmastro?”
Mondo
‘In Usa si ipotizza esilio di Zelensky in Francia’: New York Post parla con fonti vicine a Trump. Media: Putin vuole annunciare la vittoria il 24
Mondo
Israele: “I Bibas uccisi da Hamas. Ma tra i corpi non c’è la madre”. Netanyahu e Usa: “Accordo violato”
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Il Comune di Terno d'Isola (Bergamo) non si costituirà parte civile nel processo che vede imputato Moussa Sangare per l'omicidio di Sharon Verzeni avvenuto il 30 luglio 2024. La prima udienza del processo è prevista per martedì 25 febbraio davanti alla Corte d'assise di Bergamo. "Pur sussistendo un pregiudizio istituzionale per l'istituzione comunale, l'amministrazione ha comunque deciso di non partecipare attivamente al processo come parte lesa. Il Comune - si legge in una nota - esprime piena fiducia nell’operato della magistratura e rinnova la propria vicinanza alla comunità e ai familiari della vittima, auspicando che il processo possa fare piena luce sui fatti accaduti e garantire giustizia".
L’omicidio di Sharon Verzeni "ha esercitato un grande impatto sulla vita nel nostro Comune e non solo. La comunità ha nutrito per lunghe settimane un senso di inquietudine e insicurezza, amplificato dal grande risalto che il caso ha avuto nel discorso pubblico e nelle cronache nazionali. Indubbiamente, il tragico episodio ha recato un danno all’immagine del territorio, generando un allarme sul tema della sicurezza" le parole del sindaco di Terno d'Isola, Gianluca Sala.
"I fenomeni di microcriminalità e di disturbo della quiete pubblica non vanno però messi sullo stesso piano del doloroso omicidio di Sharon Verzeni, che non presenta relazione con i problemi pregressi che abbiamo riscontrato sul territorio, per cui ci battiamo da anni attuando un programma di sicurezza urbana concreto, partecipativo e trasversale" aggiunge. L'amministrazione comunale crede che il riscatto di Terno d’Isola "non passi dalle aule del tribunale. Bensì, riteniamo che il rilancio della credibilità del paese debba passare dalla partecipazione civile alla vita pubblica e continuando a investire sul miglioramento della qualità della vita, attraverso opere pubbliche e progetti sociali". Tutto mentre "continueremo ad onorare la memoria di Sharon, consolidando il dialogo con le forze dell'ordine e le istituzioni comunali" conclude il sindaco.
Roma, 21 feb. (Adnkronos) - A sedici anni dall'ultima presenza di un Capo dello Stato, in quel caso Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, torna in Giappone per una visita ufficiale in programma da lunedì 3 a domenica 9 marzo. Un appuntamento che suggella una fase di svolta nei rapporti tra l'Italia e il Paese del Sol Levante, visto che l'entrata in vigore nel 2023 del Partenariato strategico e il successivo Piano di azione siglato tra i rispettivi Governi l'estate scorsa in occasione del G7 a Borgo Egnazia segnano l'avvio di un rapporto caratterizzato da un nuovo dinamismo, che si preannuncia foriero di conseguenze positive e di prospettive da esplorare, che vanno ad inserirsi in una già collaudata comunanza di vedute e di interessi sul piano politico ed economico.
Basti pensare all'attenzione sempre crescente dell'Italia per le problematiche del Sud-est asiatico, con l'intensificazione di un dialogo a livello Nato e tra Unione europea e Giappone, per il quale il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta un pilastro fondamentale, anche per la stabilità dell'Indo-pacifico. Con la necessità per il Paese del Sol Levante di trovare un equilibrio nei rapporti con la Cina, tra tensioni di carattere geopolitico da governare e interessi commerciali da salvaguardare.
Le circa 150 nostre aziende che operano in Giappone e le circa 380 giapponesi che sono nel nostro Paese, il Business-Forum in programma a Roma il prossimo 13 maggio, con la partecipazione di circa 200 imprese nipponiche e italiane, sono invece la dimostrazione di quanto sia rilevante e in crescita la partnership economica, che oltre alla presenza italiana nei tradizionali settori del design, della moda e dell'agroalimentare vede aumentare la collaborazione sul piano industriale e tecnologico. Si inserisce proprio in questo contesto il progetto Gcap per il caccia di sesta generazione basato sulla collaborazione tra Italia, Giappone e Regno Unito.
Si svilupperà quindi lungo questa direttrice il programma della visita di Mattarella, con impegni di carattere istituzionale, economico e culturale. Lunedì 3 marzo alle 19 ora locale (8 ore avanti il fuso orario rispetto all'Italia), il Capo dello Stato vedrà a Tokyo la comunità italiana. Poi il giorno dopo l'incontro con l'imperatore Naruhito e l'imperatrice Masako e i colloqui con gli speaker, rispettivamente, della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Consiglieri. Quindi il concerto del tenore Vittorio Grigolo, offerto dal'Italia alla presenza dei rappresentanti della Casa imperiale.
Mercoledì 5 alle 11 è previsto un confronto del presidente della Repubblica con rappresentanti della Confindustria giapponese ed esponenti dell'imprenditoria italiana, mentre alle 18 Mattarella vedrà il premier giapponese, Shigeru Ishiba.
Nelle giornate di giovedì e venerdì il Capo dello Stato sarà invece a Kyoto, dove sono in programma appuntamenti di carattere artistico e culturale e l'incontro con i nostri connazionali. Particolarmente significativa, anche per i risvolti legati alla attuale e delicata situazione internazionale, l'ultima tappa a Hiroshima, prevista sabato 8 marzo, con la visita al Museo della Pace e l'incontro con l'Associazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari e con l'organizzazione Nihon Hidankyo, impegnata per l'abolizione delle armi nucleari e insignita lo scorso anno del Premio Nobel per la pace. Domenica 9 il rientro a Roma.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Con il 'ritocco' al rialzo annunciato dal Mef diventa più appetibile il Btp Più, il nuovo titolo di Stato a 8 anni, il cui collocamento si è chiuso alle 13 con quasi 15 miliardi raccolti. Rispetto ai rendimenti originari (2,80% i primi 4 anni e 3,60% i successivi 4) l'aumento annunciato - rispettivamente a 2,85% e 3,70% - rappresenta un incremento complessivo di oltre l'8% sul fronte interessi. Infatti, investendo 10 mila euro, e considerando la trattenuta del 12,5% (inferiore a quella del 26% applicata sui dividendi azionari) in 8 anni il risparmiatore può incassare 2422 euro netti, a fronte dei 2240 euro previsti con i rendimenti 'iniziali'. Un dato che rappresenta un rendimento netto del 3,03% annuo: è questo il dato di riferimento per giudicare la redditività del titolo a fronte dell'inflazione (che inevitabilmente erode il valore delle somme investite). Se la Bce dovesse riuscire nell'intento di mantenere stabilmente la crescita dei prezzi sotto il 2%, allora chi ha investito nel Btp Più potrà dire di aver fatto un buon affare. Ma sull'inflazione, come insegna la storia recente, è difficile fare previsioni.
(Adnkronos) - La letteratura fantastica in Italia si prende sempre più spazio. Questo fine settimana si tiene a Roma la prima edizione di ‘Oblivion, fiera del libro, del fumetto e dell’irrazionale', dedicata alla letteratura di genere horror, fantasy, fantascienza e weird.
"È nato tutto da una pizza a San Lorenzo insieme a Claudio Kulesko, Paolo di Orazio ed Edoardo M. Rizzoli", spiega all’Adnkronos Emmanuele Pilia, alla direzione editoriale dell’evento. "Volevamo ribadire il valore artistico letterario del mondo della letteratura fantastica, che in Italia ha poche piattaforme in cui fare rete e in cui avere dignità, e così ci siamo ispirati a eventi come ‘Stranimondi’ e ‘Marginalia’ che si svolgono a Milano, per creare qualcosa di simile", dice.
Alla Città dell’Altra Economia, nel quartiere Testaccio di Roma, il 22 e il 23 febbraio, 45 case editrici indipendenti italiane propongono i propri libri e un programma ricco di incontri, che si terranno tra le 10 e le 20 di sabato e domenica. "Niente presentazioni classiche, ma piccole conferenze sui temi in cui siamo riusciti a coinvolgere tutti gli editori", spiega Pilia. E così dalla crisi climatica al femminismo, dall’intelligenza artificiale alle relazioni affettive sono tantissimi gli argomenti che verranno affrontati da autori ed editori attraverso la lente della letteratura di genere.
Nell'anno che si è appena concluso si è registrato un calo del numero generale di lettori, eppure il fantasy è in controtendenza: le vendite nel 2024 sono cresciute del 27,1% da gennaio a ottobre, superando il milione di libri venduti. Gli italiani hanno riscoperto un genere considerato a lungo di ‘serie b’? “I lettori e le lettrici italiani – spiega Pilia – hanno sempre letto tanta letteratura fantastica, ma prima era meno monitorata. Pensiamo alla collana di successo ‘Urania’, che esce in edicola e non è tracciata. Però negli ultimi anni c’è stata sicuramente una crescita dell’ecosistema editoriale: ci sono più editor, più traduttori, sono nate molte case editrici di genere che hanno portato un ‘know how’ che prima era appannaggio di accademici. È aumentata la qualità, ma anche il discorso attorno al genere, con un grande lavoro di riscoperta del fantasy italiano".
Non c’è una motivazione unica dietro alla cresciuta di interesse registrata negli ultimi anni: da un lato ci sono il successo di saghe letterarie e cinematografiche/televisive come ‘Harry Potter’, ‘Hunger Games’ o ‘Il trono di spade’, dall’altro c’è chi ritiene che il fantasy, con le sue metafore, sia uno strumento utile a interpretare il tempo presente. Emmanuele Pilia ci tiene a sottolineare l’aspetto più importante quando si devono avvicinare nuovi lettori: "Credo che l’idea moralistica che leggere sia utile e necessario abbia danneggiato la letteratura. Leggere è divertente, è bello, è fico. Si può paragonare a una partita di calcio o una cena fuori. Bisogna desacralizzare la lettura per darle valore e noi, con il nostro evento, abbiamo puntato tutto su questo concetto anche per avvicinare chi non ha ancora scoperto il fantastico".
La manifestazione, che beneficia del patrocinio del Comune di Roma, dell’Assessorato alla Cultura e del I Municipio, è completamente gratuito e non sarà solo un'occasione per i lettori, ma anche per chi sogna di lavorare nel campo. Nel corso della fiera infatti verrà assegnato il Premio di Racconti Brevi, "dedicato agli autori e alle autrici che vogliono esplorare i temi dell’horror, del fantasy, della fantascienza e del weird", si legge sul sito ufficiale, e che avranno così l'opportunità di sottoporre il proprio scritto a una giuria di editori esperti, presenti alla fiera. Sono previste anche diverse menzioni speciali, con relativi premi e targhe, per le opere che si distingueranno per originalità e stile. (di Corinna Spirito)
Roma, 21 feb. (Adnkronos Salute) - "La prima richiesta che facciamo al ministro della Salute Schillaci è quella di valutare e concludere la questione medico-legale istituendo una commissione super partes, che valuti prima di ogni iter, di ogni pratica, la questione, in modo tale che il numero delle denunce venga ridotto. Questo accade negli Stati Uniti, accade anche in Francia, quindi crediamo che debba essere applicato anche in Italia. Seconda cosa", serve "intervenire sulla questione delle nuove tecnologie, che ha un peso rilevantissimo anche sul fronte economico, quindi legiferare a livello centrale sulla congruità e sul numero, per esempio, dei robot e delle nuove tecnologie importanti e costose che vengono, diciamo, proposte. L'altra cosa è incentivare l'intelligenza artificiale. Tuttavia sappiamo che soltanto il 26% delle Asl in Italia ha investito in intelligenza artificiale". Così all'Adnkronos Salute il presidente del Collegio italiano dei chirurghi, Maurizio Brausi, in occasione del secondo congresso Cic, momento di confronto sul presente e il futuro della chirurgia, promosso oggi a Roma.
"La formazione per i giovani chirurghi è importantissima - continua Brausi - A questo proposito abbiamo ideato un questionario che è stato spedito a tutte le scuole di specialità. Abbiamo già raccolto più di 600 risposte sulla soddisfazione o meno che i nostri specializzandi hanno nelle varie scuole". Per far fronte alla carenza di professionisti, poi, "dobbiamo fare una programmazione diversa. Sappiamo che 3mila medici all'anno vanno in pensione e non vengono sostituiti - ricorda - e abbiamo anche un problema contingente degli specializzanti stessi: per diventare un chirurgo occorrono 11 anni, cosa che non aiuta". A questo si aggiunge "il problema dello stipendio che in Italia non è equiparato a quello europeo", e quello "delle denunce: ne arrivano circa 35mila-40mila all'anno per i chirurghi. Questo ovviamente è un fattore un po' negativo", che rende "più difficile la scelta della specialità". La prova lampante è sui "concorsi, soprattutto per l'ortopedia e anche per chirurgia generale: vanno deserti".
Altra cosa che interessa molto il Collegio, che rappresenta circa 47 società chirurgiche e 45 mila chirurghi italiani, è "l'uso delle nuove tecnologie e la loro sostenibilità per il sistema sanitario nazionale - conclude Brausi - Possiamo fare qualcosa per ridurre i costi, però occorre essere molto determinati e prendere decisioni sia a livello centrale che a livello regionale per razionalizzare, ad esempio, il numero di robot in Italia o il numero delle nuove tecnologie. L'intelligenza artificiale può ridurre nettamente il lavoro e dovrebbe essere applicata nelle varie Asl, vista l'applicazione incredibile che c'è nell'imaging, della radiologia, con la velocizzazione degli esami radiologici e diagnosi molto più sicure in accordo con le linee guida".
Roma, 21 feb. (Adnkronos/Labitalia) - Mary Modaffari, presidente nazionale della Confederazione nazionale esercenti (Cne), associazione sindacale datoriale italiana, iscritta al registro dei lobbisti del Parlamento Europeo, è stata l' unica italiana entrata a far parte del direttivo del Seri ( sindacato europeo dei rappresentanti di interessi ) e contestualmente nominata a responsabile della gestione dei rapporti istituzionali esteri del Seri.
"Il Seri, acronimo di Sindacato europeo rappresentanti interessi presso il Parlamento Europeo è un’organizzazione sindacale europea composta da presidenti di varie sigle sindacali datoriali di tutta Europa. Il Seri è stato istituito per rappresentare e tutelare i diritti e gli interessi dei professionisti che operano al Parlamento Europeo come rappresentanti di interessi e dunque portavoce delle esigenze delle imprese associate presso le rispettive associazioni datoriali dei vari Paesi Europei. L' obiettivo è quello di fornire un supporto qualificato a livello istituzionale, promuovendo la valorizzazione delle competenze e delle specificità del lavoro che ogni rappresentante svolge al Parlamento Europeo. Le finalità principali includono la difesa dei diritti delle imprese, pmi e start-up in ambito parlamentare, la promozione di politiche di equità e sostenibilità nel mondo del lavoro e il rafforzamento delle relazioni tra il settore istituzionale europeo e partner internazionali presso Paesi extra Ue", afferma Modaffari.
"La mia priorità -continua- è consolidare e ampliare le relazioni internazionali del Seri coinvolgendo in primo luogo soprattutto l' Italia , dando dunque voce alle varie associazioni sindacali datoriali italiane aderenti al Seri creando nuove opportunità di collaborazione istituzionale e professionale. L’obiettivo è rendere il Seri un associazione sindacale europea dei rappresentanti di interessi autorevole e riconosciuta non solo a livello europeo ma globale. La prima tappa del mio programma è organizzare con lo staff del dipartimento del Seri che mi è stato assegnato, incontri con rappresentanti di istituzioni straniere, anche tramite tavoli tematici, su argomenti che hanno come obiettivo la crescita delle imprese e pmi tenendo conto dei punti di vista dei colleghi rappresentanti di interessi degli altri stati europei", spiega ancora.
"I punti centrali da trattare sono: commercio internazionale (limiti e prospettive future), sostenibilità, crescita economica, innovazione e tutela dei diritti umani, transizione digitale e particolare attenzione sull' utilizzo dell'Ia. In sostanza, il nostro obiettivo è quella di fungere da ponte tra le istituzioni europee e le imprese degli stati membri , promuovendo uno scambio continuo e costruttivo su temi di particolare rilevanza sociale, economica e culturale. Altresì attraverso l’internazionalizzazione sarà possibile consolidare nuove partnership, rendendo il Sindacato europeo dei rappresentanti di interessi un organo "influente" nei processi decisionali che riguardano il mondo del lavoro e delle imprese", spiega ancora.
"Sono davvero onorata ed orgogliosa di questo importante incarico che mi è stato conferito e ringrazio la presidenza nazionale per la fiducia accordatami. Da anni lavoro nel mondo sindacale, ho svolto l' attività di politica sindacale con grande responsabilità ed impegno, e pertanto metterò a disposizione il mio bagaglio di esperienze. Sono certa che riusciremo a portare benefici concreti ai nostri iscritti nonché il nostro obiettivo finale è poter dare supporto con le nostre proposte alle istituzioni europee ed alle rispettive commissioni", conclude Mary Modaffari.
Roma, 21 feb. - (Adnkronos) - Si è chiuso alle 13, come annunciato, il collocamento del nuovo Btp Più che ha registrato nel quarto e ultimo giorno di raccolta 39.759 contratti per un controvalore di 1.096.376.000 euro. Il dato porta il totale del collocamento a oltre 14,9 milioni di euro. L'attenzione adesso è per il dato definitivo sul rendimento che, nelle speranze dei sottoscrittori, potrebbe portare a qualche ritocco al rialzo.