Il cuore le direbbe di restare al suo posto e ostacolare il voto. La ragione invece potrebbe portarla a un passo indietro, anche se non solo esclusi clamorosi colpi di scena alla voce “mancanza di sovranità nazionale”, come ad esempio dimissioni imposte. L’intero piano europeo da far votare al parlamento ellenico è ora nelle mani di Zoì Kostantopoulou, presidente della Camera (primizia nella Grecia iper maschilista), ma soprattutto syrizea della primissima ora. Forse ancora prima dello stesso Tsipras. E’ colei che tecnicamente potrebbe premere il pulsante per accelerare il passaggio parlamentare o per avviare un Vietnam in aula, con il sostegno di chi quel piano non lo voterebbe nemmeno sotto tortura: dai trenta dissidenti di Syriza della Piattaforma di Sinistra (tra cui lei stessa e il capo del correntone Lafazanis), alcuni deputati di Syriza che in queste ore, pur convinti dal leader, temono le rimostranze della piazza già in fibrillazione, agli alleati al governo di Anel che ieri lo hanno ribadito e i contrari storici, come i comunisti del Kke e la pattuglia di Alba dorata.
Per raccontare quali e quanti sentimenti stanno attraversando la 39enne Zoì è sufficiente scorrere il suo curriculum. Avvocato penalista, master alla Sorbona, già prima del titolo in tasca difendeva gratuitamente carcerati e meno abbienti. La tenacia, dice chi la conosce, è la sua prima virtù, come dire che non scende a compromessi. Si avvicina al Synasprismos, in procinto di evolversi in Syriza, nel 2009 e tre anni dopo alle doppie elezioni del 2012 viene eletta in Parlamento.
Il suo primo incarico? Relatore nella controversa commissione interparlamentare che ha indagato sulla Lista Lagarde, l’elenco dei duemila evasori ellenici (tra cui mezzo parlamento, giornalisti e imprenditori) che hanno portato in Svizzera circa 25 miliardi di euro e che valse un processo per direttissima al giornalista che la pubblicò, Kostas Vaxevanis. Prima però Zoì aveva elaborato e presentato, nel luglio 2003, dinanzi al Procuratore della Corte Penale Internazionale, un dossier che accusava di crimini internazionali alcuni funzionari britannici in Iraq.
Dallo scorso gennaio, riconfermata ai più alti vertici di Syriza, Tsipras le ha consegnato le chiavi del Parlamento, un luogo in Grecia altamente significativo per ritardi e omissioni. Come quelle per le autorizzazioni a procedere che nel complicato diritto parlamentare greco subiscono un destino da gioco dell’oca ogni due per tre. Quindi ad ogni nuova elezione deve ripartire un iter farraginoso per decretare le autorizzazioni a procedere contro i deputati incriminati dai pubblici ministeri, che infatti quasi mai finiscono a processo, men che meno a condanna definitiva.
In queste ore la Kostantopoulou potrebbe farsi da parte, per preservare l’immagine dinanzi al suo elettorato. Questo almeno il ragionamento che si fa tra gli adepti della Piattaforma di Sinistra, oppure attendere che sia il premier in persona, come fatto con Varoufakis, a chiedere di lasciare strada. In quel caso, però, pesa il precedente poco incoraggiante di chi, “nonostante errori e svarioni, almeno aveva un piano in testa”.
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