Lo storico accordo sul nucleare iraniano, che nelle intenzioni mira a impedire a Teheran di produrre materiale sufficiente per la costruzione di un’arma atomica, in realtà non garantisce nessuna fine delle ostilità anzi il contrario. Diversi sono i nemici di questo accordo. In primis la pars destruens americana che mira a sabotare qualsiasi successo del presidente Obama, poi Israele e le monarchie arabe del Golfo. La minaccia per Israele ricade non tanto sul nucleare ma sul rifiuto di accettare l’Iran come attore legittimato nel nuovo quadro mediorientale visto che lo stesso Netanyahu ne ha fatto il cavallo di battaglia durante la sua ultima campagna elettorale. Oltre ad Israele c’è l’Arabia Saudita, altra potenza regionale ossessionata al punto da aver sostenuto e finanziato in questi anni tutta una serie di movimenti sunniti estremisti, polarizzando il settarismo religioso, nel tentativo di indebolire “la parte sciita”.
Ma anche nello stesso Iran sorgono forte preoccupazioni. Alcuni circoli economici hanno accumulato immense fortune per via dell’isolamento del Paese e della forzata autarchia soprattutto in ambito tecnologico. La riapertura del dialogo con gli Stati Uniti desta preoccupazioni e malumori, in un sistema che sull’opposizione all’Occidente ha costruito la propria impalcatura politica e istituzionale.
Entrando nel merito dell’accordo, quest’ultimo per almeno 10 anni, garantirà a Teheran la revoca delle sanzioni in cambio di significative riduzioni dell’entità del suo programma nucleare L’Iran continuerà l’arricchimento, così come proseguiranno la ricerca e lo sviluppo alle principali centrifughe.
Facendo un po’ di dietrologia storica la proliferazione del materiale atomico nasce in realtà in Europa, più precisamente in Francia e Germania ovvero i maggiori produttori europei di energia nucleare. I due Paesi in questione hanno fornito per primi le centrifughe che hanno permesso e stanno permettendo al paese islamico di produrre materiale bombabile. Queste centrifughe vennero fornite in realtà al Pakistan che le smistò nell’area mediorientale. Le centrifughe sono molto complesse e difficili da assemblare in quanto sono l’elemento centrale. Nei primi anni ’70 le centrifughe che vennero fornite al Pakistan erano in acciaio; queste avevano però un basso livello di efficienza e per produrre 1 Gigawatt di materiale bombabile ne servivano almeno 50.000 e per produrre 100 kg. di U-235 ne servivano 3.000 che lavorassero ininterrottamente per un anno intero. La tecnologia però avanza e nel tempo le centrifughe utilizzate dall’Iran sono state sostituite da quelle in fibra di carbonio, un materiale più efficiente, più resistente, più sicuro, proveniente ancor una volta dall’Europa. Diversi anni fa per contrastare la minaccia nucleare iraniana sarebbe bastato bloccare semplicemente l’esportazione di fibra di carbonio per la produzione di centrifughe!
Tornando all’accordo il programma di Teheran verrà sottoposto a ispezioni per accertare il rispetto degli impegni. In caso di violazioni da parte di Teheran dell’intesa raggiunta a Vienna, le sanzioni verrebbero reintrodotte entro 65 giorni. L’accordo include inoltre un compromesso tra Washington e Teheran che permetterà agli ispettori Onu di chiedere di visitare anche i siti militari iraniani. In questo clima rovente e ad alta tensione l’Occidente si avvicina sempre più all’Iran e chissà se possa servirsene anche in una lotta decisa al terrorismo jihadista dell’Isis. Il nucleare si sa prima di essere un’arma da guerra è un’arma politica.
Roberto Colella
Giornalista, esperto in Geopolitica e Scienze della Difesa
Mondo - 14 Luglio 2015
Nucleare Iran: l’accordo c’è ma non metterà fine alle ostilità
Lo storico accordo sul nucleare iraniano, che nelle intenzioni mira a impedire a Teheran di produrre materiale sufficiente per la costruzione di un’arma atomica, in realtà non garantisce nessuna fine delle ostilità anzi il contrario. Diversi sono i nemici di questo accordo. In primis la pars destruens americana che mira a sabotare qualsiasi successo del presidente Obama, poi Israele e le monarchie arabe del Golfo. La minaccia per Israele ricade non tanto sul nucleare ma sul rifiuto di accettare l’Iran come attore legittimato nel nuovo quadro mediorientale visto che lo stesso Netanyahu ne ha fatto il cavallo di battaglia durante la sua ultima campagna elettorale. Oltre ad Israele c’è l’Arabia Saudita, altra potenza regionale ossessionata al punto da aver sostenuto e finanziato in questi anni tutta una serie di movimenti sunniti estremisti, polarizzando il settarismo religioso, nel tentativo di indebolire “la parte sciita”.
Ma anche nello stesso Iran sorgono forte preoccupazioni. Alcuni circoli economici hanno accumulato immense fortune per via dell’isolamento del Paese e della forzata autarchia soprattutto in ambito tecnologico. La riapertura del dialogo con gli Stati Uniti desta preoccupazioni e malumori, in un sistema che sull’opposizione all’Occidente ha costruito la propria impalcatura politica e istituzionale.
Entrando nel merito dell’accordo, quest’ultimo per almeno 10 anni, garantirà a Teheran la revoca delle sanzioni in cambio di significative riduzioni dell’entità del suo programma nucleare L’Iran continuerà l’arricchimento, così come proseguiranno la ricerca e lo sviluppo alle principali centrifughe.
Facendo un po’ di dietrologia storica la proliferazione del materiale atomico nasce in realtà in Europa, più precisamente in Francia e Germania ovvero i maggiori produttori europei di energia nucleare. I due Paesi in questione hanno fornito per primi le centrifughe che hanno permesso e stanno permettendo al paese islamico di produrre materiale bombabile. Queste centrifughe vennero fornite in realtà al Pakistan che le smistò nell’area mediorientale. Le centrifughe sono molto complesse e difficili da assemblare in quanto sono l’elemento centrale. Nei primi anni ’70 le centrifughe che vennero fornite al Pakistan erano in acciaio; queste avevano però un basso livello di efficienza e per produrre 1 Gigawatt di materiale bombabile ne servivano almeno 50.000 e per produrre 100 kg. di U-235 ne servivano 3.000 che lavorassero ininterrottamente per un anno intero. La tecnologia però avanza e nel tempo le centrifughe utilizzate dall’Iran sono state sostituite da quelle in fibra di carbonio, un materiale più efficiente, più resistente, più sicuro, proveniente ancor una volta dall’Europa. Diversi anni fa per contrastare la minaccia nucleare iraniana sarebbe bastato bloccare semplicemente l’esportazione di fibra di carbonio per la produzione di centrifughe!
Tornando all’accordo il programma di Teheran verrà sottoposto a ispezioni per accertare il rispetto degli impegni. In caso di violazioni da parte di Teheran dell’intesa raggiunta a Vienna, le sanzioni verrebbero reintrodotte entro 65 giorni. L’accordo include inoltre un compromesso tra Washington e Teheran che permetterà agli ispettori Onu di chiedere di visitare anche i siti militari iraniani. In questo clima rovente e ad alta tensione l’Occidente si avvicina sempre più all’Iran e chissà se possa servirsene anche in una lotta decisa al terrorismo jihadista dell’Isis. Il nucleare si sa prima di essere un’arma da guerra è un’arma politica.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".