Licenziamenti più facili, anche per i dirigenti. Stretta sulle assenze, con il trasferimento all’Inps della competenza sui controlli in caso di malattia. Il ruolo unico per i dirigenti, che faranno carriera solo se riceveranno valutazioni positive, avranno incarichi a tempo e potranno essere demansionati. E ancora, il riordino delle società partecipate, autorità indipendenti e Corpo forestale che verrà assorbito in un’altra forza di polizia. Sono solo alcuni dei punti principali del disegno di legge delega sulla pubblica amministrazione, approvato venerdì 17 luglio dall’aula della Camera con 253 sì, 93 no e 5 astenuti. Nelle dichiarazioni di voto hanno votato a favore del testo il Partito Democratico, Area Popolare (Ncd-Udc), Scelta Civica, Per l’Italia – Centro Democratico, mentre i partiti contrari al provvedimento legislativo sono stati il Movimento Cinque Stelle, Forza Italia, Sinistra Ecologia e Libertà, Lega Nord, Fratelli D’Italia – Alleanza Nazionale. Il ddl delega Madia, approvato in prima lettura dal Senato il 30 aprile scorso, era stato presentato in Parlamento il 23 luglio 2014 ed è il secondo tassello della riforma della pubblica amministrazione, che segue il decreto diventato legge lo scorso agosto.
Tra le modifiche apportate al testo nei vari passaggi, spicca quella passata giovedì 16 luglio con il via libera all’emendamento del Movimento 5 Stelle che, per quanto riguarda la dirigenza pubblica, prevede anche “ipotesi di revoca dell’incarico e di divieto di rinnovo o di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna, anche non definitiva, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose da parte della Corte dei conti”. Ora il testo torna a Palazzo Madama e dopo la seconda lettura dovrà poi essere messo in pratica con i decreti attuativi. Che non saranno pochi, viste le deleghe, ma il governo Renzi si è impegnato a provvedere entro la fine dell’anno. Mentre in base al ddl delega entro 18 mesi l’esecutivo dovrà adottare un nuovo testo unico sul pubblico impiego.
Per i dirigenti ruolo unico, incarichi a tempo, demansionamenti e licenziamenti – Archiviati gli automatismi di carriera e le fasce: tutti i dirigenti finiranno in un ruolo unico da cui lo Stato potrà “pescare” per coprire i posti vacanti nei ministeri, nell’amministrazione fiscale, all’Inps e negli enti di ricerca. Esclusi diplomatici, prefetti, magistrati, militari e dirigenti delle Authority. Chi vorrà assumere il ruolo non dovrà solamente sostenere un concorso ma dovrà anche superare un altro esame. Fino all’entrata a regime del ruolo unico, potrà essere prevista “ove necessario” la graduale riduzione del numero dei dirigenti. La delega prevede, sempre per i dirigenti, la “definizione dei requisiti e criteri per il conferimento degli incarichi”. Questi ultimi saranno a termine (4 anni rinnovabili solo una volta per altri 2) e chi resterà senza poltrona e avrà ricevuto una valutazione negativa sull’ultimo incarico ricoperto, potrà essere licenziato o, in alternativa, retrocesso a funzionario. Non secondaria, poi, la possibilità di revocare il dirigente condannato dalla Corte dei Conti anche non definitivamente per danno erariale. Mentre avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio saranno legati a una valutazione positiva, su cui inciderà anche l’impegno e l’accuratezza con cui misureranno le performance dei lavoratori che coordinano. A vigilare sulla selezione e sull’assegnazione degli incarichi saranno tre commissioni ancora da istituire, una per lo Stato, una per le Regioni e una per i Comuni. E si va verso una quota unica (intorno al 10%) per l’accesso di esterni, mentre la figura del segretario comunale è abolita dal 2018, con un periodo ponte di 3 anni.
Per tutti i dipendenti sanzioni disciplinari fino al licenziamento. E i controlli sui malati passano all’Inps – Arriva l’atteso inasprimento delle azioni disciplinari: non potranno più passare 100 giorni (come avviene ora), e soprattutto non si potrà più concludere tutto con un nulla di fatto, altrimenti a rimetterci sarà il dirigente responsabile. I procedimenti, poi, si potranno concludere non solo con richiami o sospensioni ma anche, nei casi più gravi, con il licenziamento. Occorre però ricordare che per i dipendenti pubblici resta la tutela dell’articolo 18, cioè la possibilità di essere reintegrati al loro posto nel caso il giudice verifichi l’assenza di giusta causa. Il governo dovrà in ogni caso legiferare sulla materia introducendo norme in tema di responsabilità dei dipendenti “finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”. Sempre in tema di controlli, la competenza e le risorse relative alle visite fiscali per accertare la malattia del dipendente passerà dalle Asl all’Inps. Nelle chiamate per gli accertamenti sarà data priorità ai circa 1.200 medici inseriti in liste speciali dell’istituto presieduto da Tito Boeri, a cui saranno trasferite anche le relative risorse (circa 70 milioni euro).
Per l’accesso alla pa concorsi centralizzati e test di inglese – Cambiano anche le modalità di accesso alla pubblica amministrazione. La delega prevede che i concorsi pubblici siano siano svolti “in forma centralizzata o aggregata“, con l’obiettivo di arrivare a un polo unico per la gestione delle selezioni. Quindi non sarà più possibile per un singolo ente emanare bandi “sottotraccia”. Dovranno poi essere introdotti strumenti per garantire l’effettiva segretezza dei temi d’esame, forme di “preselezione dei componenti delle commissioni” per assicurarne l’imparzialità e criteri di valutazione uniformi in tutto il territorio nazionale. Nelle prove non mancherà mai un test sulla conoscenza dell’inglese. E’ invece saltato il requisito di un voto minimo di laurea per l’accesso ai concorsi. Durante il percorso del provvedimento in Commissione era emersa l’ipotesi di mitigare la novità specificando che si sarebbe dovuto tener conto dell’università di provenienza, ma l’idea aveva suscitato polemiche perché avrebbe comportato la necessità di attribuire “punteggi” di qualità ai diversi atenei. Alla fine, l’intero comma è stato soppresso.
Staffetta generazionale, ma annacquata. Al via il telelavoro – Arriva la staffetta generazionale, ma in versione super soft. La norma – introdotta durante il passaggio in aula – prevede la possibilità per chi è vicino alla pensione di lavorare part-time, mantenendo i contributi pensionistici per il tempo pieno solamente con versamenti volontari. Con le risorse che si renderanno disponibili, a seconda dei part-time, scatteranno nuove assunzioni. Nel testo si legge che il governo dovrà prevedere “la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell’orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo”. Quindi attraverso la contribuzione volontaria si potrà “conseguire l’invarianza della contribuzione previdenziale”, consentendo allo stesso tempo, “nei limiti delle risorse effettivamente accertate a seguito della conseguente minore spesa per redditi, l’assunzione anticipata di nuovo personale”, rispettando però le norme sui vincoli assunzioni.
L’articolo 11, poi, prevede il telelavoro e la sperimentazione di forme di co-working e smart-working: entro 3 anni dall’attuazione della legge delega i meccanismi di flessibilità lavorativa dovranno essere operativi almeno per il 20% degli statali che ne vogliano fare richiesta. E ancora: viene stabilito che il telelavoro dovrà servire anche a creare maggiori condizioni per il “congedo parentale”, dovranno essere previste forme per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro con voucher per baby-sitter, puericultrici, badanti specializzate e convenzioni con asili nido e scuole materne. Un emendamento del Pd ha poi previsto la nomina di una Consulta nazionale “per garantire un’efficace integrazione in ambiente di lavoro delle persone con disabilità“.
Durante il percorso parlamentare è stata ammorbidita la norma sull’attribuzione di incarichi a titolo gratuito nella pubblica amministrazione ai pensionati: il tetto massimo di durata, fissato in un anno, varrà solo se si tratta di un ruolo dirigenziale o direttivo.
Più poteri al premier, dalle nomine alla vigilanza sulle agenzie – Nel rispetto delle leggi e della Costituzione, il governo è delegato a precisare le funzioni di palazzo Chigi. La delega assegna più poteri al premier: sarà la presidenza del Consiglio a vigilare sulle agenzie fiscali (come il Demanio o le Entrate). E ancora: la scelta delle nomine pubbliche dovrà passare per il Consiglio dei ministri. Dunque quella che oggi è una prassi diventerà legge. Per quanto riguarda le nomine dei manager pubblici è previsto che “i procedimenti di designazione di competenza, diretta o indiretta, del governo o dei singoli ministri in modo da garantire che le scelte, quand’anche da formalizzarsi con provvedimenti di singoli ministri, siano oggetto di esame in Consiglio dei ministri”.
La responsabilità dei pubblici funzionari per danno erariale – Arrivano delle novità sul processo contabile davanti alla Corte dei conti e, in particolare, sui giudizi sulla responsabilità dei pubblici funzionari per danno erariale. La commissione Affari costituzionali ha infatti approvato un emendamento che aggiunge una delega al testo in tema di processi della Corte dei conti. Con la modifica si mira a dare certezza e velocità ai tempi del procedimento, aprendo alla possibilità di rito abbreviato per “garantire l’incameramento certo ed immediato di somme risarcitorie” nelle casse dello Stato. Resta, però, “l’esclusiva imputabilità” dei dirigenti: è passata, nonostante le polemiche, la discussa norma che “salva” i sindaci attribuendo ai soli dirigenti la responsabilità amministrativo-contabile per l’attività di gestione. Inserita attraverso un emendamento del relatore Giorgio Pagliari, stabilisce che solo i dirigenti della pa saranno ritenuti responsabili per i danni erariali eventualmente provocati dalla loro attività gestionale, mentre sindaci, governatori di regione e ministri risponderanno esclusivamente per le scelte di indirizzo politico-amministrativo. Il MoVimento 5 Stelle l’aveva etichettata come “legge ad personam” per Matteo Renzi, a cui la Corte dei Conti contesta un danno legato alla contrattualizzazione di personale privo delle necessarie qualifiche ai tempi in cui il premier era presidente della provincia di Firenze. Contrari anche i sindacati della dirigenza pubblica, secondo i quali la norma “espone a ricatti”. Ma il ministro Madia ha difeso il comma dicendo che è in linea con “una dirigenza autonoma e indipendente dalla politica: il dirigente ha libertà di dire ad un amministratore che non si presta ad attività gestionali se non le valuta legittime, può dire no a un indirizzo politico”.
Riordino delle partecipate – Confermato il riordino delle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, ispirato al piano dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli. Per quelle che hanno bilanci in rosso – una su quattro, secondo l’ultimo rapporto di Cottarelli – viene prevista “la possibilità di piani di rientro“, con “l’eventuale commissariamento“. Ma anche la “razionalizzazione” e la “riduzione” delle municipalizzate inutili. I decreti attuativi dovranno quindi stabilire dopo quanti esercizi in perdita scatterà l’obbligo della liquidazione e ridefinire le condizioni e i limiti per la costituzione di nuova società e per il mantenimento di quelle già esistenti. In particolare, per essere ammissibile la partecipazione deve rientrare nel “perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici per la tutela di interessi pubblici rilevanti“. Sempre per quanto riguarda le società partecipate, si va verso una maggiore pubblicità e più vincoli nelle assunzioni e i decreti attuativi dovranno stabilire limiti stipendiali e introdurre criteri di valutazione dei dipendenti stessi. Maggiore pubblicità dovrà essere fatta anche per gli acquisti che vengono fatti. La stretta riguarda anche gli organi di controllo: sarà il governo a definire la composizione e i criteri di nomina dei collegi sindacali, in modo da renderli autonomi dagli enti proprietari, cioè Comuni, Province e Regioni. Mentre per gli amministratori sarà definito un “compenso economico variabile” in base ai risultati economici positivi o negativi della società. Analogamente la “verifica” e la “valutazione” dei direttori generali delle Aziende sanitarie locali (Asl) dovrà tenere conto non solo del raggiungimento degli obiettivi sanitari ma anche dell’equilibrio economico dell’azienda.
Via libera anche al riordino dei servizi pubblici locali. Tra le novità la previsione di incentivi agli enti locali che accorpano le attività o che le vendono cedendone il controllo a privati. La norma precisamente parla di “perdita del controllo pubblico” della gestione dei servizi, come ad esempio quello idrico o lo smaltimento dei rifiuti. All’orizzonte c’è una ricognizione per eliminare regimi di esclusività non giustificati e contrari alla concorrenza. In tema di acqua pubblica un emendamento stabilisce che le leggi italiane dovranno rispettare il diritto dell’Unione europea, ma “tenendo contro del referendum abrogativo del 2011”. Il relatore Pagliari ha rassicurato sul fatto che “l’acqua resta pubblica”. Niente soppressione invece per il Pubblico registro automobilistico (Pra), che però viene sottratto al controllo dell’Aci e passa al ministero dei Trasporti. Quest’ultimo gestisce la motorizzazione di cui il Pra è di fatto un doppione. A valle del passaggio è prevista anche la nascita di un’Agenzia unica per la gestione di tutti i dati che riguardano la circolazione dei veicoli, in cui potrebbe alla fine confluire anche l’Aci.
Stop alle authority doppione e accorpamento delle prefetture – Le Autorità indipendenti le cui funzioni si “sovrappongono a quelle degli uffici ministeriali” potranno essere soppresse. Il finanziamento delle Authority e gli stipendi del personale dovranno essere poi livellati sulla base di “criteri omogenei” e “in modo da evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, salvaguardandone la relativa professionalità”. Il ddl delega prevede poi l’introduzione di ruoli unificati anche per la dirigenza delle autorità indipendenti.
Taglio in arrivo anche per le Prefetture-Uffici territoriali del governo che confluiranno nell’ufficio territoriale dello Stato. Con la norma il governo è infatti delegato a “ridurre” entro 12 mesi gli uffici territoriali e ad accorparli (al momento in Italia c’è una prefettura per Provincia). Dunque probabilmente ragionerie, direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate, archivi notarili, soprintendenze, uffici scolastici, direzioni regionali e territoriali del lavoro saranno concentrati in una sede unica. Il taglio delle prefetture dovrà tenere conto, tra le altre cose, dell’estensione territoriale, della popolazione residente, dell’eventuale presenza di una Città metropolitana, di insediamenti produttivi e del tasso di criminalità.
Camere di Commercio dimezzate, ma i diritti diminuiscono solo del 50% – Per le Camere di Commercio arriva un sostanziale dimezzamento: dalle 105 attuali a massimo 60. I presidenti lavoreranno gratis e per gli altri dirigenti i decreti attuativi dovranno definire tetti agli stipendi. Previsti anche paletti per il mantenimento di partecipazioni azionarie: i decreti attuativi dovranno prevedere che le Camere azzerino tutte le partecipazioni “non necessarie per lo svolgimento delle funzioni istituzionali”, “eliminando progressivamente” quelle “non essenziali e gestibili secondo criteri di efficienza da soggetti privati”. Con l’obiettivo di aumentare la trasparenza, poi, i bilanci delle partecipate dovranno comparire nel resoconto consolidato dell’ente. Un emendamento firmato dal senatore Pd Massimo Mucchetti stabilisce poi che il ministero dello Sviluppo economico definisca standard nazionali di qualità per gli enti camerali con riferimento “a ciascuna funzione fondamentale”, “ai relativi servizi e all’utilità prodotta per le imprese”. Nessuna novità invece sul fronte della sforbiciata dei diritti camerali, disposta dal decreto Madia: a regime il taglio sarà del 50%. Nelle scorse settimane si era ventilata di nuovo l’ipotesi di un azzeramento, poi rientrata.
Vigili del fuoco, Forestale, Capitanerie di porto – Sì al riordino anche del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Lo ha deciso la commissione alla Camera approvando un emendamento a firma Alan Ferrari. La modifica però, riferisce Public Policy, non piace alla Ragioneria generale dello Stato che potrebbe dare un parere contrario nella sua relazione tecnica al provvedimento. La modifica prevede una “ottimizzazione dell’efficacia delle funzioni” dei Vigili del fuoco, in relazione “alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario” del Corpo. Infine, e dovrebbe essere questa la parte della norma contestata, si chiede “la soppressione, la modifica e l’eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche”.
E’ poi prevista l’eliminazione delle “duplicazioni organizzative”, “logistiche” e “funzionali” delle forze operanti in mare, con il rafforzamento del coordinamento tra Corpo delle capitanerie di porto e la Marina militare, “nella prospettiva di una eventuale maggiore integrazione”. Per la Forestale, invece, si parla di assorbimento in un altro corpo che probabilmente sarà quello dei Carabinieri. Le funzioni e le risorse dedicate alla lotta agli incendi passeranno però, in base a un emendamento del relatore, ai Vigili del fuoco. Si passerà quindi da cinque corpi nazionali a quattro: resteranno Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Penitenziaria. Alla Camera si è poi previsto di riordinare l’assetto funzionale e organizzativo di tutte le forze, nel quale dovrà essere tenuto conto del merito (in particolare per le progressioni di carriera).
Delega al governo, infine, per la riforma delle Autorità portuali, compresa la governance e l’unificazione delle procedure doganali. Lo prevede un emendamento approvato in commissione. La modifica parla di una “riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina” sulle autorità portuali. Non solo, perché il governo potrà anche intervenire anche sull’unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti.
Riordino ricerca con autonomia finanziaria – Al via la riforma degli Enti pubblici di ricerca (Epr). La norma trasversale – sottoscritta da Pd, ex M5s, Lega, FI e Ap – delega il governo alla riforma degli Epr prevedendo per i ricercatori e i tecnici pubblici “libertà di ricerca, autonomia professionale” e più “formazione all’aggiornamento”. La proposta prevede anche la semplificazione dell’inquadramento della ricerca pubblica “in un sistema di regole più snello” e norme diverse per budget e spese (dovrà essere riformato anche il rimborso della missioni). Gli Epr potranno quindi avere autonomia finanziaria. La riforma potrebbe riguardare 20mila tra ricercatori e tecnici, impiegati nei circa 20 Enti pubblici. Tra questi, l’Istat, Isfol, Ispra, Cnr e i 12 enti vigilati dal ministero dell’istruzione.
Silenzio-assenso e taglio burocrazia per grandi opere – Nella delega viene previsto l’ampio utilizzo all’istituto del “silenzio-assenso” tra le amministrazioni pubbliche. Dopo 30 giorni (che diventano 90 in materia di ambiente, cultura e sanità) dalla notifica di un atto (da cofirmare) il silenzio da parte di una amministrazione equivarrà al consenso. Per quanto riguarda però le contese su nulla osta e altri via libera, sarà il presidente del Consiglio, dopo un passaggio in Consiglio dei ministri, a decidere. Il silenzio assenso – è stato deciso alla Camera – varrà anche per le società partecipate. Il governo dovrà inoltre prevedere una procedura accelerata ad hoc per alcuni tipi di procedimenti amministrativi: arriva il taglio fino al 50% dei termini previsti per la chiusura delle procedure che riguardano “opere di interesse generale o l’avvio di attività imprenditoriali”. La stessa modifica prevede che, per le grandi opere, potranno essere attribuiti poteri sostitutivi al premier, che a sua volta potrà avvalersi dei prefetti. Di conseguenza potrà essere istituita un’Unità tecnica – di cui si potranno avvalere il premier e i prefetti – per l’esercizio dei poteri sostitutivi.
Taglia decreti – Un emendamento del relatore delega il governo, entro 90 giorni dall’approvazione del ddl delega, a far ordine nel mare magnum dei provvedimenti attuativi il cui ritardo tende a rallentare l’effettiva entrata in vigore delle leggi. La norma, battezzata “taglia decreti“, prevede la possibilità di eliminare i rimandi a decreti ministeriali, dpcm e regolamenti presenti negli atti normativi varati a partire da fine 2011. Atti “fantasma” che complicano l’ordinamento e in molte situazioni fanno da tappo, lasciando sospesi provvedimenti altrimenti pronti ad assumere forza di legge.
112 numero unico per le emergenze, pagamenti via sms e via libera al Foia – Viene istituito un numero unico per le emergenze, il 112. L’idea è quella di realizzare centrali in ambito regionale che, raccogliendo la richiesta, siano in grado di smistarla al servizio interessato. Addio a tutti gli altri numeri (113, 115, 118) e le risorse, 58 milioni di euro a partire dal 2015, verranno prese dai “Fondi di riserva e speciali” del ministero dell’Economia. Tra le altre novità il fatto che i pagamenti verso la pubblica amministrazione, come bollette e multe, potranno avvenire anche ricorrendo al credito telefonico (ricaricabili o abbonamenti) purché si tratti di micro-somme (presumibilmente sotto 50 euro). Il versamento potrà quindi essere eseguito con un sms. Via libera, infine, all’introduzione in Italia del Freedom of information act (Foia): a tutti i cittadini dovrà essere garantito accesso agli archivi della Pubblica amministrazione con una maggiore libertà e facilità, anche tramite internet. Esclusi però i documenti segretati o per i quali è vietata la divulgazione.