Nel 2016 via la tassa sulla prima casa, nel 2017 intervento su Ires e Irap e nel 2018 sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni. L’annuncio di Matteo Renzi all’assemblea del Partito democratico è arrivato dopo quasi un’ora di intervento su Europa, problemi interni e risultati del governo che sarebbero oscurati da un “disfattismo cosmico”. Mentre i sondaggi danno i democratici in perdita costante da alcune settimane, il presidente del Consiglio ha ribadito che il partito è in buona salute (“Noi in crisi? Chi lo dice è per il caldo“), ma al tempo stesso ha annunciato l’intervento sulle imposte. “Il Pd”, ha detto il segretario, “non è più il partito delle tasse, ma il partito che le tasse le riduce davvero. Se faremo le riforme nel 2016 elimineremo noi, perché gli altri hanno fatto la finta, la tassa sulla prima casa, l’Imu agricola e sugli imbullonati. Nel 2017 ci sarà un intervento Ires e Irap e nel 2018 interventi sugli scaglioni Irpef e sulle pensioni: è una riduzione senza precedenti, una rivoluzione copernicana”.
Un mutamento radicale su di un argomento da sempre considerato “tabù” a sinistra: “Per anni il tema delle tasse è stato usato ideologicamente. E siccome quello degli annunci sulla riduzione delle tasse era appannaggio di Berlusconi sembra che solo parlarne sia una cosa di destra”. Il pacchetto sarà ad alcune condizioni: “Se siamo nelle condizioni di far calare la curva del debito, con un po’ meno intensità rispetto a quella che vorrebbe il fiscal compact, e spendiamo 20 miliardi in investimenti su progetti utili e fermi da anni, se facciamo le riforme potremmo intervenire con una sforbiciata. Sul debito però niente colpi a sorpresa: rispettare i parametri di Maastricht non è un obbligo culturale, ma la storia della sinistra quando ha governato l’Ulivo è stata una storia di rigore. Io non voglio allontanarmi: rispetteremo il vincolo del 3 per cento”.
Nel lungo elenco di annunci anche i diritti civili che “saranno legge entro l’anno” (per questo il deputato Ivan Scalfarotto ha sospeso lo sciopero della fame) e la riforma del Senato che dovrà avere il via libera di Palazzo Madama entro settembre. Infine l’approvazione finale della riforma della Pubblica amministrazione prevista per il 7 agosto. Nel corso dell’assemblea sono state anche votate alcune modifiche allo statuto richieste per poter accedere agli ultimi finanziamenti pubblici prima dello stop previsto nel 2017. Le modifiche disciplinano la presenza delle minoranze negli organi collegiali non esecutivi, la promozione della parità dei sessi, i casi di scioglimento, chiusura e sospensione delle articolazioni territoriali e misure disciplinari e procedure di ricorso. I delegati hanno anche approvato la modifica in cui si prevede la possibilità del segretario di revocare gli organi locali “in casi di necessità e urgenza, di gravi e ripetute violazioni delle norme dello Statuto, del Codice etico o dei Regolamenti”.
Renzi ha poi parlato rivolto a quella che chiama “la tribù dei musi lunghi” che sarebbe responsabile di un “disfattismo cosmico” che oscura i buoni risultati del governo. “Diciassette regioni su 20, il partito più votato dal 1958 a oggi e tra i più votati in Europa”, sono i numeri elencati dal leader Pd, “abbiamo fatto ripartire il Paese grazie alle riforme, ma ora serve un salto di qualità”. Tre i nemici secondo il leader: “Il populismo 5 Stelle, la destra becera di Salvini e la sinistra radicale”, da non sottovalutare, ma di cui “non avere paura”. Di sicuro però per il presidente del Consiglio la soluzione non è “spostare la sinistra un po’ più in là” perché così si “perde ovunque in tutto il mondo”.
In sala oltre mille delegati, sullo sfondo una serie di paesaggi e la scritta “Bella Italia”. Assenti (anche se già annunciati) il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. “Io penso che sia inaccettabile il messaggio ‘va tutto bene madama la marchesa’”, ha continuato. “Occorre affrontare i problemi, ma partendo dai fatti. Vorrei ricordarvi che c’è stato un periodo in cui perdevamo di più”. Il segretario Pd ha rivendicato “i buoni risultati” delle riforme a livello economico per la crescita del Paese. “La politica”, ha detto Renzi, “sembrava imbambolata e ferma, sembrava impossibile che riuscisse a mostrare il volto della decisione e invece in sette mesi abbiamo deciso perché la politica che non decide non fa il suo mestiere. Quello che abbiamo fatto in un arco di tempo abbastanza limitato, in sette mesi, è degno di onore e orgoglio perché ha consentito al Paese di ripartire. I numeri sono oscurati dalla grancassa del disfattismo cosmico“.
L’ultima assemblea del partito era stata poco prima dell’elezione del presidente della Repubblica, su cui Renzi è tornato per rivendicare “un successo di tutti i democratici” e il non accordo con il leader di Forza Italia: “Se per eleggere Sergio Mattarella qualche forza ha inteso venire meno ai propri accordi sulle riforme sappia che rifaremmo una, dieci, cento volte la stessa scelta. Credevamo al patto del Nazareno per quel che c’era dentro non per quello che qualche vecchia gloria del fantasy della politica aveva immaginato potevamo inserirci. Non avremmo mai consentito a Berlusconi di fare il king maker. Il tempo è galantuomo”.
Il presidente del Consiglio ha poi parlato del ruolo dell’Italia in Europa in un momento in cui la crisi della Grecia ha messo in discussione ruolo e dinamiche dell’Ue. “Per troppo tempo abbiamo raccontato troppe falsità sul rapporto Italia-Europa“, ha dichiarato rispondendo alle tante critiche sulla posizione marginale svolta nelle trattative dei giorni scorsi a Bruxelles. “Siamo fra i contribuenti più forti dopo Germania e Francia. Noi siamo una colonna portante dell’Europa non lo zimbello. L’Italia è debole solo nel racconto auto flagellante di se stessa, rovinata da chi grida ‘mafia, mafia’ mentre il presidente del Consiglio parla alle istituzioni Ue come i 5 Stelle. E’ arrivato però il momento di dire parole di chiarezza definitive anche su questo argomento. Ma dobbiamo dire che così quest’Europa non va. Abbiamo bisogno di portare ideali e valori dove si ragiona solo di criteri e di vincoli”.
Renzi nel corso del suo intervento ha chiesto anche un tavolo comune con le opposizioni per affrontare il problema del terrorismo internazionale. E ha lanciato un appello sul tema immigrazione. “Discutiamo di tutto”, ha detto, “ma restiamo umani di fronte a un dolore che ha diritto alla dignità. Se una bambina muore non permettiamo che per un punto nei sondaggi si rinunci a essere persone umane”. Sulla gestione dei flussi migratori “c’è da fare di più e meglio, c’è bisogno di una risposta politica: non è pensabile passare dall’ok al buonismo all’ok a casa loro in un derby ideologico assurdo”.