Via tutti i deputati di Forza Italia e via soprattutto il parlamentare ai domiciliari Giancarlo Galan e l’inquisito Carlo Sarro. Via anche l’imputata Ilaria Capua (Sc), l’indagato Pierpaolo Vargiu (Pd) e il condannato per diffamazione Daniele Capezzone (Fi). Ma entrano il condannato per abuso d’ufficio Antonino Minardo (Ncd) e l’imputato Giancarlo Giordano (Sel). Resta infine l’indagato Paolo Tancredi (Ncd). Il rimpasto di presidenti e vice delle Commissioni di Montecitorio cambia gli equilibri in Parlamento: la maggioranza ha infatti sostituito tutte le poltrone rimaste in mano ai berlusconiani dopo che Fi è passata all’opposizione. Da regolamento è possibile intervenire con le rimozioni dopo due anni, mentre al Senato bisogna aspettare due anni e mezzo: fino a questo momento tra Palazzo Madama e Camera 1 su 10 tra presidenti e vice era condannato o indagato.
C’è la sostituzione dopo mesi di polemiche di Galan: il presidente della commissione Cultura ai domiciliari per l’inchiesta sul Mose (ha patteggiato la pena a 2 anni e 10 mesi) ha continuato a tenere occupata la poltrona nonostante le richieste da più parti perché facesse un passo indietro. La stessa Laura Boldrini aveva dichiarato: “Pensavo che un uomo con il senso delle istituzioni si sarebbe dimesso”. Al suo posto entra Flavia Piccoli Nardelli, deputata piemontese del Pd. Sostituita anche la vice presidente di Scelta Civica Ilaria Capua (per lei era stato chiesto il processo a marzo 2015: è accusata di associazione per delinquere finalizzata al traffico di virus). Al posto dell’imputata, un altro imputato: eletto vice infatti è, oltre a Bruno Molea (Sc), il deputato di Sel Giancarlo Giordano per cui la procura di Avellino ha chiesto il rinvio a giudizio insieme ad altre 29 persone per il caso Iscochimica.
Tra le teste che saltano anche quella di Carlo Sarro: avvocato e amico di Cosentino, è indagato per turbativa d’asta e destinatario di una richiesta d’arresto da parte della Dda di Napoli. Fino a oggi era vicepresidente della commissione Giustizia: ora lascia il suo posto a Franco Vazio (Pd), mentre è stata riconfermata la presidente democratica Donatella Ferranti. Per due inquisiti che escono però, c’è un condannato che entra. Il deputato Antonino Minardo di Ap è il nuovo vice alle Attività produttive: condannato nel 2011 dal gup di Messina per abuso d’ufficio per la nomina di un direttore generale senza selezione quando era presidente del Consorzio autostrade siciliane. Resta fisso al suo posto di vice alle Politiche Ue Paolo Tancredi: è indagato per la rifiuttopoli abruzzese.
Resta fuori dagli accordi il Movimento 5 Stelle: “Tutte le cariche spartite secondo il manuale Cencelli”, scrive su Twitter il deputato Emanuele Cozzolino, “tutti coinvolti tranne noi”. Non sono infatti riconfermati nel loro ruolo quasi tutti i 5 Stelle che ricoprivano una delle due cariche di vice. Si salvano solo Alfonso Bonafede e Chiara Gagnarli, vice in commissione Giustizia e Agricoltura. Rieletti gli ex M5S Walter Rizzetto e Massimo Artini. Ai grillini ribatte Arturo Scotto, capogruppo di Sel: “Il Movimento per scelta ha rifiutato sistematicamente il confronto con le altre forze di opposizione, confondendo le funzioni di garanzia con le bandierine di partito. A inizio legislatura hanno calpestato le altre opposizioni e con il voto di oggi si è ristabilito un equilibrio democratico”. La maggioranza infatti di solito si prende il presidente di ciascuna Commissione, nonché uno dei due vicepresidenti e uno dei due segretari; all’opposizione va il secondo vice e il secondo segretario. Però se i partiti di opposizione non si accordano tra loro, il più grande diventa asso pigliatutto. E’ quanto avvenuto ad esempio a inizio legislatura con i 5 stelle che si sono presi tutte le poltrone delle opposizioni, lasciando a bocca asciutta Sel, Lega e Fdi. Fi all’inizio della legislatura stava nella maggioranza e aveva ottenuto 5 presidenze e 7 vicepresidenti.
In generale a Montecitorio sono stati riconfermati i 10 esponenti della maggioranza, compresi i nomi della minoranza Pd (Guglielmo Epifani alle Attività produttive, Francesco Boccia al Bilancio e Cesare Damiano al Lavoro). Saltano invece le quattro presidenze detenute dai berlusconiani. Alle Finanze va Maurizio Bernardo, di Area popolare, che prende il posto di Daniele Capezzone (già condannato per diffamazione nel 2010). Bernardo, ex berlusconiano poi al seguito di Alfano, è stato indagato per traffico illecito di rifiuti quando era assessore regionale in Lombardia e poi prosciolto nel 2007. E’ noto per il “lodo Bernardo”, ovvero un cavillo al ddl anticrisi del 2009 che ha limitato l’azione della Corte dei Conti per danno erariale nei confronti di funzionari pubblici infedeli. L’intervento era legato al timore che l’ex Cavaliere potesse essere citato per il danno d’immagine per le feste ad Arcore.
Cambi di peso anche alla presidenza della Affari costituzionali: al posto di Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, non va un esponente democratico (si era parlato di Emanuele Fiano), ma l’avvocato Andrea Mazziotti di Scelta civica. Il vicepresidente in quota M5s, Danilo Toninelli, è stato invece sostituito dal deputato leghista Cristian Invernizzi. Confermata vice la deputata Pd Roberta Agostini.
Il Pd perde poi la guida della Affari sociali, ora appannaggio di Pierpaolo Vargiu già indagato per le spese pazze in Sardegna. Lo sostituisce Mario Marazziti, di Per l’Italia. Alla Difesa, dove fino all’ultimo Elio Vito aveva sperato in una riconferma in nome di un approccio bipartisan ai temi di competenza della commissione a cominciare dalla vicenda Marò, il democratico Francesco Garofani (molto vicino anche al presidente della Repubblica Mattarella) ha avuto la meglio sui colleghi di partito Gian Piero Scanu e Rosa Villecco Calipari. Questi invece i presidenti confermati: Fabrizio Cicchitto (Ap) alla commissione Affari esteri, Michele Meta alla commissione Trasporti, Luca Sani all’Agricoltura, Ermete Realacci all’Ambiente, Michele Bordo alle Politiche dell’Unione europea.