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Matrimoni gay, Francesca Vecchioni: “In Italia continuano a rendere complicata una cosa semplice: uguali diritti e uguali tutele. Anche per i figli”

Dopo le diffidenze iniziali, la figlia del cantautore milanese si è imposta grazie a un impegno costante nella lotta per i diritti LGBT attraverso il DiversityLab, fondato nel 2013, e anche grazie al successo del suo libro "T'innamorerai senza pensare" (Mondadori). E anche adesso, mentre da Strasburgo arriva una presa di posizione chiarissima nei confronti dell'Italia sul tema dei diritti, Francesca continua a credere che le cose siano molto più semplici di quanto si pensi

di Domenico Naso

Quando, qualche anno fa, Francesca Vecchioni aveva deciso di rendere pubblico il proprio orientamento sessuale, l’atteggiamento dell’opinione pubblica era stato un po’ freddo e molti la trattavano come la “figlia di…” che racconta i fatti propri (il papà è Roberto Vecchioni, uno dei più grandi cantautori della musica italiana). Col passare del tempo, però, Francesca si è imposta grazie a un impegno costante nella lotta per i diritti LGBT attraverso il DiversityLab, fondato nel 2013, e anche grazie al successo del suo libro “T’innamorerai senza pensare” (Mondadori). E anche, mentre da Strasburgo arriva una presa di posizione chiarissima nei confronti dell’Italia sul tema dei diritti gay, Francesca Vecchioni continua a credere che le cose siano molto più semplici di quanto si pensi.

La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia perché “la tutela legale attualmente disponibile per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di due persone impegnate in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”. Cambierà qualcosa nel breve periodo?
Le cose cambieranno quando davvero ci saranno diritti e tutele uguali. Anche ritenere che basti una specie di predellino sull’autobus, un diritto minore rispetto a un diritto maggiore, è sbagliato. Nel mio caso, per esempio, i miei figli non sono tutelati nel momento in cui non esiste un diritto pieno come quello che potrebbe garantire il matrimonio egualitario. Noi siamo gli ultimi, ma credo che qualcosa stia già cambiando.

Anche perché si tratta di prendere atto di un fenomeno già in atto, no?
Stiamo parlando di fatti, di cose che esistono, di persone, in questo caso tre coppie omosessuali che hanno fatto ricorso. Non è che perché si fa una legge, allora si creano i gay. È il contrario: i gay esistono già, sono uguali a tutti gli altri e hanno bisogno dello stesso rispetto di cui godono gli altri.

Proprio in queste settimana in Parlamento si sta discutendo il ddl Cirinnà sulle unioni civili. Tra emendamenti e ostruzionismo sembra che il tutto sia slittato a dopo l’estate. Che legge è? Risponde alle esigenze delle coppie gay?
Se io fossi eterosessuale e avessi parenti o amici omosessuali, mi vergognerei tantissimo di vedere che qualcuno sta ancora tentando di spaccare il capello quando le cose invece sono semplicissime. Abbiamo tutti lo stesso diritto di condurre una vita familiare garantita e tutelata: chi sta discutendo il ddl in Parlamento si dimentica di questo. Non ha senso che si discuta qualcosa che è un fatto indiscutibile. L’amore è uguale. Le persone che sono in Parlamento dovranno pur averla un po’ di sensibilità… Come se nessuno avesse amici, parenti, figli omosessuali e non capisse questa cosa.

Con una legge decente la tua esperienza di madre sarebbe diversa?
Il problema fondamentale è che i bambini in questo caso sono i meno tutelati. Quando si fa un compromesso al ribasso, chi ci rimette sono proprio loro. E quelli che dicono di voler difendere i bambini, sono quelli che in questo caso non li stanno tutelando affatto. Avallare una legge che dia meno diritti rispetto a qualcun altro è il contrario di una piena tutela. I figli di coppie omosessuali esistono, non è una cosa strana. È una cosa naturale e normalissima.

Negli ultimi anni ti sei esposta molto sul tema. Credi che il coming out dei “personaggi pubblici” possa essere utile?
Il coming out è utile innanzitutto a se stessi, perché permette di essere se stessi pienamente e di fronte agli altri e questo indipendentemente dal fatto di essere un personaggio pubblico o meno. E poi serve a non allontanare le persone che amiamo. Parlarne con i propri genitori, ad esempio, è l’esatto contrario di quel che si pensa: vuol dire non perderli, perché riuscirai a parlare dei tuoi sentimenti. Altrimenti finisci per allontanarti, perché non hai la libertà di parlare dei tuoi amori, delle tue ansie, delle tue gioie e dei tuoi dolori. L’esposizione è sempre difficile, anche perché l’omofobia e lo stigma sociale sono i veri problemi. Ma chi riesce a esporsi si sente meglio con se stesso e può dimostrare la grande normalità di questa cosa. E ci si assume anche la responsabilità di fare da modello, da esempio, per far capire che si può vivere una vita felice anche da omosessuali o da bisessuali. Di sicuro, quando non si fa coming out si vive una vita peggiore.

Siamo l’unico paese dell’Europa occidentale a non avere una legge sulle unioni gay. Ti sei mai data una risposta sul perché di questa differenza imbarazzante tra l’Italia e il resto dell’Europa? Qual è il problema?
Non credo esista un problema unico ma una stratificazione di ragioni. E soprattutto ci stiamo complicando la vita per niente e ci stiamo dimenticando degli altri. Peraltro dovrebbe essere un atteggiamento molto cristiano: ricordarsi che gli altri sono come noi, mettersi nei panni dell’altro. Se non ce lo ha insegnato Gesù, chi ce lo ha insegnato? È un ragionamento che gli irlandesi hanno espresso con il recente referendum , proprio perché il loro voto è spinto anche da un sentimento cattolico. I nostri legislatori dovrebbero smettere di rendere difficile qualcosa che invece è semplicissima.

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