Manette ai giornalisti di Report. Ma anche a quelli di Piazza Pulita, Ballarò, Annozero, Le Iene e Striscia la notizia e a tutti i cronisti investigativi che per raccogliere prove per le inchieste usano telecamere o registratori nascosti. “A meno che non costituiscano prova nell’ambito di un procedimento davanti all’autorità giudiziaria”. A provocare l’ennesimo imbarazzo all’interno della maggioranza di governo in tema di giustizia è un emendamento approvato in commissione alla Camera in un blitz notturno al disegno di legge sulla riforma del processo penale. A firmarlo è stato Alessandro Pagano, deputato del Nuovo Centrodestra, partito che ha oltre un terzo dei componenti indagato o imputato. “E’ una porcata a danno della libera informazione – protestano i Cinque Stelle – Se Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, Renzi va ben oltre: questa è un’epurazione di massa”.
Il Partito democratico dopo alcune ore di silenzio ha pian piano aggiustato il tiro promettendo modifiche nel prosieguo dell’iter. In un primo momento si è detto perplesso il ministro della Giustizia Andrea Orlando: “Ho riserve di carattere generale – ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it – sulle sanzioni ho delle perplessità, delle riserve e c’è una riflessione da fare”. Poi si era aggiunta la relatrice del testo e presidente della commissione Giustizia Donatella Ferranti: “La ratio di queste norme è la tutela dei privati, nessuno vuole mettere il bavaglio ai giornalisti. Come relatore sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarire la norma”. Infine ha messo il timbro il responsabile Giustizia David Ermini che ha annunciato un emendamento per escludere i “professionisti” dalle norme del disegno di legge. “Per essere ancora più chiari e togliere di mezzo qualunque allarmismo e strumentalizzazione e infondati argomenti di accusa – dice – presenteremo in aula un emendamento per escludere esplicitamente dalla norma l’esercizio legittimo di attività professionali”. “Questo concetto è già presente nel testo approvato, perché è evidente che la frode non è compatibile con l’esercizio di una attività professionale svolta in modo legittimo, ma con l’emendamento contiamo di mettere a tacere inutili polemiche su un provvedimento di grande rilevanza per il processo penale nel nostro paese”.
I casi a rischio. Il provvedimento va a colpire direttamente la pubblicazione di materiale raccolto all’insaputa dell’interlocutore e dunque potrebbe interessare molte delle inchieste giornalistiche che non diventano necessariamente prova in un processo penale. Ad esempio i servizi con telecamera nascosta per vedere lo stato dei cantieri di Expo 2015 a pochi giorni dall’inaugurazione, il viaggio dei migranti al confine per lasciare l’Italia oppure le denunce dei “pianisti” in Parlamento grazie a video “rubati”. Non sarebbe più possibile nemmeno la pubblicazione delle immagini del lobbista che si incontra con i deputati a Montecitorio, diffuso ai tempi dal Movimento 5 Stelle e ripreso da vari giornali. Nel mirino però ci potrebbero essere non solo i reportage su scandali o corruzione, ma anche i servizi di tipo politico. E qui la lista si fa lunga: il famoso “fuorionda” dell’intervista di Gaetano Pecoraro su La7 all’ex M5S Giovanni Favia; gli “sfoghi” di Roberto Formigoni in aeroporto mentre litiga con il personale; il video di Antonio Razzi mandato in onda su La7 (“Gli intoccabili”) che dice: “Per dieci giorni mi fottevano la pensione”.
Il testo dell’emendamento. Ecco la modifica al testo approvata in commissione: “Prevedere”, si legge nell’emendamento a firma Alessandro Pagano (Ncd), “che chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. La punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell’ambito di un procedimento dinnanzi all’autorità giudiziaria o siano utilizzate nell’ambito di esercizio del diritto di difesa”.
La stretta sulle intercettazioni. Il governo nelle scorse ore ha deciso di accelerare sul provvedimento che prevede anche la delega all’esecutivo per la revisione della normativa sulla pubblicazione delle intercettazioni: il testo sarà in Aula già da lunedì 27 luglio. Una scelta che arriva pochi giorni dopo la pubblicazione de L’Espresso della presunta intercettazione tra il governatore siciliano Rosario Crocetta e il medico Matteo Tutino. E dopo la pubblicazione sul Fatto Quotidiano del dialogo tra Matteo Renzi e il generale Adinolfi nei giorni prima della sfiducia a Enrico Letta. La stretta alla diffusione delle intercettazioni che riguardano “terzi” è nell’agenda dell’esecutivo da tempo, ma proprio gli ultimi eventi avrebbero spinto il leader Pd a chiedere un passo in più. In commissione i grillini hanno cercato di rallentare i lavori per impedire l’arrivo del provvedimento in Aula: si sono presentati in 50 e hanno chiesto di intervenire per fare ostruzionismo.
E’ stato bocciato l’emendamento della Lega Nord, votato anche dal M5S, che chiedeva la soppressione di una parte della norma sulle intercettazioni. Dopo molti interventi dei deputati 5 Stelle, la presidente Donatella Ferranti (Pd) ha posto in votazione la proposta provocando le lamentele delle opposizioni. La richiesta di modifica è stata respinta tra le urla e le proteste del Movimento che ha poi chiesto di replicare la votazione.
Nel testo che esce dalla commissione e che arriverà in Aula, la formulazione è vaga e si delega al governo l’intervento in materia. “Si prevede”, recita il ddl, “una revisione della disciplina delle intercettazioni telefoniche o telematiche” che possa assicurare una maggiore tutela dei diritti alla riservatezza dei “terzi estranei“, dei “soggetti soltanto casualmente intercettati” e delle conversazioni “del tutto estranee all’oggetto dell’accertamento e quindi del tutto irrilevanti”.
La difesa del provvedimento. “Niente più abusi”, ha dichiarato Pagano, “con le intercettazioni e rispetto della privacy, non ci sarà alcun bavaglio per la stampa e sarà pienamente garantito il diritto alle indagini dei giudici. E’ un testo equilibrato e bilanciato, risultato di un confronto positivo tra le diverse forze di maggioranza su un tema che dieci anni fa era un tabù e che oggi può arrivare a una svolta di buon senso, a garanzia di tutte quelle persone che senza motivo da un giorno all’altro si trovano sottoposte alla gogna mediatica“.