Prima il governo greco ha attribuito il ritardo a “questioni procedurali“. Poi sono stati evocati “problemi logistici“. Ma alla fine un funzionario della Commissione europea ha dovuto ammettere che il nodo da risolvere era quello della “sicurezza“. Venerdì i tre rappresentanti di Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale e non hanno potuto prendere alloggio ad Atene, dove erano attesi insieme a un funzionario del fondo salva Stati Esm per l’avvio dei negoziati tecnici sul terzo programma di salvataggio da 86 miliardi di euro, perché la loro incolumità è a rischio. A poco è servito che l’ex ministro Yanis Varoufakis sia riuscito a mandare in soffitta la locuzione “troika“, sostituita da “istituzioni” o “Brussels group”. Per i greci, troika era e troika resta. Sinonimo di austerità, tagli, umiliazioni. E non vogliono rivederla sul suolo ellenico. Tutto congelato, dunque, in attesa che il governo di Alexis Tsipras individui un luogo adatto per i colloqui. L’arrivo dei tre funzionari è rinviato ai “prossimi giorni”, fanno sapere da Bruxelles.
Un ulteriore problema per Tsipras, che mercoledì notte ha incassato il via libera del Parlamento al secondo pacchetto di misure imposte dai creditori in cambio del via libera al nuovo piano di aiuti. Il piano, di fatto, è ancora tutto da discutere e bisogna fare in fretta. La prossima data segnata in rosso sul calendario del premier è il 20 agosto. Quando Atene deve rimborsare alla Bce altri 3,2 miliardi di euro. Perché sia in grado di farlo, è indispensabile che entro quel giorno sia raggiunto un accordo definitivo con l’Esm. In caso contrario occorrerebbe un secondo prestito ponte, dopo quello da 7,1 miliardi già utilizzato per il 95% per rimborsare prestiti scaduti. Resta dunque meno di un mese per concludere negoziati tecnici che si preannunciano complicatissimi, visto che le stesse istituzioni sono in disaccordo sul punto cruciale della rinegoziazione del debito ellenico. Ogni giorno conta. Ma Tsipras non può non fare i conti con la rabbia dei connazionali nei confronti delle istituzioni che hanno firmato i famigerati memorandum ritenuti responsabili della crisi umanitaria in cui è precipitato il Paese, con la disoccupazione al 23% e un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà.
Intanto, le banche sono state riaperte ma restano in vigore i controlli ai movimenti di capitali e la borsa di Atene rimane chiusa. Con il rischio, secondo Bloomberg, che la società Ftse la escluda dai panieri azionari mondiali declassandola al livello dei listini dello Zimbabwe o del Botswana. Msci ha già annunciato il rischio di un downgrade da ‘mercato emergente’ a ‘mercato standalone’, come Giamaica, Ghana o, ancora, Zimbabwe.In settimana fonti del governo greco hanno fatto sapere che per il riavvio delle negoziazioni bisognerà attendere almeno la prossima settimana, dopo il via libera sia del ministero delle Finanze sia della Bce.
L’economia reale ovviamente continua a soffrire a causa dei controlli sui capitali. La Fondazione per la ricerca economica e industriale prevede che quest’anno il Pil calerà del 2,5% e i senza lavoro torneranno ad aumentare. E l’Associazione delle imprese alimentari elleniche (Seet) ha lanciato un allarme sulla possibile penuria di cibo nel mese di agosto, se le domande di autorizzazione all’invio di soldi all’estero per pagare i fornitori continueranno ad essere elaborate con l’attuale lentezza. Secondo la Seet, fino a ieri soltanto il 7% delle richieste era stato approvato. Prime vittime, riporta Kathimerini, potrebbero essere gli hotel, visto che la maggior parte non dispone delle infrastrutture necessarie per immagazzinare grandi quantità di alimentari. Il governatore della Banca di Grecia, Yannis Stournaras, ha provato a gettare acqua sul fuoco sostenendo, al termine di un incontro con rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro e dell’industria, che “la situazione economica con i controlli sui capitali sta procedendo in maniera soddisfacente ed entro i prossimi 10 giorni avremo risolto tutti i problemi”.