L’accusa: una riunione organizzata dal vice-ministro Claudio De Vincenti per mostrare uno studio dell’Istituto Superiore della Sanità che “invalida” la perizia dei pm. Quella che parla di 440 morti per la centrale di Vado. Governatori, sindaci, sindacati, perfino vescovi. I manager Sorgenia e Tirreno Power le provano tutte. Ma il loro asso nella manica, secondo i pm, è De Vincenti (ci sono anche passaggi sul ministro Federica Guidi, nessuno dei due è indagato).
I magistrati savonesi avevano chiesto di registrare i suoi colloqui: “In un ristorante di Roma verrà organizzato un incontro tra” i vertici Cir-Sorgenia “Andrea Mangoni, Francesco Claudio Dini e De Vincenti…”, si richiede la registrazione del “colloquio che lascia ben presupporre l’organizzazione di attività corruttiva”. Ma il gip boccia la richiesta.
Pranzi, telefonate, sms e mail. Il vice di Renzi è in stretto contatto con la società. Il passaggio più scomodo: “Claudio (De Vincenti) ha fissato una riunione con il ministero della Salute e quello dell’Ambiente… per fare in modo, insomma, il ministero della Salute dica che c’è questo studio dell’Istituto Superiore della Sanità che… diciamo così… fortemente critico verso le perizie e le invalida… e che a quel punto auspicabilmente il ministero dell’Ambiente ne tenga conto”.
Per i pm la politica a livello locale (con pressioni sull’Istituto Tumori) e a livello nazionale (Istituto Superiore della Sanità) mira a minimizzare i dati tragici della perizia. A parlare, il 14 luglio scorso, è Andrea Mangoni, all’epoca ad di Sorgenia e nel cda di Tirreno Power. Un manager vicino al centrosinistra che lo sostenne ai vertici Acea e Fincantieri. All’altro capo del filo Francesco Claudio Dini, direttore Affari Generali del gruppo Cir e oggi nei cda Ansa ed Espresso. Entrambi sono indagati. Il 28 luglio ancora Mangoni cita una mail di De Vincenti che parlerebbe di “spunti per velocizzare…”. Il vice-ministro si riferiva alla centrale?
A luglio 2014 Mangoni parla con De Vincenti di Tirreno Power, ma non vuole usare il telefono. Perché? “Vorrei parlartene a quattr’occhi, non per questa via”. Il 4 agosto c’è un incontro e Mangoni alla sua collaboratrice racconta di un documento da inviare: De Vincenti “suggeriva indirizzari ancora più impegnativi… tipo Renzi, Del Rio“. L’incontro, soprattutto sulla questione del mercato elettrico, è “molto virile” (parole di Mangoni). Il manager smorza in un sms: “Abbiamo idee diverse, ma da quando sei arrivato tu le politiche sono decisamente cambiate (in meglio)”. De Vincenti: “Confido nella tua amicizia cui tengo moltissimo”.
Colloqui frequenti, come quello in cui Mangoni arriva a parlare in prima persona del Pd: “A noi ci viene da lì… a livello istituzionale ma anche parlamentare di collegi… intendo dire nostre… di Pd una richiesta di avere un segnale da parte del Governo”. Il manager pare chiedere a De Vincenti di tenere calmi i politici liguri. Il vice-ministro risponde: “Fammi sentire Claudio Burlando (governatore della Liguria, Pd, ndr)… tieni conto che come spesso fanno i parlamentari devono mettersi in mostra… devo evitare di dare l’impressione di ingerenza”.
Burlando (indagato con tutta la sua giunta) riferisce a una collaboratrice: “Mi ha chiamato De Vincenti dice di convocare una riunione”. Il 14 ottobre Mangoni parla con Massimiliano Salvi (Tirreno Power): De Vincenti “mi ha detto… per noi sarebbe di importanza capitale, per potervi dare tutto l’appoggio necessario, far sopravvivere i gruppi a gas”.
Ma c’è anche un passaggio sul ministro Guidi e sull’ex collega Corrado Clini: “Dini riferisce che la Guidi e Clini sarebbero d’accordo per la soluzione proposta dall’azienda”. La stessa Guidi che incontrò Paola Severino, ex ministro e legale Tirreno Power. Ma i vertici della società si incontrano anche con pezzi grossi dei sindacati con cui concordano la strategia. E addirittura la moglie di Pasquale D’Elia, uno dei responsabili della centrale di Vado, parla con una suora e chiede un appuntamento con il vescovo.
da Il Fatto Quotidiano del 23 luglio 2015