Una “cellula segreta” capeggiata da un noto economista statunitense e incaricata di introdursi nei sistemi informatici dell’amministrazione fiscale del Paese per impossessarsi dei dati sugli account fiscali dei cittadini. E creare un “sistema ombra” che permettesse, con un solo clic, di convertire gli euro in una valuta virtuale. Sembra la trama di un film d’azione, invece è il “piano B” che l’ex ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis ha rivelato di aver architettato durante i suoi sei mesi di mandato con l’aiuto del collega James Galbraith e il benestare del premier Alexis Tsipras. L’obiettivo era preparare il Paese all’eventuale passaggio a un sistema di liquidità parallelo, propedeutico, se necessario, al ritorno alla dracma. Una via di uscita da sfruttare in caso di fallimento delle trattative con i creditori e congelamento della liquidità concessa alle banche da parte della Banca centrale europea. Varoufakis, che si è dimesso il giorno dopo il referendum sul piano di riforme e ora sta organizzando il suo movimento politico Alleanza europea, lo ha raccontato il 16 luglio nel corso di una lunga conference call con un gruppo di investitori della City di Londra. E l’audio, pubblicato con il consenso dello stesso ex ministro sul sito dell’Official monetary and financial institutions forum e ripreso da Kathimerini, ha scatenato un terremoto politico, con un gruppo di parlamentari di centrodestra che chiede a Tsipras di riferire in Parlamento e avviare un’investigazione sul piano.
Ma Varoufakis, nella registrazione, dice che il leader di Syriza al corrente di tutto: “Il primo ministro, prima di diventare primo ministro e prima di vincere le elezioni a gennaio, mi ha dato il via libera per redigere un piano B”, afferma l’economista. A quel punto “ho riunito un pool molto capace, ristretto, perché per ovvi motivi doveva agire nella massima segretezza“. Pool capeggiato dall’economista Galbraith, che di Varoufakis è amico (per anni hanno insegnato entrambi all’università di Austin, in Texas) ed è ritenuto tra i papabili per entrare nella futura squadra con cui Varoufakis che potrebbe presentarsi alle prossime elezioni. Del gruppetto faceva parte, secondo quanto ricostruito dal Telegraph, anche un esperto di nuove tecnologie della Columbia university. Che con tecniche di “hackeraggio” è entrato nei sistemi di software del fisco ellenico – sotto il controllo dell’ex troika – per ottenere “tutti i dati e le informazioni relativi a ogni contribuente greco”.
Il sistema, che attraverso un pin avrebbe permesso di trasferire somme in un “formato digitale”, avrebbe poi potuto essere “esteso agli smartphone con un’app e sarebbe potuto diventare un funzionale meccanismo finanziario parallelo: al momento opportuno sarebbe stato convertito nella nuova dracma“. Ma per la fase due sarebbero servite mille persone e una nuova autorizzazione di Tsipras, che “non è mai arrivata”. Anzi, nonostante vittoria del no al referendum il premier è tornato a trattare con i creditori e ha accettato un accordo ancora peggiore di quello bocciato dagli elettori.
Varoufakis ha ammesso che le trascrizioni sono veritiere ma ha smentito via Twitter la ricostruzioni secondo cui il team aveva l’incarico di impadronirsi dei codici delle tasse dei cittadini greci. Galbraith ha invece confermato di aver “lavorato cinque mesi, dai primi di febbraio ai primi di luglio, a stretto contatto con Yanis Varoufakis, ed ero parte del gruppo di lavoro che ha elaborato a piani alternativi contro potenziali tentativi di asfissiare il governo greco, comprese le azioni aggressive per spingere il Paese ad abbandonare l’euro”.
Nea Dimokratia e altri partiti dell’opposizione greca hanno chiesto che Tsipras si presenti in Parlamento per riferire sul piano segreto, visto che l’operazione di hackeraggio se confermata compoterebbe “non solo una responsabilità politica ma anche penale”.