Diecimila firme “per chiedere al governo di rispettare gli impegni formulati nel giorno dell’anniversario dell’eccidio”. E’ la petizione lanciata su Avaaz dall’Associazione familiari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980, che a pochi giorni dal 35° anniversario della bomba alla stazione ferroviaria, 85 morti e oltre 200 feriti, si rivolge direttamente al presidente del Consiglio Matteo Renzi per chiedere l’introduzione del reato di depistaggio nel codice penale, la reale declassificazione delle carte sulle stragi da parte di ministeri e servizi segreti, e lo sblocco di risarcimenti e indennizzi. “Promesse fatte dal governo nei giorni delle commemorazioni – sottolinea Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione e deputato del Pd – ma mai mantenute”.
Il prossimo 2 agosto, infatti, le famiglie di chi morì nella strage saranno come sempre sul palco allestito nel piazzale della stazione di Bologna, assieme al presidente del Senato, Pietro Grasso, invitato dal sindaco Virginio Merola, per ricordare quella mattina di 35 anni fa, quando alle 10.25 un ordigno distrusse le strutture sovrastanti le sale d’aspetto di prima e seconda classe, dove erano collocati gli uffici della Cigar, e circa 30 metri di pensilina, travolgendo pure il treno Ancona–Chiasso in sosta al binario 1. Alle loro spalle, la mostra di Sonia Lenzi, “Avrei potuto essere io”, un monumento portatile di 85 fotografie quante furono le vittime della strage. Ma a conti fatti, spiega Bolognesi, “quella del governo è una storia di rinvii”.
Gli indennizzi e i risarcimenti, per esempio. La legge 206 a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi fu votata nel 2004, ma non venne mai completamente attuata. “Il 2 agosto 2013 – continua il presidente dell’associazione – il ministro Graziano Delrio ci assicurò che, entro settembre, tutto si sarebbe risolto. Non avvenne”. E la situazione non si sciolse nemmeno l’anno successivo, quando, sempre nei giorni della commemorazione delle vittime, fu il ministro del Lavoro Giuliano Poletti a promettere una risoluzione per mezzo della successiva legge di stabilità. A oggi, infatti, le risorse sono ancora bloccate dall’Inps, “e questo è il trattamento vergognoso contro il quale ci battiamo”.
Stesso discorso per quanto riguarda il reato di depistaggio. “Il 2 agosto 2013 il ministro Delrio ci assicurò che la legge avrebbe avuto una corsia preferenziale, ma di nuovo non accadde. E’ arrivata alla Camera solo nell’ottobre 2014, ma, passata al Senato per l’approvazione finale, non è stata ancora discussa. Visti i depistaggi che ancora oggi emergono nelle indagini in corso in molte parti d’Italia è chiaro l’interesse a bloccare una legge che mette in carcere i depistatori. Ma non intendiamo smettere di lottare”.
Poi c’è la direttiva Renzi sul segreto di Stato e sull’apertura degli archivi. “Nell’aprile 2014 – prosegue l’associazione – è stata definita un’operazione di verità. Ma se l’intenzione politica è buona, il comportamento degli apparati no. Infatti, gli stessi che fino ad oggi hanno tenuto ben chiuse le carte sulle stragi, sono quelli a cui la direttiva affida il compito di renderle pubbliche. Senza nessun controllo esterno, e senza che si conosca l’elenco dei documenti effettivamente presenti negli archivi”. Da qui, la petizione, che vorrebbe raccogliere 10.000 firme. “Noi non ci arrendiamo – precisa Bolognesi – chiediamo a tutti i cittadini di sostenerci nella nostra battaglia firmando questa petizione indirizzata al presidente del Consiglio, perché il governo rispetti le promesse fatte in questi anni ai familiari delle vittime”.