Reintroduzione della pena di morte per i reati legati al terrorismo e maggiori poteri alle forze dell’ordine che, tra le altre cose, potranno trattenere i sospettati in carcere per un massimo di 15 giorni senza che questi possano avvalersi della consulenza di un avvocato. Nel giorno della festa della Repubblica tunisina, il Parlamento approva quasi all’unanimità, con solo dieci astenuti, la nuova legge antiterrorismo promessa dal governo dopo l’attentato di Sousse. Una norma che inasprisce ulteriormente la legge del 2003, fino a oggi in vigore dai tempi del regime di Zine El-Abidine Ben Ali, che aveva portato già a oltre 1.200 mandati di cattura dall’inizio del 2014. Il presidente dell’Assemblea tunisina, Mohammed Ennaceur, parla di decisione “storica”, ma montano le polemiche di una parte della popolazione e delle organizzazioni per la salvaguardia dei diritti umani: “Le leggi per combattere il terrorismo – hanno scritto Human Rights Watch e Amnesty International in un comunicato congiunto – dovrebbero rispettare, non farsi beffe, dei diritti umani”. “In Tunisia vigeva una legge antiterrorismo risalente al 2003, ai tempi del regime di Ben Ali – dice a IlFattoQuotidiano.it Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi della Politica Internazionale ed esperto di Medio Oriente e Paesi arabi -, che permette alle autorità di effettuare arresti di massa, processi sommari e formulare accuse che, spesso, colpiscono persone innocenti”. Oggi, quella legge è stata ulteriormente rafforzata.
Pena di morte e interrogatori di 15 giorni, la nuova legge è più dura di quella del regime Ben Ali
Le principali novità introdotte da nuovo testo di legge riguardano le pene e i poteri delle forze dell’ordine. Dopo quasi 25 anni di moratoria, nonostante non fosse mai stata cancellata dall’ordinamento tunisino, viene reintrodotta la pena di morte per reati legati al terrorismo, mentre è previsto il carcere per chi fa propaganda in favore di movimenti terroristici o estremisti. Un cambiamento che preoccupa le oltre 1.200 persone accusate di terrorismo negli ultimi 18 mesi e che porterà anche lo Stato italiano a valutazioni riguardo alla richiesta di estradizione di Abdelmajid Touil, il 22enne di origini marocchine arrestato il 20 maggio e ancora in carcere con l’accusa di essere uno degli organizzatori dell’attentato al Museo del Bardo. Inoltre, la legge conferisce maggiori poteri alle forze dell’ordine al fine di contrastare più prontamente la piaga del terrorismo nel Paese con il più alto numero di foreign fighters e con un’area, quella al sud, al confine con la Libia, di fatto in mano a diversi gruppi jihadisti che lì controllano il territorio e addestrano nuovi combattenti. Le autorità, però, potranno anche continuare a compiere arresti di sospettati e trattenerli in carcere, senza poter consultare un avvocato, per un massimo di 15 giorni, contro i sei della legge del 2003.
Arresti di massa e processi farsa, ma i movimenti terroristici sono poco conosciuti
La politica del governo di Tunisi è semplice, spiega Gabriele Iacovino, responsabile analisti per il Centro di Studi Internazionali: se ci sono minimi sospetti su una possibile affiliazione a gruppi estremisti, nella maggior parte dei casi scatta l’arresto. È così che in manette sono finiti anche molti esponenti dei gruppi islamisti non radicali o semplici oppositori politici: “Di molti degli arrestati dopo l’attentato del Bardo – dice l’analista del Cesi – non si conosce ancora il gruppo di affiliazione, sempre che questo ci sia. Così, in carcere sono finiti spesso dei moderati”.
Tutto questo è permesso da una legge antiterrorismo che consente di perseguire con facilità chiunque si opponga a Tunisi. Legge che il governo non ha alcun interesse a modificare: “Il testo dà una definizione decisamente ‘larga’ di organizzazione terroristica – continua Torelli riguardo alla legge del 2003 – questa è la causa dei numerosi arresti di massa, processi sommari, prove false fornite dal governo e denunce per torture da parte della polizia di cui abbiamo sentito parlare negli ultimi anni. La cosiddetta legge sulla difesa della delle forze dell’ordine, poi, prevede il carcere per chiunque riporti informazioni su operazioni di polizia, compresi gli arresti, o offenda pubblicamente gli agenti. Con questi due testi, l’opposizione al governo può essere eliminata”.
Nonostante il pugno duro di Tunisi, il Paese rimane quello dal quale partono e si formano più foreign fighter, “una situazione dovuta alla grande disuguaglianza tra le diverse aree della Tunisia – spiega Iacovino – mentre nelle zone centrali, come la capitale o le città più importanti, la presenza e il ruolo svolto dalla polizia si fa sentire, seppur con tutti i limiti che abbiamo elencato, nelle aree rurali la presenza e i servizi offerti da gruppi jihadisti sono addirittura maggiori rispetto a quelli dello Stato. Questo fa sì che si creino delle sacche, soprattutto al sud del Paese e in alcune aree costiere, a forte presenza terroristica, con i gruppi che, di fatto, amministrano questi distretti”.
Twitter: @GianniRosini
Mondo
Tunisia, torna pena capitale per terroristi. “Inasprita legge del regime di Ben Ali”
L'Assemblea tunisina ha approvato un provvedimento che inasprisce la norma del 2003. Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi della Politica Internazionale: "Nel solo 2014 emessi circa 1.000 mandati di cattura. Le forze dell'ordine possono effettuare fermi di massa, processi sommari e formulare accuse che, spesso, colpiscono innocenti". "Di molte delle persone finite in carcere dopo l’attentato del 18 marzo – dice Gabriele Iacovino, analista del Cesi – non si conosce neppure il gruppo di affiliazione, sempre che questo ci sia"
Reintroduzione della pena di morte per i reati legati al terrorismo e maggiori poteri alle forze dell’ordine che, tra le altre cose, potranno trattenere i sospettati in carcere per un massimo di 15 giorni senza che questi possano avvalersi della consulenza di un avvocato. Nel giorno della festa della Repubblica tunisina, il Parlamento approva quasi all’unanimità, con solo dieci astenuti, la nuova legge antiterrorismo promessa dal governo dopo l’attentato di Sousse. Una norma che inasprisce ulteriormente la legge del 2003, fino a oggi in vigore dai tempi del regime di Zine El-Abidine Ben Ali, che aveva portato già a oltre 1.200 mandati di cattura dall’inizio del 2014. Il presidente dell’Assemblea tunisina, Mohammed Ennaceur, parla di decisione “storica”, ma montano le polemiche di una parte della popolazione e delle organizzazioni per la salvaguardia dei diritti umani: “Le leggi per combattere il terrorismo – hanno scritto Human Rights Watch e Amnesty International in un comunicato congiunto – dovrebbero rispettare, non farsi beffe, dei diritti umani”. “In Tunisia vigeva una legge antiterrorismo risalente al 2003, ai tempi del regime di Ben Ali – dice a IlFattoQuotidiano.it Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi della Politica Internazionale ed esperto di Medio Oriente e Paesi arabi -, che permette alle autorità di effettuare arresti di massa, processi sommari e formulare accuse che, spesso, colpiscono persone innocenti”. Oggi, quella legge è stata ulteriormente rafforzata.
Pena di morte e interrogatori di 15 giorni, la nuova legge è più dura di quella del regime Ben Ali
Le principali novità introdotte da nuovo testo di legge riguardano le pene e i poteri delle forze dell’ordine. Dopo quasi 25 anni di moratoria, nonostante non fosse mai stata cancellata dall’ordinamento tunisino, viene reintrodotta la pena di morte per reati legati al terrorismo, mentre è previsto il carcere per chi fa propaganda in favore di movimenti terroristici o estremisti. Un cambiamento che preoccupa le oltre 1.200 persone accusate di terrorismo negli ultimi 18 mesi e che porterà anche lo Stato italiano a valutazioni riguardo alla richiesta di estradizione di Abdelmajid Touil, il 22enne di origini marocchine arrestato il 20 maggio e ancora in carcere con l’accusa di essere uno degli organizzatori dell’attentato al Museo del Bardo. Inoltre, la legge conferisce maggiori poteri alle forze dell’ordine al fine di contrastare più prontamente la piaga del terrorismo nel Paese con il più alto numero di foreign fighters e con un’area, quella al sud, al confine con la Libia, di fatto in mano a diversi gruppi jihadisti che lì controllano il territorio e addestrano nuovi combattenti. Le autorità, però, potranno anche continuare a compiere arresti di sospettati e trattenerli in carcere, senza poter consultare un avvocato, per un massimo di 15 giorni, contro i sei della legge del 2003.
Arresti di massa e processi farsa, ma i movimenti terroristici sono poco conosciuti
La politica del governo di Tunisi è semplice, spiega Gabriele Iacovino, responsabile analisti per il Centro di Studi Internazionali: se ci sono minimi sospetti su una possibile affiliazione a gruppi estremisti, nella maggior parte dei casi scatta l’arresto. È così che in manette sono finiti anche molti esponenti dei gruppi islamisti non radicali o semplici oppositori politici: “Di molti degli arrestati dopo l’attentato del Bardo – dice l’analista del Cesi – non si conosce ancora il gruppo di affiliazione, sempre che questo ci sia. Così, in carcere sono finiti spesso dei moderati”.
Tutto questo è permesso da una legge antiterrorismo che consente di perseguire con facilità chiunque si opponga a Tunisi. Legge che il governo non ha alcun interesse a modificare: “Il testo dà una definizione decisamente ‘larga’ di organizzazione terroristica – continua Torelli riguardo alla legge del 2003 – questa è la causa dei numerosi arresti di massa, processi sommari, prove false fornite dal governo e denunce per torture da parte della polizia di cui abbiamo sentito parlare negli ultimi anni. La cosiddetta legge sulla difesa della delle forze dell’ordine, poi, prevede il carcere per chiunque riporti informazioni su operazioni di polizia, compresi gli arresti, o offenda pubblicamente gli agenti. Con questi due testi, l’opposizione al governo può essere eliminata”.
Nonostante il pugno duro di Tunisi, il Paese rimane quello dal quale partono e si formano più foreign fighter, “una situazione dovuta alla grande disuguaglianza tra le diverse aree della Tunisia – spiega Iacovino – mentre nelle zone centrali, come la capitale o le città più importanti, la presenza e il ruolo svolto dalla polizia si fa sentire, seppur con tutti i limiti che abbiamo elencato, nelle aree rurali la presenza e i servizi offerti da gruppi jihadisti sono addirittura maggiori rispetto a quelli dello Stato. Questo fa sì che si creino delle sacche, soprattutto al sud del Paese e in alcune aree costiere, a forte presenza terroristica, con i gruppi che, di fatto, amministrano questi distretti”.
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Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".