La politica torna a occuparsi della Ferriera di Trieste, da molti considerata“l’Ilva del nord” per i livelli di inquinamento che a volte superano quelli del quartiere Tamburi di Taranto. Uno studio sulla concentrazione di polveri sottili nell’abitato a ridosso dell’impianto commissionato da due parlamentari rilancia allarmi e proteste che mettono alle strette Regione e Comune, costretti a minacciare la chiusura degli impianti. E mentre gli sforamenti di pm10 hanno già superato i limiti concessi per il 2015, il sindaco Roberto Cosolini (Pd) viene contestato in una conferenza organizzata dai democrat locali dal titolo ‘Chi ferisce l’ambiente paga’. E l’Azienda sanitaria chiede alle istituzioni di intervenire: “Rischi per la salute dei cittadini”
È dall’analisi delle sostanze rinvenute nei pressi della Ferriera di Trieste, nel quartiere di Servola, che la dottoressa Antonietta Gatti – esperto a livello mondiale di nanopatologie, nanotossicologia e nano-eco-tossicologia – ha ricavato i dati allarmanti dello studio commissionatole dai parlamentari Lorenzo Battista (Per le Autonomie) e Aris Prodani (Alternativa Libera), e reso pubblico il 27 luglio in un’affollata conferenza stampa. “La proprietà asserisce che le polveri di Servola non provengono dallo stabilimento siderurgico – spiega Battista al fattoquotidiano.it – con questo studio invece si è dimostrato il contrario”. E Prodani aggiunge: “Le risposte date dai ministeri alle interrogazioni parlamentari riguardanti la Ferriera sono sempre state insufficienti. Con questo studio (che invieremo alla Procura, oltre che al Comune, alla Regione e all’Arpa), vogliamo mettere le istituzioni davanti a qualcosa di concreto”. I risultati della ricerca sono preoccupanti: le polveri analizzate, sulla cui provenienza, dice la Gatti, “non ci sono dubbi, essendo gli elementi chimici che compaiono compatibili con i materiali trattati dall’impianto”, hanno pesanti ripercussioni sulla salute di chi le inala. Soprattutto le polveri più sottili, rinvenute in grandi concentrazioni, “capaci come sono di entrare nei bronchi e raggiungere gli alveoli polmonari da dove – si legge nello studio – passano al sangue”. Gli effetti dell’inalazione delle polveri, a livello patologico, sono molteplici: si parla di tromboembolia polmonare, infarto, ictus, cancro, fino a coinvolgere i feti causando aborti, malformazioni fetali e in alcuni casi la presenza di tumori già alla nascita. “Ad oggi non esistono terapie che mostrino una qualunque efficacia nei confronti delle nanopatologie. E Mancando la cura, non c’è altra possibilità se non quella di prevenire l’insorgenza della malattia”, osserva la Gatti, che alla fine della conferenza si rivolge al sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, non presente, in quanto responsabile della salute pubblica: “Urge un suo intervento diretto per risolvere la situazione”.
Il messaggio arriva a destinazione qualche ora dopo, in una conferenza organizzata dal Partito Democratico, dove il primo cittadino viene aspramente contestato proprio a causa della Ferriera. ‘Chi ferisce l’ambiente paga‘, questo l’imprudente titolo scelto per l’incontro, che come un boomerang si è rivolto contro gli stessi promotori, sindaco in testa. Nemmeno il tempo di prendere parola e dalla platea parte un applauso di 45 lunghissimi minuti, che alla fine fa saltare la conferenza. Ai microfoni del fattoquotidiano.it, Cosolini commenta: “Sono il Sindaco che per primo ha fatto le ordinanze per imporre all’azienda il contenimento delle emissioni, ottenendo anche risultati”. Risultati che evidentemente una parte della cittadinanza non considera sufficienti, facciamo notare. “Stiamo monitorando la situazione e non appena ci saranno gli elementi faremo ulteriori interventi necessari”, ribatte il primo cittadino. “Ma tutto ciò non ha niente a che fare con questa sceneggiata”. E chiosa: “I miei poteri non sono illimitati”.
Insomma, lo studio della dottoressa Gatti ha riacceso le proteste della cittadinanza, tanto da costringere Regione e Comune a immediate rassicurarazioni. Debora Serracchiani ha sottolineato l’impegno di azienda e istituzioni: “Sia la Regione che l’imprenditore Arvedi sono perfettamente consapevoli del fatto che, se gli interventi di riconversione in atto saranno inefficaci, l’area a caldo verrà chiusa”. Parole fatte proprie anche dal sindaco Cosolini, che ha poi attaccato chi “pensa di sventolare la bandiera Ferriera in campagna elettorale”. Ancora promesse? Lo scorso aprile, in seguito al superamento del numero di sforamenti consentiti per le polveri sottili pm10, la Regione guidata dal governatore Serracchiani aveva già inviato una diffida alla proprietà della Ferriera di Servola chiedendo un’immediata riduzione della produzione. Ma la richiesta, la prima rivolta ai nuovi proprietari, non ha avuto esiti tangibili: al momento gli sforamenti di pm10 registrati dall’inizio del 2015 sono 89, più del doppio dei 35 consentiti per l’intero anno. “Si può produrre in quel sito soltanto se si dà la garanzia ai cittadini e ai lavoratori di non inquinare”, aveva dichiarato all’inizio dell’anno la Serracchiani. Sono passati sette mesi, e alle promesse di Siderurgica Triestina, gestore della Ferriera sotto la proprietà del gruppo Arvedi, non crede più nessuno.
E mentre la politica prende tempo, in seguito a un esposto ad Arpa e Azienda sanitaria da parte di una cittadina sui disagi legati alle deposizioni di polveri, l’Arpa ha accertato – coerentemente con lo studio della dottoressa Gatti – “l’origine siderurgica del materiale esaminato”, riscontrando la “presenza di elevate concentrazioni di ferro e di idrocarburi policiclici aromatici”. A partire da queste considerazioni, l’Azienda Sanitaria ha scritto una lettera all’assessorato all’Ambiente: “La situazione in essere, associata alle ondate di calore del contesto stagionale che impedisce misure di difesa quali il semplice tener chiuse le finestre, comporti un importante problema di salute della popolazione”. L’invito rivolto al Comune è perentorio: “Questo si segnala perché vengano adottate azioni mirate a ridurre la situazione di inquinamento”