“Anarchia“. “Caos”. “I francesi sono colpevoli”. Mentre a fine luglio si calcola che già quasi 200mila migranti abbiano attraversato il Mediterraneo per sbarcare sulle sponde dell’Europa meridionale, Italia inclusa, il Regno Unito si risveglia in una vera e propria sindrome da assedio. Sono bastate tre notti di caos a Calais, sul lato francese della Manica, per mettere in stato d’allarme la Gran Bretagna, già alle prese da mesi con un vivace dibattito sulla permanenza nell’Unione europea, sulle regole comunitarie e soprattutto sul ruolo di Londra nella crisi dei migranti nel vecchio continente. Se nella notte fra lunedì 27 e martedì 28 luglio oltre 2mila persone hanno cercato di sfondare le barriere dell’Eurotunnel, per provare a saltare su un treno in corsa verso il Regno Unito, nella serata fra mercoledì 29 e giovedì 30 luglio il lavoro per le forze dell’ordine è stato tuttavia più semplice e le pressioni alla frontiera sono state minori. La situazione sembra tornare alla normalità, quindi, ma la stampa londinese ha iniziato anche a sottolineare il presunto “pericolo” per vacanzieri e autotrasportatori che rientrano verso il Regno Unito. Anche per quell’allarme lanciato alla Bbc da Nigel Farage, leader dell’Ukip alleato del Movimento Cinque Stelle all’europarlamento di Bruxelles: prima o poi, secondo il capo dell’United Kingdom Independence Party, potrebbe persino scapparci un morto britannico.
Nella seconda metà di aprile di quest’anno, il premier conservatore David Cameron era stato chiaro: “Forniremo aiuti ma non accoglieremo gli immigrati”, aveva detto, mettendo sul tavolo delle missioni internazionali il pezzo forte della Royal Navy, la portaelicotteri Bulwark, mezzi aerei di supporto e due pattugliatori. Denaro sì, quindi, ma un secco “no” alle quote europee di ripartizione di profughi e migranti economici. E tutte le persone salvate dai britannici sono state finora portate in porti sicuri, spesso in Italia, di certo non sul suolo di sua maestà. Come si rimodulerà ora la strategia di Cameron è tutto da capire. Negli ultimi giorni il dibattito sull’Unione europea e sulle politiche di immigrazione è stato affrontato soprattutto dal cancelliere dello scacchiere (ministro dell’Economia) George Osborne, impegnato in queste settimane a calcolare le conseguenze economiche immediate di un’eventuale ‘Brexit’, l’uscita del Regno Unito dell’Unione europea, a seguito del referendum che dovrebbe tenersi nel giugno del 2016. Perché per Londra l’abbandono del recinto comunitario potrebbe anche voler dire un ulteriore disimpegno dalla gestione della crisi dei migranti, con un conseguente risparmio di risorse finanziarie. E mentre Osborne è intento con il pallottoliere dei conti pubblici, Cameron dall’Asia, dove si trova in missione, ha fatto sapere che il Regno Unito è pronto a fronteggiare “gli sciami di migranti”, usando un termine che è stato subito criticato dall’opposizione laburista e dalle organizzazioni umanitarie. “Sono uomini, non insetti”, ha replicato la leader temporanea del Labour, Harriet Harman.
Il dilemma, a Londra, è forte. Sia l’azione che la non azione potrebbero potenzialmente avere conseguenze molto negative in termini strategici. Lasciare entrare centinaia di persone in un colpo solo causerebbe un danno di immagine enorme per il governo e per la sua immagine di fermezza. Allo stesso tempo, investire più denaro pubblico per fronteggiare la crisi (e già c’è il progetto di rafforzare le barriere a protezione dell’Eurotunnel e di inviare più uomini alla frontiera) darebbe più fiato agli euroscettici contrari alla spesa pubblica e a tutti coloro che in queste ore stanno alimentando il fuoco della paura. A Calais al momento stazionano oltre 5mila immigrati irregolari e tutti e 5mila hanno intenzione di entrare, prima o poi, nel Regno Unito. Dove si parla di inviare la Brigata Gurkha (un’unità dell’esercito britannico che impiega truppe nepalesi) a protezione del Kent, l’aerea dell’Inghilterra meridionale dove si trova l’uscita dell’Eurotunnel, di mandare forze speciali in supporto delle autorità francesi, evidentemente sotto stress, e persino di bloccare a tempo indeterminato le comunicazioni ferroviarie fra Gran Bretagna e Francia. Una confusione quasi totale sottolineata dalla reazione della stessa stampa londinese. “Siamo riusciti a tenere Hitler fuori dal Regno Unito – titolava il Daily Mail nella giornata di giovedì 30 luglio – e così perché non riusciamo a tenere lontane poche migliaia di immigrati?”.