E’ una guerra. E’ la solita guerra. E’ un’estate rovente a Napoli. La colonnina del mercurio c’entra poco. I killer della camorra non risparmiano nessuno. In meno di 48 ore ci sono stati due morti e un ferito grave oltre al solito fardello di “attentati educativi” dei “signori” del racket. Questa volta la faida è esplosa nel cuore del centro storico. Una nuova e inedita alleanza detta “Paranza dei bambini” con violenza feroce e disumana tenta – anche dopo una serie di inchieste stringenti della Dda partenopea – la conquista disperata della leadership criminale contro pezzi di vecchi clan. Un vuoto di potere che ha alzato la posta in gioco: chi vince controlla tutte le attività illegali.
Sangue che si aggiunge ad altro sangue con la città ripiombata nuovamente nel terrore delle tenebre. Una mattanza che umilia la Napoli onesta e perbene. Una guerra cominciata a bassa intensità ma esplosa nella sua tragica “normalità”. Agguati, sparatorie e raid consumati nelle viuzze dei Decumani prese d’assalto da turisti estasiati dalla bellezza selvaggia e vivace di Napoli e da partenopei innamorati della propria città. Giovedì scorso negli stessi minuti in cui il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti alla presenza delle massime autorità istituzionali inaugurava la seconda edizione della notte bianca delle librerie, in un luogo simbolo di lotta alla camorra come la “Biblioteca Annalisa Durante” nel cuore di Forcella, un commando di sicari entrava in azione.
Mentre il Procuratore Roberti raccontava nel rione dove è nata la nuova e inedita alleanza Giuliano-Sibillo-Brunetti e dove morì uccisa il 27 marzo 2004 Annalisa Durante appena 14 anni vittima innocente di camorra, la storia del sacrificio di una donna-eroina in terra di clan, ecco sbucare in piazza Mancini, a pochi metri dalla stazione centrale, uno scooter con i killer. Pochi istanti e con estrema precisione e davanti alla folla delle sette di sera resta crivellato di colpi Salvatore D’Alpino, 36 anni, morto in ospedale, (i parenti hanno sfasciato il nosocommio) e ferito gravemente Sabatino Caldarelli, 37 anni entrambi – spiegano gli investigatori – legati alla cosca dei Mazzarella. Il giorno seguente nel primo pomeriggio nel mirino finisce Luigi Galletta, 21 anni, un gommista, incensurato, raggiunto da tre colpi di pistola mentre si trovava in officina.
Il neo Prefetto di Napoli Gerarda Maria Pantalone mostrando molta sensibilità ha istituito dei tavoli territoriali sulla sicurezza coinvolgendo le dieci municipalità e forze dell’ordine così da assicurare un efficace raccordo tra territorio e azione del rappresentante del governo. Si rispolvera il concetto di comitati per l’ordine e la sicurezza istituiti tra il 1996 e 1998 quando era ministro dell’Interno Giorgio Napolitano con premier il primo Romano Prodi. Rispetto al niente è qualcosa.
Nel frattempo – per ora a chiacchiere – si è mosso anche il Viminale con il varo di un piano operativo straordinario di prevenzione e controllo. Resta il punto. Napoli deve entrare nell’agenda nazionale dell’esecutivo in modo stabile, strutturale. Le bande di camorra verranno militarmente fermate – si spera – resterà però il vuoto che sarà criminalmente occupato da clan dai vecchi e nuovi cognomi come più volte ha denunciato il capo della Procura di Napoli Giovanni Colangelo. E’ assurdo che nel 2015 si fa finta di non capire la complessità dei problemi. Rispetto al passato qualcosa è cambiato. I napoletani vogliono, pretendono, desiderano una città liberata dai clan e ci sono storie di coraggio, di rottura, di esempi eroici che però da soli non bastano. C’è una situazione – colpa anche del fallimento di una classe politica che aveva il compito di incidere nella cultura e nella vita delle nuove geneazioni – tragica. La meglio gioventù è in fuga e la cattiva gioventù non arriva – nelle migliori delle ipotesi – a 40 anni. Si muore uccisi prima.
C’è un senso profondo di sfiducia. Manca la profondità di una prospettiva serena. A certezza di un futuro vivibile. Chi è alla cloche deve dirlo con chiarezza: se Napoli deve continuare a far parte dell’Italia oppure no. Mi sembra assurdo che una delle ex capitali d’Europa che continua a inondare di cultura, arte, inventiva il mondo debba essere condannata all’inesorabile crepuscolo. Bisogna convincersi che per quanto onesti, operosi, bravi siano la maggior parte dei partenopei e campani senza una visione strategica, uno sguardo meridionale, una conoscenza approfondita e storica dei fenomeni nulla potrà cambiare per davvero verso. Come dire o meglio come canta Pino Daniele: “…invece e c’aiutà c’abboffano è cafè…”. Un esempio che è poi lo spaccato di un misto di faciloneria e superficialità, un paradigma di menefreghismo e irresponsabilità, un’assenza di lungimiranza è l’eterna questione del risanamento degli ex suoli dello stabilimento dell’Italsider di Bagnoli. Sembra una telenovella sudamericana della peggior specie. Anche così – non poteva essere diversamente – si consegna la città nelle mani insanguinate delle bande di camorra.