La società italiana Hacking Team, (Ht Srl) con tutti i suoi software spia invasivi in grado di controllare qualsiasi computer e telefonino‘smart’, stava per essere venduta da una società partecipata dalla Regione Lombardia (che ha il 26% tramite la controllata al cento per cento Finlombarda Sgr) all’Arabia Saudita o comunque a società collegate alla famiglia reale, Kingdom, il Regno, come lo chiamavano il numero uno di Ht David Vincenzetti e i suoi colleghi nelle e-mail rese pubbliche da Wikileaks. Il mediatore dell’operazione è stato Wafic Said, il terzo arabo per patrimonio personale tra i miliardari in Gran Bretagna. Il soggetto che avrebbe dovuto acquistare il pacchetto azionario della Ht però era proprio la famiglia saudita. La società Safinvest di Said ha organizzato un volo speciale da Ginevra a Riyad di tre manager di Ht per fare una dimostrazione alla presenza di un membro della famiglia saudita. Il referente di Wafic Said, stando alle mail dei manager di Ht, dovrebbe essere il principe Bandar, da sempre amico di Said, capo dei servizi segreti sauditi fino all’aprile del 2014. La valutazione della società era 37 milioni di euro però l’affare è saltato, secondo lo stesso Vincenzetti, proprio per i cambiamenti nella politica saudita che hanno fatto perdere potere al principe Bandar.
La notizia non dovrebbe essere sfuggita alla nostra intelligence che certamente avrà letto le mail di Vincenzetti a Said. Vincenzetti a inizio 2015 aveva cercato di proporre all’Aise l’acquisto di Ht. Nelle e-mail spinge per accelerare un acquisto, probabilmente attraverso il Fondo Strategico Italiano, anche sostenendo di avere altre offerte. Chi era informato delle trattative con gli arabi? Certamente il fondo Finlombarda Sgr, azionista con il 26 per cento della HT srl (come il fondo Innogest, Vincenzetti e gli altri manager hanno il controllo), nella persona del manager Alberto Trombetta, che ha ricevuto diverse mail sulla trattativa. Il Fatto ha chiesto un commento a Roberto Maroni, ma il governatore della Lombardia ha preferito non rispondere. Idem Vincenzetti. Nel mondo si discute da anni dell’uso del software che permette di intercettare le conversazioni sui telefonini smart e sui computer ma anche di spiare e copiare tutti i contenuti del dispositivo in uso dal ‘target’, cioé la preda del RCS, il Remote Control System, creato da questa società milanese e vanto della nostra industria informatica. Hacking Team, con la concorrenza della tedesca Gamma, da anni propone a agenzie di intelligence e servizi segreti o oltre che alle polizie e ai governi la possibilità di spiare chiunque da remoto. Tutte le conversazioni di chi finisce nel mirino, vari skype, whatsapp e altri software, saranno intercettate.
Questa arma potentissima è stata spuntata dalla pubblicazione di migliaia di email dei manager di HT, diffuse dal sito Wikileaks. Tra queste ce ne sono alcune che riguardano la trattativa tra Safinvest e Vincenzetti, inoltrate per conoscenza ai soci.
Nato in Siria e giunto in Inghilterra in giovane età a seguito della crisi politica, Wafic Said è partito negli anni ‘60 da due ristoranti nel centro di Londra dove serviva kebab. Poi ha conosciuto i principi della dinastia saudita Khalid e Bandar. Soprattutto con quest’ultimo ha legato e con la sua ascesa sono aumentate anche le sue fortune. Bandar è stato ambasciatore dell’Arabia Saudita negli Stati Uniti fino al 2005 e poi fino al 2015 è stato segretario generale del massimo organismo saudita in materia di intelligence e sicurezza: il Consiglio Nazionale di Sicurezza. Dal 2012 al 15 aprile del 2014 è stato il capo dei servizi segreti e in questa veste probabilmente era interessato alla Hacking Team. Bandar è il figlioccio del principe Sultan. La coppia formata dal principe Bandar e dal suo fido Wafic Said è stata protagonista di uno dei maggiori scandali della storia del commercio di armi: il caso Al-Yamamah. Nel 1985 la Francia era quasi riuscita a vendere i suoi aerei all’Arabia quando Margaret Tatcher si rivolse al suo amico Wafic Said per cercare di portare l’affare oltre la Manica. Said riuscì nel suo intento grazie a Bandar e al padre Sultan. Secondo quanto ha dichiarato nel 2005 dal suo amministratore di allora, Mike Turner: “BAE e prima ancora British Aerospace hanno guadagnato 43 miliardi di sterline in venti anni dai contratti e che ne avrebbe potuti guadagnare ancora 40 miliardi”. I due soggetti che entrano in campo per comprare il software spia made in Italy di Hacking team sono due pesi massimi del settore. Per avere un’idea del peso politico dei soggetti coinvolti basti dire che Wafic Said ha donato alla business school dell’Università di Oxford 20 milioni di sterline nel 1996 in un colpo solo con la sua Said Foundation, intestata al figlio Karim, morto giovanissimo. Nella Said Business School oggi c’è un bel busto di Wafic Said in bronzo scolpito dall’artista Michael Rizzello.
Alla fine del 2013 e nei primi mesi del 2014 la trattativa era entrata nel vivo. A metà novembre David Vincenzetti, il fondatore di Hacking Team nonché suo maggiore socio e amministratore delegato, aveva organizzato un viaggio a Ryad per incontrare un membro della famiglia saudita e spiegare con una vera e propria ‘demo’, con tanto di slides proiettate sullo schermo, tutte le potenzialità del software spia e tutte le maggiori utilizzazioni già effettuate nel paese, cioé ai danni di soggetti gravitanti in Arabia. Il viaggio di Vincenzetti alla volta di Ryad era stato organizzato. La valutazione della società oscillava intorno ai 37 milioni di euro e mediante una complicata operazione, seguita da consulenti di livello internazionale, gli arabi sarebbero entrati nel capitale di HT tramite un veicolo di investimento. A Vincenzetti sarebbero rimaste azioni per circa il 22 per cento del capitale e otto milioni di euro. Poi, però, l’affare si incaglia per i tempi lunghi dei sauditi. E infine arriva il ribaltone ai vertici della politica di Ryad. E tutto si blocca.
da Il Fatto Quotidiano del 5 agosto 2015