Due post di Stefano Feltri (vicedirettore de Il Fatto Quotidiano), riguardanti una personale visione sulla scelta delle facoltà universitarie, hanno generato un numero impressionante di commenti sul sito. Quest’attenzione verso l’istruzione superiore è sicuramente un aspetto positivo. Il contenuto dei post di Feltri invece mi ha personalmente lasciato perplesso. Nel primo post, Il conto salato degli studi umanistici si parte dall’assunto che la scelta delle facoltà di tipo letterario rappresenta un costo per la società e uno svantaggio personale per l’individuo, quindi dovrebbe essere riservata esclusivamente a chi se le possa pagare da solo, soprattutto in considerazione che chi ha i voti peggiori nella scuola secondaria sceglie le facoltà di tipo umanistico (affermazione sulla quale non sono riuscito a trovare riscontro). A supporto delle sue tesi, Feltri ha citato un documento del Ceps.
Come osservato da diverse fonti, tra cui Valigia Blu con un post ripreso dal sito Roars, specializzato nella demistificazione delle leggende sull’università, questo documento riguarda tutt’altro. Nel secondo post, dall’eloquente titolo Studiate quello che vi pare, ma poi sono fatti vostri, Feltri ribadisce le proprie tesi. La sezione blog contiene essenzialmente opinioni (il blog è un diario personale), ma ci sono post che trovo decisamente divertenti (quelli di ufologia), alcuni meno (quelli su “elettrosensibilità e omeopatia”, che tuttavia non è chiaro perché non siano ospitati nella stessa sezione del mitico disegnatore umoristico Natangelo) e post potenzialmente dannosi. In questi giorni, molti studenti sono sul punto di prendere una decisione cruciale per il proprio futuro: la scelta della strada da imboccare dopo il diploma. Vediamo un po’ di Fatti.
Fatto numero uno: più si studia, più si ha la possibilità di lavorare.
Fatto numero due: più si studia, più si guadagna.
Fatto numero tre: il numero di laureati in scienze umane in Italia è in linea con quello degli altri maggiori paesi europei.
Fatto numero quattro: i vantaggi riguardo l’occupazione futura ci sono per tutte le facoltà, comprese quelle letterarie.
Fatto numero cinque: i benefici non sono esclusivamente per i singoli, ma per tutta la società.
Semplificando, in una partita a poker, se si potesse scegliere, meglio partire con un tris d’assi oppure con cinque carte scompagnate? L’esito finale della partita non è ancora deciso, ma è innegabile che l’istruzione superiore (il tris d’assi) dia una serie di vantaggi ai quali è triste che il singolo rinunci, ma sono anche da biasimare le scelte della politica che non aiutano né i singoli e neppure la società. Chi vuole fornire un servizio pubblico non può ignorare questi dati.
In mia opinione, il primo post di Feltri ha peccato un po’ di superficialità, tra l’altro linkando un documento che smentisce in parte le proprie affermazioni. È vero che l’articolo del Ceps afferma che i laureati uomini nelle materie scientifiche guadagnino di più dei loro colleghi letterati (fatto 100 il “valore attualizzato” di una laurea, questo è pari a 55 per le facoltà scientifiche e -265 per quelle letterarie). Tuttavia, lo stesso articolo afferma anche che il dato s’inverte per le donne (-32 facoltà scientifiche contro -15 per quelle letterarie). Il che potrebbe portare alla conclusione (paradossale sia ben chiaro!) che converrebbe non tanto di mettere un numero chiuso alle facoltà letterarie, ma piuttosto proibire quelle scientifiche alle donne!
I vantaggi personali e per la società ci sono qualsiasi sia la scelta universitaria. L’investimento per l’istruzione superiore è uno dei più remunerativi che famiglie e Stato possano intraprendere (a ulteriore conferma vedi anche la storia personale di Feltri). Se una studentessa/studente sono portati per le materie letterarie, meglio che ottengano una laurea in queste discipline piuttosto che iscriversi da qualche altra parte e poi abbandonare gli studi. L’università non è una passeggiata ma un impegno gravoso: senza passione e dedizione è complesso riuscire!
Errori li commettiamo tutti, a cominciare da me stesso. Tuttavia, difendere non tanto le proprie idee, quanto i propri errori, non è solo inutile. È dannoso. Ed è lo stesso meccanismo con cui si propaganda la pseudoscienza. Con persone che rimangono sulle proprie convinzioni indipendentemente dai Fatti. Esempi: mi sono convinto che la chemioterapia Di Bella potesse avere una qualche utilità? Rifiuto i risultati della sperimentazione che l’hanno dimostrato al di là di qualsiasi dubbio. Credo che la Sindone di Torino abbia potuto contenere il corpo di Gesù Cristo? Mi rifiuto di considerare le evidenze del radiocarbonio che la datano al Medioevo. Questo può avere conseguenze potenzialmente davvero serie. Stiamo giocando con il futuro di giovani cittadini che potrebbero rinunciare senza motivo a un tris d’assi per un estivo articolo sensazionalistico. Vale la pena continuare con questa linea? La pseudoscienza fa sicuramente male. E lo pseudogiornalismo?