Anche in occasione delle Olimpiadi di Rio 2016, il Brasile pare destinato a confermarsi Paese di contrasti e singolari contraddizioni. A un anno esatto dall’inizio dei giochi olimpici, tra le tante preoccupazioni, quella che altrove sarebbe probabilmente la prima, a Rio è l’ultima: l’andamento dei lavori degli impianti sportivi. Crisi economica e politica, inquinamento, criminalità scatenata e conflitti sociali rubano infatti la scena ai ritardi, pure consistenti, nei lavori.
I trecentosessantacinque giorni dall’inizio dei giochi a Rio de Janeiro, rischiano di essere un lungo periodo di ansia collettiva. Ciò che era stato immaginato come meritato riconoscimento della nuova potenza globale e della maturità internazionale del Paese, rischia ora di far emergere sotto la lente dell’attenzione internazionale, i problemi di un gigante ormai in ginocchio. Quando nell’ottobre 2009, Rio de Janeiro fu indicata come sede olimpica, il Pil era alto, gli indicatori economici positivi e quelli sociali invidiabili, l’apprezzamento per presidenza e governo alle stelle e tutti sembravano voler contribuire al grande evento. Ora il Brasile è in fase calante. L’indice di popolarità della presidentessa Dilma Rousseff è tra i più bassi del mondo (8%), il Pil da recessione e i fondamentali economici da brivido. Scandali di corruzione per una losca (e vecchia) commistione pubblico-privato, speculazioni internazionali e un’inquientante crescita del malcontento interno, favoriscono la crescita di una destra filo-dittatoriale che mette in crisi la tenuta del sistema politico.
Se anche tutte le strutture degli eventi sportivi saranno consegnate in tempo utile per l’inizio dei giochi, come garantiscono le autorità, comunque sarà difficile nascondere il difficile percorso. Alcune opere sono state appaltate solo negli ultimi mesi e la preoccupazione per l’avanzamento dei lavori è palpabile in particolare per il velodromo, lo stadio olimpico Engenhao, il centro ippico, il centro acquatico e il campo di golf. E se gli atleti riuscissero a disputare le gare come previsto nelle strutture previste, è probabile che dovranno adattarsi con i mezzi di trasporto. Non c’è opera di viabilità che sia conclusa: strade, autostrade, viadotti, ponti e metropolitana. Tutte in ritardo.
Lavori. Le olimpiadi sono state presentate come opportunità di crescita economica e ora i ritardi rischiano di peggiorare la crisi dalla quale il Paese è incapace di risollevarsi. Ogni accelerazione per recuperare il tempo perso può causare infatti aumenti. Uno sforamento del budget di quasi 40 miliardi di real potrebbe essere cosa difficile da far digerire alla popolazione in un momento così pesante. Le imprese coinvolte nello scandalo della Petrobras, sono anche quelle che stanno eseguendo i lavori per le olimpiadi. Queste e il governo coninuano a dire che non ci saranno problemi, ma i dubbi sono tanti. Molte imprese minori invece hanno già presentato istanza di fallimento, e le restrizioni per l’accesso al credito e i tassi di interesse in continua crescita (in Brasile sono i più alti del mondo al 13,25%) potrebbero causare un corto circuito economico. E non è escluso che qualche opera possa essere messa da parte o ridimensionata.
Inquinamento. Il problema che però al momento all’estero sembra guadagnare maggiore spazio è quello relativo all’inquinemento nella Baia di Guanabara. Le acque dove gli olimpionici si sfideranno in gare di nuoto di fondo, vela e canottaggio sono pesantemente contaminate; un rischio grave per la salute degli atleti. Una ricerca dell’Associated Press ha riscontrato livelli pericolosamente alti di virus e batteri fecali nelle acque. Nella Baia sfociano 55 tra fiumi e canali. Arrivano in acqua ottomila litri di scarichi fognari al secondo e 100 tonnellate di rifiuti al giorno. L’obiettivo di depurare l’80% di queste acque non sarà raggiunto e il governatore Luiz Fernando Pezão e il segretario all’ambiente Andrè Correa hanno ammesso di essere stati troppo ottimisti. Eppure quando le autorità hanno programmato le gare, sapevano benissimo che quell’area era inaccessibile alla balneazione. Cosa arcinota a tutti i carioca che tra Gloria, Flamengo e Botafogo è impossibile vedere in acqua. I risultati hanno allarmato esperti internazionali e le federazioni sportive. Il biologo Mario Moscatelli a “El Pais” si è spinto a consigliare una vaccinazione contro l’epatite A per gli atleti che dovranno scendere in acqua.
Criminalità. Altra questione ‘storica’ che toglie il sonno è quella relativa alla sicurezza. Le autorità dello Stato ostentano tranquillità, ma la realtà è gravissima. Le aggressioni e le rapine sono in crescita e la polizia è totalmente incapace di mettere un argine. Da alcuni mesi (con picchi ad aprile e Maggio) in città si sono registrati nuovi record negativi. Moltissime le azioni violente soprattutto nella zona sud della città. Le immagini degli arrastões commessi da bande di ragazzini armati di pistola fin dentro i vagoni della metro, hanno fatto il giro del mondo insieme ai tanti racconti di turisti vittime di violenza e alla immagini delle aree ‘organizzate’ di smistamento della refurtiva appena recuperate, immortalate in diverse inchieste giornalistiche. L’Australia e altri Paesi hanno mostrato grande preoccupazione in vista dei giochi e il consolato francese ha già emesso un avviso di allerta per i residenti e turisti. Messaggio che sarà diffuso presto anche da altre nazioni. Il fatto che per strada durante le olimpiadi ci saranno diverse decine di migliaia di poliziotti non significa maggiore tranquillità. La polizia militare carioca è tra le meno preparate e la più violenta del mondo. Appena due giorni fa Amnesty International ha presentato una relazione che mette a nudo la situazione della polizia carioca, accusata di esecuzioni extragiudiziarie soprattutto in favela. Dei 1275 morti durante interventi della polizia tra il 2010 e il 2013, il 99,5% erano uomini, 79% neri, 75% di età compresa tra i 15 e I 29 anni. Nella sola città di Rio tra il 2005 e il 2014 i morti per mano della polizia sono stati 5132. Il 15% degli omicidi a Rio nel 2014 è stato commesso dalla Pm. Una violenza inaudita che, sanno bene le ambasciate straniere, non si traduce in maggiore sicurezza e controllo della criminalità.
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