Cinema

Storie sospese, la vicenda della frana di Ripoli arriva al festival del cinema di Venezia

Il film del regista Stefano Chiantini con protagonisti gli attori Marco Giallini, Maya Sansa e Alessandro Tiberi, arriverà in laguna il 1° settembre. Il lungometraggio, dedicato esplicitamente nei titoli di coda ai cittadini di Ripoli, non è tuttavia una cronaca fedele della vicenda

di David Marceddu

La storia della frana di Ripoli approda al festival del Cinema di Venezia. Storie sospese, il film del regista Stefano Chiantini con protagonisti gli attori Marco Giallini, Maya Sansa e Alessandro Tiberi, arriverà in laguna il 1° settembre, quando sarà proiettato, in accordo con le Giornate degli Autori al Cinema Astra. Il 3 settembre invece il lungometraggio – che ha avuto il riconoscimento di Interesse culturale dal Ministero per i Beni Culturali ed è prodotto dalla Faso Film in collaborazione con Rai Cinema – arriverà nelle sale italiane grazie alla Pablo Distribuzione.

La pellicola è liberamente ispirata proprio alla vicenda degli abitanti del borgo appenninico in provincia di Bologna, da anni alle prese con gli scavi di una galleria per la Variante di valico, la grande opera di Autostrade per l’Italia Spa, che dovrà unire Bologna e Firenze. Lavori che hanno tuttavia rimesso in movimento la grande massa di terra su cui lo stesso paese poggia. Gli scavi sono terminati a novembre 2014, quando alla presenza di Matteo Renzi è stato abbattuto l’ultimo diaframma tra i due tratti di galleria, ma a quella data i movimenti del paesino sopra non si erano ancora fermati.

Il lungometraggio di Chiantini, dedicato esplicitamente nei titoli di coda ai cittadini di Ripoli, non è tuttavia una cronaca fedele della vicenda. Il tema predominante del racconto è la vita personale di Thomas (interpretato da Giallini), un rocciatore professionista rimasto senza lavoro, che accetta la proposta di andare a lavorare nel grande appalto di un traforo ai piedi di un paesino di fantasia tra le montagne abruzzesi. A scavare il tunnel è l’azienda Autostrade per il Belpaese. Arrivato sul posto, Thomas trova la cittadinanza spaventata e (in parte) in rivolta. Motivo? Le case si muovono e si riempiono di crepe. Il paese però è diviso tra chi vede in quel nuovo tunnel una prospettiva di lavoro e benessere e chi invece vede il rischio dello spopolamento e della morte di una piccola comunità.

A guidare la protesta dei montanari un geometra in pensione, Dino Bucci (interpretato da Giorgio Colangeli). Un personaggio che, come il vero geometra Dino Ricci di Ripoli, fino a pochi anni prima stava dalla parte di chi costruiva proprio le autostrade. Nella finzione, a fianco a Bucci c’è Giovanna, interpretata da Maya Sansa, una maestra preoccupata per il futuro dei suoi bambini, costretti a percorrere chilometri per trovare una scuola agibile. Thomas è arrivato nel borgo con il compito di montare sulle grandi pareti rocciose gli strumenti di monitoraggio dei movimenti del terreno resisi necessari dopo le proteste dei cittadini. Il rocciatore si trova così davanti a una scelta difficile: denunciare i danni creati dal traforo e perdere un lavoro sicuro oppure tacere e tradire la propria coscienza e la comunità?

“Sono stato almeno tre volte a Ripoli, per diversi giorni ogni volta”, spiega il regista contattato da ilfattoquotidiano.it. “La figura di Dino Ricci è stata un po’ il motore. Il personaggio di Dino Bucci è certamente quello più fedele alla realtà”. Nel film del giovane regista abruzzese sono tanti i riferimenti alla realtà del piccolo borgo appenninico. Ci sono, solo per fare qualche esempio, gli sgomberi delle famiglie dalle loro abitazioni: si conta infatti che nella realtà, dopo l’inizio degli scavi per la galleria val di Sambro, una quarantina di persone abbia dovuto lasciare il proprio tetto per precauzione. C’è la chiusura della chiesetta messa a rischio dai movimenti, c’è il continuio comparire, all’interno delle abitazioni, delle crepe, all’interno degli edifici. E poi ci sono le assemblee infuocate tra amministratori, azienda e cittadini arrabbiati. “La storia di Ripoli è stata per me il punto di partenza: spero di non averla tradita”, ha concluso Chiantini.

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