Fuori. Come la Sampdoria, due volte l’Udinese, il Napoli un anno fa. Il preliminare di Champions League si conferma un calvario per le squadre italiane. La notte della BayArena si trasforma da anticamera dei gironi a un inferno nel quale la Lazio brucia tra papere e recriminazioni. Un disastro quello combinato dai biancocelesti, difensivamente inguardabili e traditi anche dalla serata opaca della stella Felipe Anderson. Tanto che non bastano le assenze di Marchetti, Biglia e Klose a giustificare l’harakiri in terra teutonica. Semmai l’indice dei tifosi finirà puntato verso Claudio Lotito e il mercato fin troppo oculato portato avanti in estate. Tre le vere novità nella rosa: Milinkovic-Savic, Kishna e Morrison. Tutti per altro fuori dall’undici schierato all’inizio da Pioli, partito con il 3-4-3 che aveva permesso nello ‘spareggio’ del San Paolo contro il Napoli di arrivare a giocarsi la qualificazione e i 30 milioni di euro garantiti dall’accesso alla fase a gironi della Champions. E invece niente da fare, nonostante il vantaggio parziale dettato dalla vittoria dell’andata.
Le ragioni del disastro sono in buona parte da addebitare agli svarioni difensivi di De Vrij e Mauricio. Il centrale olandese, mai così male dalla prima ufficiale in biancoceleste dello scorso anno, combina un gran pasticcio sul primo gol, innescando un flipper Onazi–Bellarami–Mauricio con il pallone che finisce tra i piedi di Calhanoglu. Troppo facile per il fantasista turco incrinare gli equilibri. Accade a sei minuti dall’intervallo, in un momento delicato della partita e con la Lazio che sembrava in netta risalita e quadrata dopo aver subito per venti minuti le iniziative del Bayer e aver ringraziato la traversa su un colpo di testa di Kießling. La frittata diventa un frittatone appena le squadre tornano in campo. Prima i tedeschi sprecano un contropiede tre contro due azionato da un maldestro tentativo di Onazi di superare il pressing delle aspirine, poi ci pensa Mauricio. Il difensore cerca un anticipo folle lasciando campo libero a Mehmedi ma c’è la complicità di tutto l’assetto difensivo. Lo svizzero arriva in porta su un’azione avviata da Leno: tra il suo tiro violento che batte Berisha e il rinvio del portiere ci sono appena quattro tocchi, tre dei quali di Bellarabi.
Ci sarebbe ancora una mezz’ora abbondante per segnare il gol-qualificazione. Ma la Lazio va in bambola e rischia più volte di subire la rete spezza-gambe, che arriverà invece solo nel finale con un contropiede chiuso da Bellarabi. Di occasioni vere, cercate di orgoglio e nervi, ce ne sono ben poche anche perché Mauricio completa la serata nera facendosi espellere quando mancano 23 minuti al novantesimo. Non bastano gli ingressi di Kishna e Morrison a ribaltare una partita che fino al ‘regalo’ di De Vrij era stata equilibrata. Senza tuttavia particolari sussulti dei biancocelesti, incapaci di attaccare la vulnerabile difesa del Bayer già messa in crisi all’andata. Ed è forse questo il rimpianto maggiore. Un tiro di Basta, una paio di iniziative di Keita e le proteste per un tocco di mano di Tah su un tiro dello spagnolo: la produzione offensiva è tutta qui. Il resto sono solo ingenuità e rimpianti, che si portano via un bottino milionario e l’Europa che conta.