Il flusso della rotta balcanica non si arresta. Se Skopje nei giorni scorsi ha aperto la frontiera ai profughi che premono ai confini e che arrivano da Siria, Iraq e Afghanistan, l’Ungheria di Viktor Orban si oppone strenuamente a nuovi arrivi. E non solo con la costruzione della barriera metallica e di filo spinato lungo l’intera frontiera con la Serbia: Budapest sta valutando di inviare l’esercito al confine meridionale. In attesa della decisione del Parlamento prevista per la settimana prossima, inoltre, un nuovo corpo speciale di forze di polizia composto da 2.100 uomini da metà settembre pattuglierà il confine ungherese per bloccare l’esodo dei migranti. Il capo della polizia Karoly Papp ha però assicurato ai giornalisti che “non avranno l’ordine di sparare”. Il consiglio di sicurezza ha quindi istituito la “guardia di frontiera” che avrà sei raggruppamenti, e un effettivo totale di 2016 uomini.
Le forze dell’ordine sono inoltre ricorse anche all’uso di lacrimogeni in un centro di accoglienza a Roszke (al confine con la Serbia), perché i rifugiati volevano parlare con un giornalista della tv pubblica. Ma questa non è l’unica versione: secondo quanto ricostruito dalla Bbc, gli scontri sono scoppiati a seguito del rifiuto dei migranti di farsi registrare e prendere le impronte digitali. I profughi temono che così facendo sarebbero costretti a chiedere asilo a Budapest, mentre il loro obiettivo è raggiungere il nord Europa e soprattutto la Germania. Tensioni anche la notte scorsa, quando un migliaio di migranti sono giunti in 18 autobus da Belgrado a Subotica, al confine con l’Ungheria, affluendo nei due centri di accoglienza della zona, Subotica e Kanjiza. La polizia ha radunato con megafoni 300-400 migranti per farli salire su pullman, e alcuni si sono rifiutati di seguire gli ordini. Ma, alla fine, tutti sono saliti. Secondo la polizia, sono 2.533 i migranti di cui ieri è stato rilevato l’ingresso, e molti altri potrebbero essere passati senza essere scoperti, nelle zone di frontiera ancora aperte.
Sulla questione migranti, sale la tensione anche in Germania: dopo l’incendio di un edificio destinato ai richiedenti asilo nel Brandeburgo, Angela Merkel è stata accolta dalle contestazioni di militanti di estrema destra al centro di accoglienza di Heidenau – dove si erano già verificati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine – che hanno fischiato la cancelliera, gridandole “traditrice”. E in Serbia il ministro dell’interno serbo Nebojsa Stefanovic ha vietato le manifestazioni anti-immigrati annunciate per il 31 agosto a Belgrado da organizzazioni di estrema destra e ultranazionaliste quali Dveri, Nasi, Obraz. “Non consentiremo che l’esplosione di odio e intolleranza caratterizzino la Serbia”, ha detto il ministro. “Non autorizzeremo alcun tipo di raduno contro i migranti e altri costretti ad attraversare la Serbia a causa delle guerre o di difficili condizioni di vita nei loro Paesi”. Stefanovic ha aggiunto che il governo sosterrà invece manifestazioni antifasciste, sopratutto perché la Serbia ha avuto una lunga tradizione antifascista.
Gli aiuti della Commissione europea – Vista l’emergenza, la Commissione europea ha annunciato aiuti umanitari per 1,5 milioni di euro per l’assistenza a rifugiati e migranti in Serbia e Macedonia. Giovedì 27 agosto è in programma un vertice a Vienna tra Paesi dei Balcani occidentali e autorità dell’Unione europea. “Annunciamo aiuti umanitari di 1,5 milioni di euro per Serbia e Macedonia e naturalmente siamo pronti ad assistere ulteriormente i Balcani occidentali“, ha dichiarato il commissario all’Agricoltura e allo sviluppo rurale, Phil Hogan. “Necessitiamo di una risposta europea e del massimo livello di cooperazione con i nostri vicini” per far fonte alla crisi dei rifugiati”, ha aggiunto.
Gli aiuti sono destinati a fornire servizi di emergenza di base come acqua potabile, igiene, cura sanitaria, rifugio e protezione, miglioramento dei centri di accoglienza, coordinamento delle informazioni. La Commissione aveva già destinato alla Macedonia 90mila euro in aiuti umanitari a luglio e 150mila euro alla Serbia ad agosto. Il totale per i due Paesi arriva ora a 1,74 milioni di euro, ha dichiarato un portavoce.
Gentiloni: “Basta bacchettare l’Italia” – Nel dibattito sull’immigrazione e sull’impegno dell’Europa, interviene anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che in un’ampia intervista al Corriere della Sera risponde al richiamo di Merkel e Hollande sull’apertura dei centri di registrazione per i migranti entro l’anno. Basta parlare di compiti a casa, ha detto il titolare della Farnesina, perché sull’immigrazione “l’Italia fa quel che deve” e anche “molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane e accogliendo i profughi”.
Gentiloni ha poi sottolineato come ora la questione essenziale sia “l’europeizzazione della gestione dei flussi, cioè un diritto d’asilo europeo, con definizione comune della titolarità e politiche di rimpatrio comuni”. Gentiloni ricorda che l’Italia a livello internazionale è citata “come modello positivo” e non interpreta il richiamo franco-tedesco come una nuova tirata d’orecchi al nostro Paese. “Chiedere a Grecia e Italia di fare i compiti a casa sull’immigrazione sarebbe come dire a Paesi colpiti da un alluvione di accelerare la produzione di ombrelli – sottolinea -. L’Europa ha bisogno di andare nella direzione esattamente opposta a quella di bacchettare i Paesi alla sua frontiera esterna. E in Francia e Germania vedo piuttosto la consapevolezza della centralità dell’immigrazione”.
Vista l’emergenza, per Gentiloni “la logica – prosegue nell’intervista al Corriere – non può essere quella di applicare regole concepite 25 anni fa, parlo della Convenzione di Dublino, mentre il fenomeno è cambiato radicalmente nei numeri, nelle origini, nelle dimensioni per i singoli Paesi”. Il punto, ha aggiunto, è condividere e modificare le regole dell’accoglienza, senza dimenticare il lavoro di medio periodo sulle cause profonde: guerre, povertà, dittature”.
E ha sottolineato l’urgenza di una responsabilità comune e condivisa dall’Europa dei 28 per affrontare l’emergenza profughi. “I migranti arrivano in Europa – sottolinea Gentiloni -, non in Italia, Grecia, Germania o Ungheria. Così come funziona adesso, si rischia di mettere in discussione Schengen e tornare alle vecchie frontiere”. Per il responsabile della Farnesina un ruolo centrale deve essere svolto in Libia, “per noi la porta di accesso dei flussi migratori”. “I colloqui riprendono domani in Marocco” e l’obiettivo è coinvolgere anche “il Gnc, il Parlamento di Tripoli“. “Senza accordo – dice Gentiloni -, avremmo uno scenario del tutto diverso, centrato sulla coalizione anti-Daesh (Isis, ndr), che in quel caso potrebbe estendere il suo raggio d’azione alla Libia. Attenzione però a non strumentalizzare la minaccia di Daesh, che non deve mai essere sottovalutata, ma in Libia è per fortuna ancora circoscritta”.