La procura di Firenze ha aperto un fascicolo per il reato di omissione di atti d’ufficio a seguito di un esposto per accertare se il generale della guardia di Finanza, Michele Adinolfi, ha bloccato alcune indagini a carico di Matteo Renzi quando era a capo del comando interregionale di Emilia e Toscana tra il 2011 e il 2014. Gli anni della fulminea ascesa al potere dell’ex rottamatore. Il fascicolo è modello 44, con notizia di reato – articolo 328 del codice penale: rifiuto, omissione di atti d’ufficio – a carico di ignoti. L’esposto è stato presentato dopo la pubblicazione, il 10 luglio, sul Fatto Quotidiano delle intercettazioni dalle quali emerse l’esistenza di un profondo legame tra i due.
Nel dialogo registrato l’11 gennaio 2014, infatti, Renzi confidava al generale delle Fiamme Gialle l’intenzione di far dimettere Enrico Letta, all’epoca ancora presidente del Consiglio, perché “è incapace” e andrebbe “governato da fuori”. Confidenze da amici. E lo stesso Adinolfi, del resto, dopo aver ricordato a Renzi che può cambiare le cravatte che gli ha regalato, lo apostrofa con “stronzo”. Insomma non proprio una telefonata istituzionale.
L’intercettazione ha svegliato l’interesse di Alessandro Maiorano, un dipendente del comune di Firenze che dal 2011 ha presentato numerose denunce contro Renzi tanto da essere querelato per diffamazione dal premier. Ha fatto emergere la vicenda della casa di via degli Alfani, nella quale l’allora sindaco era residente a spese dell’amico Marco Carrai poi nominato alla guida della partecipata Firenze Parcheggi prima e Aeroporti poi; ha reso pubbliche le “spese folli” sostenute da Renzi da presidente della Provincia e ha, presentato un esposto, fra gli altri, in merito ai circa 4 milioni di euro raccolti da Renzi attraverso associazioni (Link e Festina Lente) e fondazioni (Open e Big Bang) per finanziare la sua attività politica. Insomma, una vera e propria spina nel fianco per il premier.
Ma le denunce non hanno a suo dire mai avuto un seguito investigativo. Per questo, quando ha letto del legame di amicizia tra Adinolfi e Renzi, ha chiesto all’avvocato Carlo Taormina di presentare l’ennesima denuncia. Del resto, gli stessi pm di Napoli che hanno svolto le intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta sulla Cpl Concordia parlano di una “sistematica e piuttosto inquietante ingerenza in scelte e vicende istituzionali ai più alti livelli” da parte di Adinolfi. Dunque, ha pensato Maiorano, perché non tentare di approfondire?
Taormina si è lasciato convincere e in 15 pagine ha elencato quelle che secondo il suo assistito sono le “omissioni in atti d’ufficio e falso ideologico in atti pubblici” compiuti negli anni per “favorire Renzi e i suoi possibili sodali”. La denuncia riporta quanto scritto dal Noe: “Adinolfi si era costruito un canale preferenziale con Renzi, Luca Lotti (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) e soprattutto Marco Carrai”. I rapporti tra Renzi e Adinolfi, prosegue, “sarebbero stati così stretti da farlo essere al corrente delle operazioni in corso, compresa la scelta dei ministri per la formazione del governo”.
Adinolfi era “in chiara dimestichezza con il cosiddetto ‘giglio fiorentino’ proprio negli anni in cui è stato comandante: dal 2011 al 2014”. Lasso di tempo che “copre tutte le denunce presentate dal sottoscritto”. Quindi chiede alla procura di accertare “se amicizie e interconnessioni abbiano in qualche modo influito sul fatto che nessuna iniziativa risulti essere stata assunta nei confronti di Renzi”. L’accertamento che si chiede, prosegue la denuncia, “riguarda le interessenze tra Renzi e Adinolfi, il primo sicuramente voglioso della felice conclusione delle indagini scaturenti dalle denunce, il secondo fortemente intricato con i centri di potere, in essere e in itinere e sorretto anche da uno specifico intento di ottenere il favore di Renzi per la nomina a Comandante generale della Guardia di Finanza”. Nomina però mai avvenuta.
Nel testo viene citato anche l’ex procuratore capo di Firenze, Giuseppe Quattrocchi “che ha operato in tutto il periodo in cui comandante interregionale è stato il generale Michele Adinolfi” e che una volta “andato in pensione è stato assunto come consulente al Comune di Firenze”. Non a caso Taormina ha preferito presentare l’esposto ai magistrati di Genova, gli stessi che hanno iscritto nel registro degli indagati Tiziano Renzi, padre del premier, per bancarotta fraudolenta a seguito del fallimento di una delle società di famiglia, la Chil Post. Dal capoluogo ligure è stata poi trasmessa per competenza alla procura fiorentina. Il pm Rodrigo Merlo, il 21 luglio, ha aperto il fascicolo.
Da il Fatto Quotidiano del 28 agosto 2015
Aggiornamento dell’1 agosto 2016 – In data 30 luglio 2016 l’inchiesta per bancarotta a carico di Tiziano Renzi, nell’ambito del fallimento della Chil Post, è stata archiviata. Nelle motivazioni del gip del tribunale di Genova Roberta Bossi si legge che Renzi padre “non operò come socio occulto dopo la cessione del ramo d’azienda della Chil Post”. La bancarotta “fu determinata da altri” e “la cessione del ramo d’azienda non ha determinato la diminuzione del patrimonio ai danni dei creditori”.