Dopo il veto preventivo di Bruxelles al taglio delle tasse sulla casa, il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan torna sul nodo delle coperture e aggiusta la rotta. Anzi no. In due interviste, a Il Messaggero e a Il Giorno, il titolare di via XX Settembre dà infatti due versioni diverse su come il governo troverà le risorse per far fronte ai mancati introiti fiscali. Pari a quasi 5 miliardi di euro, se verranno eliminate sia la Tasi sia l’Imu sulla prima casa, più l’Imu agricola e quella sugli imbullonati. In un caso infatti fa capire che, pur aspettandosi “attenzione e rispetto” dai partner europei, intende restare in carreggiata sul fronte del contenimento del deficit dei conti pubblici. Nell’altro, invece, anticipa che il governo sfrutterà “al massimo” le clausole di flessibilità. Chiedendo dunque di ridurre il disavanzo meno di quanto impongono le regole di Bruxelles.
Il presupposto è che “l’Italia è tra i pochi nell’eurozona con un deficit sotto il 3% e soprattutto in calo” e “grazie all’accelerazione del Pil le stime del Def (documento di economia e finanza, ndr) potranno essere migliorate”. Di conseguenza, è la domanda retorica del ministro, “perché mai l’Ue dovrebbe dire no alla cancellazione delle tasse sulla prima casa?”. Parlando con il direttore del quotidiano romano, però, Padoan tiene la barra diritta rispetto a quanto aveva detto il 26 agosto al Meeting di Rimini: sì al taglio delle tasse, ma non in deficit come vuol fare il premier Matteo Renzi. Bensì finanziato con il taglio della spesa, i minori interessi sul debito (grazie al calo dei tassi) e i “maggiori introiti fiscali indotti dalla crescita”. Alla luce della revisione al rialzo dei dati Istat sul pil, che Padoan attribuisce all’aumento della domanda interna grazie al bonus degli 80 euro.
Versione diversa sul quotidiano milanese: qui l’inquilino del Tesoro spiega che l’esecutivo cercherà di “utilizzare al massimo le clausole di flessibilità, sia sulle riforme sia sugli investimenti“. Si tratta delle clausole europee che consentono più spazio di manovra sugli obiettivi di bilancio agli Stati che mettono in campo riforme strutturali e avviano investimenti strategici in infrastrutture. L’attivazione della clausola delle riforme l’Italia l’ha già ottenuta la scorsa primavera, per un valore di oltre 6 miliardi, mentre è tutto da vedere che in fase di approvazione della prossima legge di Stabilità da parte di Bruxelles riesca a spuntarne 5 in più invocando quella per gli investimenti.
Per capire quale sarà il punto di caduta comunque non manca molto: entro il 20 settembre il ministero deve inviare alle Camere la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza con cui aggiorna le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Il 15 ottobre è invece il termine ultimo per inviare al Parlamento e alla Commissione Ue i contenuti della manovra, su cui Bruxelles esprimerà un parere entro il 30 novembre.