Scatta il fine pena per il mostro di Foligno. Ma Luigi Chiatti, in carcere dal 1993 per gli omicidi di Simone Allegretti, 4 anni, e Lorenzo Paolucci, 13 anni, non tornerà libero. Ha lasciato il carcere di Prato per essere trasferito in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ex ospedale psichiatrico giudiziario, a Capoterra, a pochi chilometri da Cagliari. La sentenza con la quale la Corte d’assise d’appello di Perugia gli inflisse 30 anni di reclusione, dopo averne riconosciuto la seminfermità di mente e la pericolosità sociale, prevede infatti che per almeno tre anni sia spostato in una struttura di questo tipo.
L’uomo, oggi 47enne, sarà trasferito in Sardegna domani mattina: la struttura di Capoterra è di massima sicurezza, dotata di vetri blindati antisfondamento e antiproiettile e recinzione anti scavalcamento. Il servizio di vigilanza è garantito dalla presenza di guardie giurate. Il personale è composto da uno psichiatra a tempo pieno e tre che lavorano anche con il Dipartimento di salute mentale della Asl 6. In servizio anche uno psicologo, un tecnico della riabilitazione, dieci infermieri, cinque operatori socio sanitari, un amministrativo e un assistente sociale.
I legali Guido Bacino e Claudio Franceschini chiedono di evitare allarmismi: “Chiatti – ha detto Bacino – non tornerà libero. Passati anche questi primi tre anni in Opg o Rems la sua pericolosità sociale dovrà essere nuovamente valutata e se accertata la custodia verrà prorogata. E teoricamente potrebbe succedere anche a vita”. Lo stato mentale di Chiatti è stato valutato l’ultima volta a luglio dal tribunale di sorveglianza di Firenze. Secondo i periti “non è stato riscontrato alcun minimo atteggiamento di rimorso o di dolore per i fatti commessi. Il quadro psicopatologico presenta aspetti di particolare gravità che inducono a ritenerlo persona socialmente pericolosa“.
Chiatti venne condannato nel 1994 a due ergastoli, ma nel 1996 la corte d’Assise d’Appello di Perugia riformò la sentenza di primo grado, lo ritenne seminfermo di mente e lo condanna a 30 anni di reclusione. Determinante la testimonianza di un giovane che aveva trascorso diversi anni con lui in brefotrofio e che raccontò di violenze sessuali subite da entrambi da parte di un prete. La Cassazione confermò la sentenza nel 1997. “L’ho perdonato – ripete ora Luciano Paolucci, il padre di Lorenzo – perché subì delle violenze dopo essere stato abbandonato in orfanotrofio dalla madre. Ricordo però che nel processo chiese di non essere lasciato libero o avrebbe ucciso ancora. Per questo non perdonerei chi lo dovesse liberare e non perdonerei più Chiatti se accettasse di tornare libero”.
“Ciò che oggi interessa – aggiunge l’avvocato Giovanni Picuti, legale dei familiari delle vittime – è garantire l’internamento di Chiatti, magari in uno dei carceri psichiatrici non ancora dismessi. Mi auguro che in caso di delitti così efferati commessi da soggetti socialmente pericolosi il legislatore faccia un dietrofront. Lo Stato ha il dovere di provvedere alla custodia dei criminali psichiatrici, prima di tentare una loro improbabile guarigione”.