Cinema

Venezia 2015, Anomalisa, la disperazione minimale in stop motion di Charlie Kaufman: “Non spiego nulla, il film è dello spettatore”

Di fronte ai 90 minuti del film, in precedenza opera teatrale a Los Angeles, si scaldano i motori dei fan, la maggior parte under 30 per ovvi motivi di contemporaneità anagrafica rispetto alle realizzazioni del regista e sceneggiatore

di Davide Turrini

“Dire di cosa parla il mio film non mi mette a mio agio”. Grazie Mr. Kaufman, spegniamo i microfoni, possiamo andare a pranzo. Succede nel Concorso di Venezia 72 dopo la proiezione dell’animazione in stop motion Anomalisa, il secondo film da regista di Charlie Kaufman (co-regia di Duke Johnson), sceneggiatore di opere “minimal ombelicali” come Se mi lasci ti cancello ed Essere John Malkovich. Vietato parlare di contenuti, di qualche curiosità sulle ispirazioni avute, sui riferimenti metacinematografici più o meno riconoscibili, sulle possibili interpretazioni del testo. In fondo è pur sempre un festival di cinema. Abituati, forse male, a volumi, saggi e scrittura basati sul concetto di autorialità, si saluta ogni singulto di originalità e anticonformismo come fossimo sempre al cospetto di un Bunuel o un Godard.

Così di fronte ai 90 minuti di Anomalisa, in precedenza opera teatrale a Los Angeles, si scaldano i motori dei fan, la maggior parte under 30, per ovvi motivi di contemporaneità anagrafica rispetto alle realizzazioni di Kaufman. “Finale ottimista o critica all’uniformità di pensiero dominante?”. Risposta: “Faccia pure lei”. Domanda: “Questa incapacità a farsi comprendere del protagonista sfocia un po’ nell’egocentrismo?”. Risposta: “Se dico no, rendo falsa la sua esperienza di spettatore di fronte al film”. “Come mai il protagonista è e parla in inglese mentre tutti attorno a lui sono americani in una città americana, c’è un motivo per questa scelta?”. Risposta: “L’attore che volevo nel cast era inglese (David Thewlis, ndr), non ci avevo nemmeno pensato”. Fatalista Mr. Kaufman. Sul suo set sembra accadere tutto per caso. Come per caso sembra essere la sua presenza a Venezia, dopo che Anomalisa è stato visto in prima mondiale a Telluride il 4 settembre, contravvenendo ad una politica sulle anteprime mondiali in Concorso che sembrava fino all’anno scorso una linea Maginot, e che quest’anno è stata scavalcata anche da El Clan di Pablo Trapero, in anteprima argentina addirittura il 15 agosto scorso. Ma andiamo avanti con Kaufman. Un esempio di elaborazione estetizzante di un minimalismo intimo come una coperta di Linus, Anomalisa sa come attirare gli orsi al miele. C’è Mike, un ometto di mezza età in viaggio d’affari, autore di una guida di successo su come ci si devono comportare gli addetti telefonici dei servizi clienti, che scende dall’aereo a Cincinnati e si ferma in un hotel (l’hotel Fregoli) per una notte. Qui incontra Lisa, che sembra essere la donna della sua vita. Tutta la disperazione dell’uomo, la sua incapacità di essere capito dagli altri, nonostante venga riconosciuto un campione della comunicazione con il prossimo per via del libro, permea il suo viaggetto onirico nell’hotel. Attenzione per i fan di Kaufman, e per i semplici adoratori temporanei: la trama, oltre le due righe scritte, non è molto di più, basta includere il (solito) incubo kaufmaniano del protagonista che si perde, in questo caso, of course, nei sotterranei dell’albergo.

I primi 30-40 minuti di Anomalisa seguono passo passo l’arrivo dell’uomo, la registrazione al desk, la salita in ascensore, l’arrivo in camera, l’ordine della cena al telefono, ecc… Passo uno, invece, è l’animazione del film. Una stop motion artigianale in cui interviene il coregista Duke Johnson, prodigo invece di qualche particolare, come sempre concettualmente tutto e il contrario di tutto: “Li volevamo molto realistici, ma allo stesso tempo non volevamo nascondere le giunture che mostravano la meccanicità dell’animazione (su tutto la riga che taglia a metà il viso dei protagonisti proprio come se le facce fossero state montate in due pezzi ndr). Queste figure sono stampate in 3D, quindi strato su strato, reagiscono alle luce e alle ombre”. Le voci invece sono solo tre: Thewlis per Mike, Jennifer Jason Leigh per Lisa e Tom Noonan per tutti gli altri trenta o quaranta pupazzetti parlanti, soprattutto, ed è qui la sorpres(in)a formale del nuovo Kaufman, i pupazzetti donna. Il film, tra l’altro, è stato prodotto grazie al crowdfunding su Kickstarter: quasi 500mila dollari raccolti dai 5770 sostenitori, a cui si è aggiunta successivamente una casa di produzione come Snoot Films. Kaufman, però, qualche parola da dire ce l’ha per raccontare la sua esperienza con un operatore del customer service della società telefonica Usa At&T: “Volevo scegliere un piano tariffario per venire a Venezia e il ragazzo del servizio clienti comincia a chiacchierare con me. ‘Ah Venezia, bellissimo vorrei tanto andare in Italia e in Europa’. Parliamo di calcio, del tempo e di Minneapolis. Staremo stati 25 minuti al telefono. ‘Speriamo non ti licenzino’, gli ho detto. Comunque ho scoperto che dall’altra parte del telefono c’era una persona vera e gentile, quando di solito non la sopportiamo”. Cuore tenero Charlie.

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