Sarà il colore del cemento di Flushing Meadows, lo stesso del mare pugliese e dei colori delle nostre nazionali. Azzurro, il cielo è azzurro sopra New York. A prescindere da come andrà la finale di sabato. Perché il match che assegna il titolo dell’ultimo Grande Slam dell’anno è roba nostra: italiana, pugliese. Flavia Pennetta contro Roberta Vinci. Brindisi contro Taranto nella Grande Mela. Un’impresa storica portata a compimento da due ragazze nate e cresciute a 70 chilometri di distanza, capaci di sbattere fuori Serena Williams e Simona Halep, le prime due tenniste nel ranking mondiale.

Accade con le nostre al crepuscolo anagrafico della carriera. Flavia, 33 anni; Roberta, 32. La prima ha demolito la Halep in 59 minuti, l’altra ha compiuto un miracolo di grinta, tecnica, coraggio, cuore e concentrazione contro la pantera nera del tennis davanti a un pubblico tutto pro Williams e con l’americana avanti di un set. Una rimonta strepitosa contro la tennista che ha riscritto la storia del tennis moderno e che in casa cercava l’ultimo tassello del Grande Slam. Cosa hanno combinato?

Un pomeriggio storico racchiuso in un fazzoletto di terra, tra mar Adriatico e mar Ionio, costruito da due amiche che si conoscono da quando erano poco più che bambine. Due infanzie diverse, stesso destino. Sorride Flavia Pennetta, rilassata e concreta contro la Halep. Piange Roberta Vinci, piccola e da sola contro 20mila persone. Non regge più dopo il punto vincente al termine di una partita che sarà da raccontare ai nipoti per quello che significa nella storia dello sport italiano. Ha distrutto anche i sogni di Serena, a un passo dalla vittoria di tutti i maggiori tornei in una sola stagione, impresa riuscita per l’ultima volta a Steffi Graff nel 1988.

“E’ un momento incredibile, sono in finale e ho battuto Serena. Ho giocato una partita fantastica, ho cercato di rimanere agganciata a ogni punto. Quando ho servito per il match tremavo e ho cercato di mantenere la concentrazione. E’ il più bel momento della mia vita”, dice Roberta nell’intervista post match e sorride, finalmente, quando gli viene detto che la sua vittoria era quotata a 300 dai bookmakers.

Si conosco fin da bambine e domani saranno avversarie. La brindisina è nata con la racchetta mano, questione di tradizione famigliare. Papà Oronzo e mamma Conchita, ex tennista anche lei, e la sorella maggiore, Giorgia, vivono il Circolo Tennis di Brindisi tutti i giorni. Più difficili i primi anni di Roberta ma sempre in un circolo tennis, quello di Taranto. Il papà Angelo, ragioniere, la iscrive a scuola tennis a sei anni. Quando Robertina ne compie 12 trascina la squadra femminile under 12 della sua città al titolo nazionale. E a livello regionale si parla solo di lei e di quella brindisina che una manciata di chilometri più in là sta percorrendo la stessa strada. Nel 1997, insieme, vincono il doppio del Trofeo Avvenire. E poco dopo partono per trasferirsi nella scuola federale. Pochi anni dopo, ancora insieme, vincono il doppio del Roland Garros Under 18. Poi due carriere fatte di sacrifici, sofferenze e rinascite.

Tra problemi fisici e soddisfazioni che continuano a essere comuni. Hanno fatto entrambe parte della squadra italiana nelle quattro vittorie di Fed Cup, tra il 2006 e il 2013. L’ultima volta battendo gli Stati Uniti. E ci dev’essere davvero qualcosa di magico se ora proprio negli States si ritrovano contro, nel giorno più importante della loro vita e dopo aver regalato una delle più belle pagine più belle allo sport tricolore. L’Italia ha già vinto gli US Open prima ancora che si giochi la finale. Pazzesco. E chissà quante soddisfazioni ancora, Flavia e Roberta, figlie della stessa terra, sorelle d’Italia, regaleranno a tifosi e appassionati. Scriveva due giorni fa Gaia Piccardi sul Corriere della Sera: “Nel braccio delle nostre arzille vecchiette c’è ancora troppo tennis perché questa storia finisca qui, tra un pop corn e un rutto alla Cocacola sulle tribune di Flushing Meadows, provincia allargata di Brindisi e Taranto, United States of Puglia”.

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