Il campionato trova un primo padrone che lancia segnali di vita e potere. L’Inter è in vetta da sola, a punteggio pieno e con un derby in tasca. Lassù senza compagnia, i nerazzurri non si trovavano da 5 anni: era la quarta giornata, in panchina c’era Rafa Benitez. Accade alla terza giornata grazie a Guarin, uno dei pochi volti ‘anziani’ in una squadra rivoltata come un calzino negli scorsi mesi. Serve una sua sassata di sinistro per abbattere il Milan, pure lui oggetto di profondo maquillage estivo ma ancora senza un’idea di quale possa essere il futuro a parte il lancio sistematico verso i gioielli Bacca e Luiz Adriano che comunque non brillano nonostante il rattoppo Medel nella difesa nerazzurra. Mihajlovic scivola ancora, nonostante rinunci a De Jong in favore di un centrocampo con maggiore qualità (almeno sulla carta) alla ricerca di una costruzione che continua però a latitare. Milano ha comunque un derby vero, combattuto e sentito dopo un’annata in cui neanche la stracittadina aveva riempito San Siro in ogni ordine di posto. I ventidue scelti ripagano con un ritmo martellante. Per il bel gioco, grande promessa fatta sotto gli ombrelloni rosso-nerazzurri, è troppo presto.

Anzi, il primo sussulto è una vecchia paura di entrambe: la topica di un difensore. Pronti-via e Murillo commette un erroraccio in disimpegno, Bacca lo salta e lancia Luiz Adriano murato da Handanovic in uscita. Ti aspetti che a tradire possa essere Medel, adattato difensore per tamponare l’assenza di Miranda, e invece il cileno nel primo tempo sarà decisamente il migliore dei due centrali, prima che Murillo salga di tono con il passare dei minuti. Pulito e concreto, spesso bene anche in anticipo, va lui a coprire i lanci per i due attaccanti rossoneri. È la costante scelta da Mihajlovic per sorprendere l’Inter: poco palleggio a centrocampo, dove Montolivo è chiamato a smistare, e tante verticalizzazioni. Funziona, ma i nerazzurri non cadono. Anche grazie a un sontuoso Juan Jesus – la migliore versione mai vista ma out nel secondo tempo per una distorsione alla caviglia sinistra – che poco dopo il quarto d’ora è perfetto nella diagonale che sventa l’ennesimo suggerimento per Luiz Adriano. La partita è godibile, si lotta su ogni pallone. Melo non fa passare neanche uno spillo, meno Guarin e Kondogbia ai suoi lati nel 4-3-1-2 che spesso in fase offensiva diventa 4-3-3 con Perisic libero di muoversi alle spalle di Icardi. L’Inter però vive di fiammate in attacco, dove Jovetic è il più pericoloso. Il montenegrino conferma il suo stato di grazia con due tiri da fuori in avvio e chiusura di tempo, prima di creare la più nitida occasione da gol con un gioco da prestigiatore. Peccato che Icardi sprechi l’invenzione a tu per tu con Diego Lopez. Un errore non da lui che fa il paio con quello di Luiz Adriano in apertura.

Le sportellate proseguono nel secondo tempo. Niente fioretto nei contrasti né in fase offensiva. Per sbloccarla serve una cannonata. A spararla è Guarin dal limite al 57esimo. Un gioco da ragazzi, con la difesa del Milan scoperta appena fuori dall’area, sorpresa dalla veloce ripartenza dell’Inter, uscita con un tortuoso giro palla dal pressing rossonero. De Jong è seduto in panchina in nome di una fluidità di manovra assente nelle prime due uscite stagionali. L’assenza del martello olandese è però mortale in una situazione come quella che decide la partita. Mihajlovic prova a ribaltarla subito dopo con l’ingresso di Balotelli per Bacca, seguito da Poli e Cerci al posto di Kucka e Honda. Fischiatissimo e marcato stretto (eufemismo) da Melo e Guarin, il ragazzo cresciuto alla Pinetina lancia segnali positivi. Se non fosse per lui, il Milan chiuderebbe la gara senza sussulti d’orgoglio. Invece Mario fa scorrere brividi sulla schiena degli interisti, già feriti a morte in un derby dagli ex Ronaldo e Ibrahimovic. Si presenta con un cross velenoso su punizione, poi tra il 32esimo e il 37esimo lascia partire due sberle al veleno. La prima si stampa sul palo, la seconda viene deviata in angolo da Handanovic. L’Inter non trema, pare aver acquisito personalità e muscoli per reggere gli assalti finali anche in serate calde come questa. Rincula ma non si chiude, ci prova con Icardi senza fortuna e dopo il triplice fischio liberatorio va sotto la curva a prendersi il tributo di un pubblico in estasi. In vetta, da sola, dopo tre giornate. Roma sotto di due, Lazio un passo indietro, Milan a meno sei e Napoli a sette punti di distanza. La Juve lontanissima, a 8 lunghezze. E’ solo l’inizio, ma l’Inter lo grida forte: dopo tanto tempo, qualcosa si muove.

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