Si sono trovati l’uno di fronte all’altro. Stefano Savi, lo studente universitario di 25 anni sfigurato dall’acido, lo aveva promesso in alcune interviste: “Vado a guardare negli occhi chi è accusato di avermi devastato la faccia”. E così è stato. Nell’aula del Tribunale di Milano dove si è svolta la prima udienza del processo contro Alexander Boettcher è arrivato da un ingresso secondario e si è seduto di fianco ai suoi legali, gli avvocati Andrea Orabona e Benedetta Maggioni e ha guardato il suo presunto aguzzino che è rimasto rinchiuso nella gabbia degli imputati, così come ha chiesto il pm Marcello Musso che si è opposto ai difensori di Boettcher perché “pericoloso” e perché “in aula c’è la vittima”.
Si è aperto così un nuovo capitolo giudiziario che vede coinvolti il broker tedesco Boettcher, oltre all’amante Martina Levato e il presunto complice Andrea Magnani che hanno chiesto il rito abbreviato e per loro il dibattimento inizierà venerdì prossimo. Dopo la condanna a 14 anni in primo grado per l’aggressione a Pietro Barbini, i tre sono di nuovo a processo per l’aggressione allo studente di economia all’Università Bicocca avvenuta il 2 novembre 2014 mentre il 25enne – che si è costituito parte civile – tornava a casa dopo una serata in discoteca con gli amici. Il vero obiettivo di quella spedizione punitiva, però, non era Savi, vittima di uno scambio di persona. Ma il fotografo Giuliano Carparelli, che a sua volta sventò un tentativo di aggressione. Savi, felpa nera e cappello da baseball in testa, ha dovuto subire numerose operazioni chirurgiche e quando è passato davanti alla gabbia degli imputati ha fissato negli occhi Boettcher che ha ricambiato lo sguardo rimanendo impassibile. “Voglio vedere in faccia i miei aggressori e voglio verità e giustizia”, ha detto ai suoi avvocati. Anche lo studente della Cattolica Antonio Margarito, un’altra delle parti civili, è presente in aula. Secondo l’accusa, nel maggio 2014 ha subito un tentativo di evirazione da parte di Martina Levato.
La dirigente dell’Ufficio prevenzione generale della questura di Milano, Maria Josè Falcicchia, chiamata a testimoniare ha ribadito davanti ai giudici che Savi “è stato vittima di un errore di persona, solo perché somigliava fortemente a Giuliano Carparelli”. La dirigente di polizia, che ha ricostruito tutto lo sviluppo delle indagini, ha spiegato che Savi non aveva alcun rapporto né con Boettcher né con Martina Levato, “ma ha avuto soltanto la sfortuna di frequentare gli stessi locali per studenti che frequentava anche Carparelli”. Secondo Falcicchia, Martina, Alexander ed il presunto complice Andrea Magnani avevano costituito “una vera e propria associazione, con tanto di organizzazione, basi logistiche e mezzi economici”. Come emerso dalle indagini i tre non si sarebbero fermati, ma avevano individuato anche una “catena di vittime predestinate”. Il movente ed il filo conduttore delle aggressioni, ha chiarito la dirigente, “erano le relazioni occasionali che Martina Levato aveva avuto con alcuni ragazzi da colpire”.