Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrerà i familiari delle vittime della strage ferroviaria di Viareggio. L’appuntamento al Quirinale è fissato per giovedì 24 settembre. E’ la prima volta che un capo dello Stato accetta un faccia a faccia. I parenti delle 32 persone morte nella tragedia del 29 giugno 2009, infatti, avevano chiesto la stessa cosa anche al predecessore Giorgio Napolitano. Ma il rapporto tra i viareggini e l’inquilino del Colle è sempre stato contraddistinto da attriti, in particolare quando il Quirinale, un anno dopo la strage, conferì il cavalierato a Mauro Moretti, all’epoca amministratore delegato di Ferrovie dello Stato e già indagato dalla Procura di Lucca che gli contesta un ruolo nelle procedure dei controlli per la prevenzione e la sicurezza nella viabilità ferroviaria. Ora Moretti è imputato nel processo che vede imputate 33 persone e 9 società.
Mattarella, nel giugno scorso, aveva declinato l’invito al corteo che ogni anno viene organizzato a Viareggio per ricordare la sciagura ferroviaria, spiegando che sarebbe stato inopportuno proprio perché c’è un processo in corso. Ora la conferma che Mattarella riceverà i familiari delle vittime è arrivata prima della manifestazione di fronte a Montecitorio e al Quirinale per dire no alla prescrizione della maggior parte dei reati, che cadranno prima che si arrivi a sentenza definitiva. Tra i capi d’imputazione che spariranno presto dal processo, figurano incendio colposo, lesioni gravi e gravissime e contravvenzioni alle norme per la sicurezza sul lavoro. Gran parte della struttura che sostiene il processo, insomma, come ilfatto.it ha già scritto più volte, potrebbe morire già entro l’eventuale sentenza d’appello.
Insieme ai viareggini, a Roma, anche Assemblea 29 giugno, i familiari delle 140 vittime della strage della Moby Prince (Livorno, 140 morti), il Comitato dei Comitati e l’associazione nazionale Discontinui dei vigili del fuoco (cioè i “precari” del corpo). Alla manifestazione ha aderito Rifondazione Comunista con il sostegno del segretario Paolo Ferrero: “C’è un vergognoso disinteresse delle istituzioni verso questa situazione – dice – che rischia addirittura di sfociare nella connivenza. Troviamo comunque positivo il fatto che il presidente della Repubblica abbia aperto alla possibilità di ascoltare le ragioni delle famiglie delle vittime, in un incontro che si terrà la settimana prossima”.
Fuori da Montecitorio alcuni deputati di molti partiti (Pd, Sel, Lega, M5s) si fermano a mostrare solidarietà. Tra questi il capogruppo del Pd a Montecitorio Ettore Rosato e il responsabile Giustizia del partito, David Ermini. Ma il loro passaggio è stato fugace e senza particolari esiti.
A impegnarsi per provare a cambiare la legge in vigore è stato il deputato del Movimento Cinque Stelle Alfonso Bonafede. “Attraverso atti parlamentari e qualsiasi altro strumento politicamente in nostro possesso – ha detto ai familiari delle vittime – faremo di tutto per scongiurare la prescrizione nel processo Viareggio. Abbiamo preso un impegno, di lottare perché questa legge vergognosa sulla prescrizione cambi. Il governo sta studiando una legge che sospenda per due anni la prescrizione dopo il primo grado e per un anno dopo l’appello”. Lo interrompe Marco Piagentini, che nella strage di 6 anni fa ha perso la moglie Stefania e i figli Luca e Lorenzo, 4 anni il primo e 17 mesi il secondo. Ha la pelle segnata dalle fiamme, deve ancora proteggersi sotto un ombrello ogni volta che esce da una zona di ombra e il sole lo tocca. “State facendo solo chiacchiere – dice Piagentini – Chiediamo una cosa precisa: una legge per dire no alla prescrizione per Viareggio. Noi ci sediamo composti a ogni udienza, ma se si prescrive questo processo, non esiste più giustizia, non esiste più niente in questo Paese. È tutto finito. Io sono un padre, non sono un onorevole. Vi dico che Viareggio non può andare in prescrizione. Trovate voi il metodo”.
Interviene Daniela Rombi, la presidente dell’associazione familiari. Al collo, per la prima volta dopo sei anni, mostra la foto di sua figlia, Emanuela Menichetti, morta a 21 anni, sfigurata dal fuoco, irriconoscibile in volto. Bruciata per il 98 per cento del corpo, non ha niente della ragazza solare che sorride alla vita nella foto che la madre ci ha abituati a vedere. “Se si arriva alla prescrizione – dice a Bonafede – ci costringete ad arrangiarci. A me se mi mettono in galera non me ne frega nulla. Adesso vogliamo sapere se è possibile incontrare una delegazione parlamentare che sia trasversale”. Una delegazione di deputati del M5s (tra questi Di Battista, Bonafede e Colletti) riceve un gruppo di familiari. arlano a lungo. “Ci hanno chiesto come potevano aiutarci” spiega Andrea Maccioni, che nella strage ha perso la sorella e due nipotini. “Dalla loro festa di Imola faranno un appello perché gli imputati rinuncino alla prescrizione”.