E’ un copione che si ripete. La manifestazione che oggi al Colosseo ha lasciato una fila di turisti allibiti davanti a un cartello di chiusura era stata notificata per tempo e regolarmente autorizzata. Eppure i turisti sono rimasti spiazzati. E tanto è bastato alla politica per lanciare l’attacco frontale alla rappresentanza sindacale. Si ripete così la vicenda di Pompei che a luglio tenne banco per giorni, con l’assemblea spacciata per “selvaggia” quando non lo era affatto. A rivelare come sono andate le cose è la convocazione dell’assemblea (leggi il testo delle Rsu) che è stata diffusa e trasmessa all’amministrazione il 16 settembre scorso, due giorni prima che si svolgesse (come vuole la legge). In calce anche l’indicazione dell’avvenuta comunicazione, a termine di legge, già l’11 settembre, e cioé una settimana prima che l’assemblea si svolgesse. Ma bastano l’equivoco e le foto dei turisti in coda per prestare il fianco al “licenziamoli tutti” (pronunciato dalle fila di un partito che di nome fa Scelta Civica) al “la misura è colma”, detto dal ministro Franceschini che è poi il primo destinatario della protesta dei suoi dipendenti, cui non viene versato il salario accessorio da gennaio. Fino a Renzi, che ha sferrato un attacco frontale ai “sindacalisti contro l’Italia”. Resta allora la domanda, cosa non ha funzionato?
1) L’assemblea improvvisa e selvaggia? Era autorizzata e il Ministero sapeva (da una settimana)
“Le Rappresentanze Sindacali Unitarie della SS-COL comunicano che in data 18 settembre p.v. dalle ore 8.30 alle 11, nella sala conferenze di Palazzo Massimo è stata indetta (secondo le norme contrattuali e regolarmente comunicata all’Amministrazione in data 11/09 u.s.)”. Questa la comunicazione che taglia la testa al toro sulla bufala della “protesta selvaggia”. Il ministero sapeva e da una settimana, non lo ha scoperto all’ultimo. “Si certamente”, spiega il coordinatore nazionale della Uil Beni Culturali Enzo Feliciani, sigla che appoggia la giornata assembleare che non si è svolta solo al Colosseo. Ad autorizzare quella romana è stato proprio il funzionario della Soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area Archeologica, che non poteva fare altrimenti. Non a caso egli stesso ha poi tentato di ridimensionare la polemica, ormai fuori controllo: “Non si è trattato di chiusure ma di aperture ritardate”, precisano dagli uffici romani, “come previsto alle 11.30 hanno riaperto”. Di più. Lo stesso soprintendente di Roma, Francesco Prosperetti, precisa che “tutto si è svolto regolarmente l’assemblea non aveva come oggetto il Colosseo, il problema è nazionale e riguarda il mancato rinnovo del contratto e il mancato pagamento del salario accessorio: non ci sono rivendicazioni nei confronti della soprintendenza, ma del datore di lavoro generale che è Mibact”.
2) Perché farla proprio oggi e non in un’altra data?
“Ci era stato chiesto – spiega ancora Feliciani – di non fare assemblee nel periodo di luglio e agosto perché a maggior afflusso di turisti e così abbiamo fatto. Una volta terminato questo periodo e non ricevendo risposte ai problemi che abbiamo rappresentato in ogni sede l’abbiamo convocata, rispettando tutti i termini di legge”. Insomma, le due parti in causa concordano: nulla di illecito o di improvvisato. E’ solo la politica a parlare di “protesta scandalo” e di “danno irreparabile”.
3) Non si poteva svolgere in un orario extralavorativo
“No – risponde Feliciani – le norme stabiliscono che si possano fare massimo 12 ore di assemblea ma sempre in orario di lavoro. Al mattino o al pomeriggio, quindi a inizio o fine turno. Abbiamo optato per l’inizio perché era la soluzione più indolore, altrimenti avremmo dovuto far entrare i visitatori e farli uscire e sarebbe stato molto peggio”. Lo conferma il soprintendente: “Tutto si è svolto regolarmente”.
4) Chi ha l’obbligo di dar comunicazione della chisura?
“Sempre i funzionari della Soprintendenza. Non le rappresentanze sindacali che comunque lo fanno, coi loro mezzi e cioè cartelli e affissioni. Ma se i canali di comunicazione istituzionale delle Soprintendenze non sono efficaci nel raggiungere turisti e cittadini non è certo da imputare ai lavoratori che non possono farsi carico anche di questo”.
5) E allora, cosa non ha funzionato? Cosa bisognerebbe cambiare?
Tocca capire perché ci si stupisce. Perché quei turisti stavano in coda apprendendo solo da un cartello, ormai giunti ai piedi dell’anfiteatro, della chiusura in corso. Il soprintendente dice di aver diffuso la comunicazione, come prevede la legge, 24 ore prima che l’assemblea si svolgesse, perché l’informazione viaggiasse sugli organi di stampa. Farlo prima del resto non si può, perché l’assemblea comunicata con largo anticipo potrebbe essere anche sconvocata, innescando un falso allarme che manda deserti i musei. Nello specifico, su Repubblica Roma e altri quotidiani la notizia è stata riportata. E tuttavia si vede che non basta, perché va da sé che un turista tedesco non legga le pagine locali di un quotidiano. I cartelli non sono stati posizionati con giorni di anticipo, non sono stati attrezzati info-point, non c’è stato alcun avvertimento sui siti ufficiali, se non a ridosso dell’assemblea. Tutto affidato a un servizio di informazione in loco il giorno prima dell’assemblea.