Diciotto, dieci o cinque minuti: quanto tempo serve realmente a un infermiere per indossare e poi svestire al termine del turno la divisa da lavoro? La questione – tra polemiche, ricorsi giudiziari e un’importante sentenza del 2014 – è da anni al centro di un braccio di ferro tra l’azienda ospedaliero-universitaria pisana (Aoup) e sindacati. A far infuriare adesso il Nursind è però la decisione dell’Aoup di istituire una borsa studio da 30mila euro incentrata proprio sul “tempo divisa” (minuti riconosciuti dall’azienda all’interno dell’orario di lavoro per la vestizione e la svestizione del camice, ndr).
“Un vero spreco di soldi” dichiara a ilfattoquotidiano.it il segretario provinciale del sindacato infermieri Nursind, Daniele Carbocci: “La posizione dell’azienda è chiara: concede 10 minuti (5 in ingresso e 5 in uscita, ndr) al posto degli attuali 5. Che bisogno c’è allora di uno studio e di spendere 30mila euro? E poi perché affidarsi a una persona esterna?”. L’azienda – anch’essa contattata dal Fatto.it – spiega tramite un comunicato che l’iniziativa è finalizzata a una “migliore gestione delle contestazioni legali in corso”: c’è infatti bisogno di una persona “che si occupi di effettuare ricalcoli sui numerosi contenziosi emersi” e di “fare una estrapolazione degli orari di lavoro a ritroso nel tempo per almeno 5 anni addietro, per un numero considerevole di dipendenti”. Dall’azienda confermano inoltre che la trattativa sul “tempo divisa” è conclusa e quindi si prevedono adesso i 10 minuti.
Nel mirino del Nursind – la questione è stata portata all’attenzione dal Tirreno – finisce la delibera 839 dello scorso 31 luglio con cui appunto si istituisce la borsa studio di 18 mesi (28.800 euro l’importo) intitolata “Monitoraggio e analisi della disciplina dell’orario di lavoro con particolare riferimento alle problematiche inerenti al tempo necessario per indossare le divise”. L’obiettivo – si legge nella delibera – è individuare e realizzare “una metodologia finalizzata al monitoraggio dell’orario di lavoro con particolare riferimento al contenzioso in essere per il tempo necessario per il cambio divisa”.
Al candidato è richiesto il diploma di ragioniere programmatore. “Possibile – si chiede polemicamente Carbocci – che l’Aoup tra i suoi 350 amministrativi non ne trovi uno capace di svolgere questo studio? Parliamo di un ragioniere che sappia utilizzare Excell e Word, non programmare un computer della Nasa”. Il Nursind sostiene inoltre che l’azienda abbia accumulato nel 2014 “un debito di oltre 1,5 milioni di euro di ore di straordinario non pagato” ma che questo non gli impedisca di “pagare 30mila euro un consulente esterno per una questione praticamente già risolta”.
La “battaglia” tra azienda e sindacati si infiamma nel 2009 con il ricorso di sei infermieri che chiedono il riconoscimento del tempo divisa. A fine 2014 la svolta: la sentenza del giudice del lavoro di Pisa Elisabetta Tarquini dà ragione ai ricorrenti ai quali viene complessivamente riconosciuto un risarcimento di circa 23mila euro per il “tempo divisa” (fissato dal giudice in 18 minuti: 9 in ingresso e 9 in uscita) non goduto tra il 2005 e il 2010. “Da quel momento molti altri dipendenti hanno fatto ricorso e l’azienda è dovuta ricorrere ai ripari, iniziando a concedere 5 minuti” ricorda Carbocci. Su circa 4800 dipendenti dell’Aoup (di cui 1900 infermieri) sarebbero circa 3mila i soggetti potenzialmente interessati a farsi riconoscere il “tempo divisa” inizialmente non concesso: “Tramite il Nursind abbiamo già lanciato 300 cause: per ogni dipendente sono in ballo circa 40 ore annue, ossia 1500 euro”.
Da qui la necessità della borsa di studio. L’Aoup evidenzia infatti il bisogno di “supportare il monitoraggio e il controllo del nuovo regolamento aziendale in materia, essendo la questione centrale, sia per il contenzioso legale in atto sia per il futuro”. E’ perciò sulla base di questi elementi “che si è quindi basata la scelta di attivare una risorsa temporanea – che è comunque una borsa di studio, che finanzia quindi giovani meritevoli – per smaltire tutto il lavoro da espletare ai fini della migliore gestione delle contestazioni legali in corso”.