La costruzione di un muro al confine tra Croazia e Ungheria “è un fatto gravissimo, che viola i principi base su cui è stata costruita l’Unione Europea. Dopo essere sopravvissuti alla crisi greca, rischiamo di smantellare l’Ue con l’emergenza migranti”. Angela Del Vecchio, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma, parla di “rischio sottovalutazione” della mala gestione dell’emergenza immigrazione da parte del gruppo dei 28 e denuncia i pericoli della nascita del primo muro costruito all’interno dell’Ue: “Se non si metterà un freno a questo tipo di politica del governo di Viktor Orbán – continua – rischiamo di creare un precedente che può portare l’Europa e gli accordi di Schengen a sgretolarsi”. La barriera tra Croazia e Ungheria rappresenta il primo muro costruito tra due Paesi già membri dell’Unione Europea. “Ci sarebbe il caso Cipro, anche se si tratta di un Paese diviso internamente”, spiega ancora la docente. Cipro, però, è entrato a far parte dell’Ue già diviso al suo interno in una parte greco-cipriota e un’altra turco-cipriota.
Quest’ultima idea dell’esecutivo ungherese, dice la docente, non rappresenta il primo caso di violazione di diritti fondanti dell’Unione Europea: “Ci sono leggi nazionali ungheresi – spiega – che contrastano con il rispetto di diritti umani sui quali l’Unione Europea si fonda, come la libertà di pensiero o di espressione. La costruzione di questa barriera ne è l’ennesimo esempio: l’abbattimento delle barriere interne è un principio cardine dell’Ue, ma oggi assistiamo alla costruzione di un muro al confine tra Paesi membri”. La barriera croato-ungherese, continua Del Vecchio, è un esempio ancora più grave di quella già ultimata al confine tra la Serbia e la Repubblica magiara: “La recinzione che divide Serbia e Ungheria, criticabilissima per i modi e i tempi con la quale è stata eretta, può essere considerata un provvedimento limite. I principi dell’Unione Europea stabiliscono infatti che vengano abbattute le barriere interne, ma possano essere aumentati i controlli all’esterno. Il muro al confine croato, invece, viola in pieno questo principio cardine”.
E questo assioma vale indipendentemente dalla nazionalità dei soggetti che si spostano o dal fatto che un Paese membro aderisca o meno agli accordi di Schengen. “Una distinzione sulla nazionalità può essere fatta alle frontiere esterne – continua Del Vecchio – uno Stato svolge i controlli necessari e stabilisce se una persona può entrare o meno nel Paese. Una volta che, però, è all’interno dell’area dell’Unione Europea i suoi spostamenti non possono essere limitati. Lo dicono i principi dell’Unione e lo dicono gli accordi di Schengen”.
Orbán ha giocato su questo aspetto per muovere la propria obiezione: se si applica questo principio, ha detto il Primo Ministro ungherese, le cosiddette quote e la redistribuzione non servono a niente perché non impediscono a un immigrato di spostarsi da un Paese a un altro e scegliere quello che preferisce. Le parole del leader del partito Fidesz, sostiene la professoressa Del Vecchio, sono il sintomo di quello che è il problema che sta alla base dell’emergenza migranti in Europa: la mancanza di leggi precise e applicabili a tutti i Paesi dell’Unione.
“Innanzitutto – spiega – si dovrebbe ricordare al premier che quando l’Ungheria ha deciso di entrare a far parte dell’Unione Europea ha accettato tutte le norme e i principi stabiliti precedentemente alla sua entrata, tra cui c’era anche quello della libera circolazione. Secondariamente, le sue parole mostrano la debolezza di un’Unione che non è in grado di imporre ai 28 Stati membri una politica condivisa e uniforme in materia di immigrazione, ma non solo. L’Ue sta affrontando l’emergenza migranti permettendo che ogni Paese applichi la propria politica nazionale in materia. Chi ne giova sono i governi come quello ungherese che, così, vogliono imporre le politiche nazionali agli altri membri”. E proprio qui si è vista, secondo Del Vecchio, la debolezza di Bruxelles: “Orbán – conclude – tira la corda perché sa che l’Ue non ha la forza di strapparla, con scelte drastiche come un’espulsione. Un provvedimento del genere sarebbe molto grave, ma se l’Unione avesse la forza di far rispettare leggi e principi non ce ne sarebbe bisogno e non saremmo arrivati a questo punto”.