Le regole esistenti, “inclusi i regolamenti di Dublino e le norme di Schengen“, vanno “mantenute e applicate”. A chiederlo è una bozza di dichiarazione finale del vertice europeo sull’emergenza immigrazione, circolata oggi nel corso del vertice informale dei capi di Stato e di governo dei 28 Paesi Ue. Se confermato, si tratterebbe di una chiusura alle richieste di Roma e Atene, a cui viene rimproverato di non registrare gli immigrati arrivati sulle loro coste come invece è previsto dal regolamento di Dublino per la gestione dei richiedenti asilo. Non per niente il premier Matteo Renzi anche mercoledì ha tornato a definire “superato” il sistema di Dublino. Ma la bozza di dichiarazione richiama anche il cosiddetto sistema di Schengen, che garantisce la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione europea. Richiamo rilevante vista la recente reintroduzione di controlli alle frontiere da parte di Paesi come Germania, Austria e Slovenia. Controlli provvisori, comunque, sono contemplati dalle norme di Schengen e non porrebbero problemi.
Da una comunicazione dell’esecutivo Ue, poi, emerge che alla Grecia viene chiesto di “mettere in atto procedure chiare per l’identificazione sistematica, la registrazione e le impronte digitali dei migranti”, mentre all’Italia si chiede, tra le altre cose, di “dispiegare lo staff di Frontex per aiutare a prendere le impronte digitali”, ma non si rimprovera la mancanza di procedure chiare o di un’identificazione sistematica.
Merkel: “Aiutare la Turchia che da sola ospita 2 milioni di rifugiati” – Intanto Bruxelles comincia ad aprire i cordoni della borsa. La prima proposta della Commissione al summit, stando alle dichiarazioni fatte dai leader all’ingresso, è stata quella di aumentare di 100 milioni di euro i fondi destinati agli Stati membri più interessati dai flussi migratori. La seconda l’ha illustrata Angela Merkel: “Mi auguro che troveremo una soluzione comune per la Turchia” che da sola ospita “2 milioni di rifugiati” e a cui bisogna quindi dare aiuto, ha detto la cancelliera arrivando al summit. La Cancelliera ha auspicato “soluzioni ragionevoli per affrontare le cause del fenomeno”, anche “finanziando i programmi internazionali a sostegno dei rifugiati, come il Programma alimentare mondiale“. Ma, ha continuato il capo del governo tedesco,”occorre rafforzare i controlli ai nostri confini esterni, cosa che passa anche dagli hotspot“, che devono “registrare puntualmente chi arriva in Europa e riconoscere i richiedenti asilo“. Dello stesso avviso Martin Schulz, secondo il quale l’Europa ha il dovere di aiutare gli Stati che ospitano il maggior numero di profughi: “L’Unione europea e gli Stati membri devono mobilitare quanti più soldi è possibile e lo devono fare non domani ma immediatamente, perché Paesi come Giordania, Libia e Turchia che ricevono la stragrande maggioranza dei rifugiati stanno finendo i soldi, così come l’Unhcr“, è l’appello lanciato dal presidente del Parlamento europeo.
Sul fronte della cooperazione, la Commissione Ue ha chiesto nei giorni scorsi agli Stati membri di innalzare di altri 500 milioni il fondo fiduciario per la Siria. Infine di rivedere l’allocazione dei fondi europei, sino a un miliardo, per azioni legate all’accoglimento dei profughi in Turchia, mobilitare 17 milioni per la Serbia e la repubblica di Macedonia. Si chiede anche di incrementare con 120 posti l’organico delle tre agenzie europee con un ruolo chiave su questo tema. La Commissione propone anche di aumentare i fondi per Frontex, Easo e Europol per 600 milioni di euro per il 2016.
La Slovacchia sfida la Ue: “Non applicheremo redistribuzione” – In giornata la Slovacchia ha lanciato la sua sfida all’Unione europea. Bratislava ha annunciato ufficialmente di volere procedere legalmente contro la decisione presa ieri a maggioranza a Bruxelles – la prima nella storia dell’Unione – sul sistema delle quote di distribuzione dei migranti approvato martedì dai ministri dell’Interno dei Paesi dell’Ue. Lo ha detto il premier slovacco, Robert Fico: “Noi andremo in due direzioni: anzitutto, ricorreremo alla Corte di Lussemburgo e poi non applicheremo la decisione presa dai ministri degli Interni”. “Non possiamo permettere che l’Europa funzioni basandosi sul principio della maggioranza contro la minoranza”, ha affermato ancora il premier slovacco. Le quote obbligatorie, ha concluso, “sono irrazionali e si riveleranno una misura ridicola”. Praga e Bratislava chiederanno al vertice dei 28 di oggi di “rivedere” la decisione sulla distribuzione di quote di migranti da ricollocare.
Da parte sua, intanto, la Repubblica ceca ha anticipato che non seguirà Bratislava nella sua iniziativa. Ne hanno convenuto oggi i ministri del governo ceco, compreso il premier Bohuslav Sobotka. “Non vogliamo andare avanti nell’escalation della tensione. Non vale la pena tendere la corda”, ha detto Sobotka, sottolineando che un passo del genere avrebbe conseguenze pesanti per Praga.
Neanche l’Ungheria segue la Slovacchia. Il premier Viktor Orban ha detto che Budapest non sosterrà l’iniziativa annunciata da . Praga e Bratislava. Secondo fonti diplomatiche Ue, l’Ungheria si atterrà a quanto previsto dal consiglio Interni e si farà carico dei profughi assegnati. “Non eravamo d’accordo. Non pensiamo che sia la soluzione, ma ora chiudiamo questo capitolo e andiamo avanti”, dicono le fonti. Tuttavia “non ci deve essere un imperialismo morale“, ha detto Orban, in Baviera, rispondendo alla domanda su cosa si aspetti da Angela Merkel: “Non possiamo pensare come la Germania, non possiamo pensare in base alla storia della Germania, non vogliamo essere obbligati a un cambiamento in Ungheria”.
Zonaeuro
Migranti, bozza dichiarazione Ue: “Applicare regolamento Dublino e norme Schengen”
Il documento è circolato durante il vertice a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo dei 28 sull'emergenza immigrazione. La Ue aiuterà Turchia e Paesi più colpiti dai flussi con sostegni finanziari. Intanto la Slovacchia sfida l'Unione: "Adiremo le vie legali contro la redistribuzione"
Le regole esistenti, “inclusi i regolamenti di Dublino e le norme di Schengen“, vanno “mantenute e applicate”. A chiederlo è una bozza di dichiarazione finale del vertice europeo sull’emergenza immigrazione, circolata oggi nel corso del vertice informale dei capi di Stato e di governo dei 28 Paesi Ue. Se confermato, si tratterebbe di una chiusura alle richieste di Roma e Atene, a cui viene rimproverato di non registrare gli immigrati arrivati sulle loro coste come invece è previsto dal regolamento di Dublino per la gestione dei richiedenti asilo. Non per niente il premier Matteo Renzi anche mercoledì ha tornato a definire “superato” il sistema di Dublino. Ma la bozza di dichiarazione richiama anche il cosiddetto sistema di Schengen, che garantisce la libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione europea. Richiamo rilevante vista la recente reintroduzione di controlli alle frontiere da parte di Paesi come Germania, Austria e Slovenia. Controlli provvisori, comunque, sono contemplati dalle norme di Schengen e non porrebbero problemi.
Da una comunicazione dell’esecutivo Ue, poi, emerge che alla Grecia viene chiesto di “mettere in atto procedure chiare per l’identificazione sistematica, la registrazione e le impronte digitali dei migranti”, mentre all’Italia si chiede, tra le altre cose, di “dispiegare lo staff di Frontex per aiutare a prendere le impronte digitali”, ma non si rimprovera la mancanza di procedure chiare o di un’identificazione sistematica.
Merkel: “Aiutare la Turchia che da sola ospita 2 milioni di rifugiati” – Intanto Bruxelles comincia ad aprire i cordoni della borsa. La prima proposta della Commissione al summit, stando alle dichiarazioni fatte dai leader all’ingresso, è stata quella di aumentare di 100 milioni di euro i fondi destinati agli Stati membri più interessati dai flussi migratori. La seconda l’ha illustrata Angela Merkel: “Mi auguro che troveremo una soluzione comune per la Turchia” che da sola ospita “2 milioni di rifugiati” e a cui bisogna quindi dare aiuto, ha detto la cancelliera arrivando al summit. La Cancelliera ha auspicato “soluzioni ragionevoli per affrontare le cause del fenomeno”, anche “finanziando i programmi internazionali a sostegno dei rifugiati, come il Programma alimentare mondiale“. Ma, ha continuato il capo del governo tedesco,”occorre rafforzare i controlli ai nostri confini esterni, cosa che passa anche dagli hotspot“, che devono “registrare puntualmente chi arriva in Europa e riconoscere i richiedenti asilo“. Dello stesso avviso Martin Schulz, secondo il quale l’Europa ha il dovere di aiutare gli Stati che ospitano il maggior numero di profughi: “L’Unione europea e gli Stati membri devono mobilitare quanti più soldi è possibile e lo devono fare non domani ma immediatamente, perché Paesi come Giordania, Libia e Turchia che ricevono la stragrande maggioranza dei rifugiati stanno finendo i soldi, così come l’Unhcr“, è l’appello lanciato dal presidente del Parlamento europeo.
Sul fronte della cooperazione, la Commissione Ue ha chiesto nei giorni scorsi agli Stati membri di innalzare di altri 500 milioni il fondo fiduciario per la Siria. Infine di rivedere l’allocazione dei fondi europei, sino a un miliardo, per azioni legate all’accoglimento dei profughi in Turchia, mobilitare 17 milioni per la Serbia e la repubblica di Macedonia. Si chiede anche di incrementare con 120 posti l’organico delle tre agenzie europee con un ruolo chiave su questo tema. La Commissione propone anche di aumentare i fondi per Frontex, Easo e Europol per 600 milioni di euro per il 2016.
La Slovacchia sfida la Ue: “Non applicheremo redistribuzione” – In giornata la Slovacchia ha lanciato la sua sfida all’Unione europea. Bratislava ha annunciato ufficialmente di volere procedere legalmente contro la decisione presa ieri a maggioranza a Bruxelles – la prima nella storia dell’Unione – sul sistema delle quote di distribuzione dei migranti approvato martedì dai ministri dell’Interno dei Paesi dell’Ue. Lo ha detto il premier slovacco, Robert Fico: “Noi andremo in due direzioni: anzitutto, ricorreremo alla Corte di Lussemburgo e poi non applicheremo la decisione presa dai ministri degli Interni”. “Non possiamo permettere che l’Europa funzioni basandosi sul principio della maggioranza contro la minoranza”, ha affermato ancora il premier slovacco. Le quote obbligatorie, ha concluso, “sono irrazionali e si riveleranno una misura ridicola”. Praga e Bratislava chiederanno al vertice dei 28 di oggi di “rivedere” la decisione sulla distribuzione di quote di migranti da ricollocare.
Da parte sua, intanto, la Repubblica ceca ha anticipato che non seguirà Bratislava nella sua iniziativa. Ne hanno convenuto oggi i ministri del governo ceco, compreso il premier Bohuslav Sobotka. “Non vogliamo andare avanti nell’escalation della tensione. Non vale la pena tendere la corda”, ha detto Sobotka, sottolineando che un passo del genere avrebbe conseguenze pesanti per Praga.
Neanche l’Ungheria segue la Slovacchia. Il premier Viktor Orban ha detto che Budapest non sosterrà l’iniziativa annunciata da . Praga e Bratislava. Secondo fonti diplomatiche Ue, l’Ungheria si atterrà a quanto previsto dal consiglio Interni e si farà carico dei profughi assegnati. “Non eravamo d’accordo. Non pensiamo che sia la soluzione, ma ora chiudiamo questo capitolo e andiamo avanti”, dicono le fonti. Tuttavia “non ci deve essere un imperialismo morale“, ha detto Orban, in Baviera, rispondendo alla domanda su cosa si aspetti da Angela Merkel: “Non possiamo pensare come la Germania, non possiamo pensare in base alla storia della Germania, non vogliamo essere obbligati a un cambiamento in Ungheria”.
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Roma, 15 mar. (Adnkronos) - Al via oggi a Roma l’Acea Water Fun Run, la maratona dell’acqua per famiglie e bambini dedicata al risparmio idrico. La corsa non competitiva di cinque chilometri, che il Gruppo Acea sostiene insieme alla Acea Run Rome The Marathon di domenica 16 marzo, celebra così il profondo legame tra Roma e l’acqua attraverso lo sport. Ed è record di adesioni alla manifestazione di oggi con oltre 20mila iscritti, di cui più di 4mila stranieri provenienti da 97 nazioni. Per Acea ha partecipato la Presidente Barbara Marinali (VIDEO).
Lungo il percorso della Acea Water Fun Run, che si snoda attraverso uno dei luoghi al mondo più ricchi di storia e di arte, il gruppo Acea ha dislocato punti di ristoro dove l’organizzazione della maratona distribuirà 330mila brick d’acqua, tra oggi e domani. Al Circo Massimo è stato inaugurato l’Acea Water Village che ospiterà fino a domani iniziative dedicate all’educazione idrica, per sottolineare l’importanza dell’acqua nella pratica sportiva e nella tutela della salute e del pianeta: da una ruota per la produzione di energia ad uno spazio interattivo per l’utilizzo di visori di realtà virtuale, dal gaming Casa Net Zero Water Building al photo booth “Ogni goccia conta, ogni passo vale”.
All’Acea Water Village presenti i vertici Acea, l’ex nuotatore e campione olimpico Massimiliano Rosolino e i nuotatori della Rari Nantes di Firenze, una delle squadre che Acea sostiene all’interno di un progetto dedicato territorio che unisce “acqua e sport”, a favore dei giovani e della loro formazione. Oggi pomeriggio, invece, nello stand Acea allestito presso l’Expo Village Acea Run Rome The Marathon al Palazzo dei Congressi dell’Eur sono previste diverse attività di sensibilizzazione sul tema acqua: da T.E.D.D.I. il cane robot simbolo dell’innovazione tecnologica ad un’esperienza immersiva tramite visori di realtà virtuale, dal Marathon Water Wall fino ad un nasone con una postazione per scaricare l’App Acquea di Acea, pensata per atleti, cittadini e turisti, che permette di individuare, tra 3.500 punti idrici geolocalizzati a Roma, la fontana, il nasone o la Casa dell’acqua Acea più vicina per dissetarsi. Previsto anche il talk show “Il benessere di un atleta: un perfetto equilibrio tra acqua, sport e salute” presso lo stand Acea, alle ore 17, moderato dal Presidente della Commissione Federale Atleti Fidal Carlo Cantales a cui parteciperanno gli sportivi Manuela Di Centa, Angelika Savrayuk, Stefano Pantano, Silvia Di Pietro, Davide Passafaro, Daniele Del Signore, il presidente di Acea Acqua Enrico Resmini e il direttore della Comunicazione di Acea Virman Cusenza.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La fine della tregua in Medio Oriente, e del percorso per il ritorno a casa di tutti gli ostaggi, è una notizia dolorosa. Fa male assistere ad altri morti e violenza. Mi auguro si possa tornare sulla strada della costruzione di un dialogo, pur difficile, ma necessario. Bisogna uscire dal baratro delle guerre". Lo dice il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Il governo palestinese chiede un "intervento internazionale urgente" di fronte al "brutale attacco" lanciato dall'esercito israeliano contro la Striscia di Gaza, in violazione del cessate il fuoco in vigore dal 19 gennaio, che ha causato finora più di 300 morti, secondo le autorità di Gaza, controllate Hamas. E' quanto sottolinea il ministero degli Esteri palestinese in un comunicato pubblicato sui social. "La continua aggressione contro il nostro popolo - aggiunge - e lo spargimento di sangue di bambini, donne e civili indifesi rappresenta un'evasione ufficiale da parte di Israele dai suoi obblighi quando si tratta di consolidare la cessazione della guerra genocida, lo sfollamento e il ritiro dell'esercito occupante dalla Striscia di Gaza".
Questa offensiva, afferma il ministero, "ostacola gli sforzi internazionali volti a sostenere il piano di ricostruzione, l'unificazione delle due parti della patria - con riferimento alla Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza - e la creazione dello Stato palestinese. Le soluzioni politiche sono la chiave per fermare l'aggressione e ripristinare un orizzonte politico per risolvere il conflitto". La comunità internazionale lavori per "consolidare un'immediata cessazione dell'aggressione" e mettere in guardia contro i "piani di occupazione" per sfollare la popolazione palestinese.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Non esiste possibilità di un'Unione Europea che conti nel mondo se questa è priva di una difesa europea. Ogni entità politica deve avere tra i suoi principali scopi la conservazione di sé, la propria autodifesa. Altrimenti può essere un'organizzazione economica o commerciale o altro, ma non un'unione politica". Lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera l'ex presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, a Roma per un incontro in ricordo di Franco Frattini, ex vicepresidente della stessa commissione, aggiungendo di accogliere favorevolmente la risoluzione del Consiglio europeo di passare, in materia di difesa, dall'unanimità alla maggioranza qualificata, eccezion fatta per le operazioni militari con mandato esecutivo.
"Tutti i passi per assicurare all'Ue un processo decisionale più efficace vanno bene - aggiunge l'ex premier portoghese - Nella fattispecie però non credo che a frenarle sia il voto a maggioranza: spesso l'argomento viene usato come pretesto da quanti dichiarano di voler andare avanti, ma in realtà no. Nei trattati esiste già la possibilità di 'cooperazioni rafforzate' tra alcuni Paesi, basta rispettarne i principi. Sono previsti dall'articolo 20 del Trattato di Lisbona e la massa critica sufficiente per procedere oggi c'è".
"Intese specifiche quali sono le cooperazioni rafforzate vanno raggiunte da almeno nove Stati membri e, siamo onesti, su molte domande non possiamo ambire all'unanimità - spiega Barroso - Attualmente i nove ci sono. E c'è anche abbastanza massa critica per sostenere l'Ucraina". Quanto al programma Rearm Europe di difesa europea approvato dal Consiglio e nella sostanza dal Parlamento, dice ancora, "coloro che sono pronti dovrebbero andare avanti. Francia, Germania e altri lo sono. Allo stesso tempo devono rimanere aperti, come prevedono i trattati, a ulteriori Paesi che potrebbero aggiungersi. È una geometria variabile estensibile a Stati non dell'Ue, come è adesso la Gran Bretagna. Penso che questo dibattito istituzionale di frequente sia una scusa, perché le cose quando lo vogliamo davvero siamo capaci di farle. Importante è superare la frammentazione nell'industria della difesa. Se ogni Paese investe nella rispettiva difesa non aumenteremo quella europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Si tratta ancora sul testo della mozione del Pd in vista del voto in Parlamento sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio Ue. Un accordo sul testo, dopo la lunga riunione di ieri, ancora non è stato trovato. A quanto si apprende, al momento a tenere lontani maggioranza del partito e i riformisti dem è l'aggettivo "radicalmente" voluto dalla segretaria Elly Schlein a proposito dei cambiamenti da apportare a ReErm Eu.
Sulla necessità di invocare modifiche al progetto di difesa Ue di Ursula von del Leyen, invece, le diverse anime del partito si sono trovate d'accordo. "La Schlein vuole marcare la differenza dal Piano, i riformisti pensano invece che ci vogliano debito europeo e difesa comune", sottolinea chi segue le trattative da vicino.
Al testo della mozione lavora già da ieri un gruppo ristretto composto dai capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di commissione Stefano Graziano, Enzo Amendola, Piero De Luca, Tatiana Rojc e Alessandro Alfieri. Una riunione del tavolo ristretto era prevista per stamattina, prima dell'Assemblea dei Gruppi delle 11,30, ma al momento ancora non è iniziata.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Spero ci sia la volontà politica per evitare di dividerci di nuovo. Questo è un passaggio storico. Non possiamo sbagliare, è troppo importante. La politica estera e i temi della difesa europea magari non sono decisivi per il consenso elettorale, ma sono fondamentali per la costruzione della credibilità di un soggetto politico e della costruzione di un’alternativa di governo". Lo dice al Foglio Alessandro Alfieri, senatore del Pd e coordinatore di Energia popolare, a proposito della mozione del Pd sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.
"Lavoriamo a un documento che sottolinei le criticità del piano sulle quali il governo dovrebbe negoziare con la Commissione – dalla necessità di non sbilanciare il costo del riarmo troppo sui bilanci nazionali, alla necessità di investimenti che contribuiscano a far crescere la collaborazione industriale trai i paesi europei e gli acquisti e programmi comuni tra pesi – ma che confermi comunque che questo è oggi un passaggio necessario per garantire la sicurezza dell’Europa", sottolinea il senatore dem.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - La tregue in Ucraina "ci sarà, è inevitabile. Trump e Putin si sono spinti troppo avanti. Hanno tagliato fuori dal confronto l’Europa che rompe le scatole e ora, escludendo gli altri, hanno obbligato se stessi a portare a casa il risultato. Non possono fallire, non possono tornare alla casella di partenza". Lo dice Romano Prodi a 'Avvenire'.
Ma "la pace è un’altra cosa. È più complicata perché si tratta di definire aspetti complessi. A cominciare dai problemi territoriali. Certo di solito una tregua finisce con il rendere definitivi accordi provvisori", sottolinea l'ex presidente della commissione Ue. Sulla difesa europea, Prodi spiega: "Ora è il momento di farci il nostro ombrello. Penso a un lungo e indispensabile cammino verso la difesa comune. Penso a risorse aggiuntive che vengano progressivamente messe insieme da tutti i Paesi Ue. Penso a risorse spese in modo coordinato e unito. Se aumentiamo le spese militari senza organizzare una politica estera e una difesa comune, sono soldi buttati via".
Prodi, tra le altre cose, parla della situazione del Pd: "In Europa non esiste un Paese in cui un partito abbia la maggioranza. Ecco il tema: creare la compagnia di viaggio" e con il M5s "c’è tanta distanza. Troppa. Questo gioco della separazione quotidiana vuol dire condannarsi alla sconfitta. E invece la sfida è trovare una capacità di mediare avanzando. Servono proposte innovative. Servono proposte che emozionano. Che prendono il cuore. Perchè c’è metà del Paese che non va più a votare. E perchè i giovani non si convincono con proposte in contrasto tra loro".