Nel 2000 era il racconto di un’Italia inedita, nuova, che non conoscevamo e proprio per questo ci faceva un po’ paura. Nel 2015 è il racconto dell’Italiaccia che è diventata, che conosciamo fin troppo bene e proprio questo ci terrorizza.
Il Grande Fratello è tornato e diciamolo subito, senza giri di parole: non ne sentivamo la mancanza. Non ha più senso, non racconta nulla, è tutto già visto, già detto. Ma è tornato e tocca farci i conti. E persino l’Auditel ha certificato un crollo deciso, decretando un mezzo flop: 3,4 milioni di spettatori, per uno share del 19,2%. Poco, soprattutto se si considera che il programma è finito all’una di notte. Sconfitta corposa nei confronti della fiction Provaci ancora prof su RaiUno (5,4 milioni, 22,3% di share) e un calo, rispetto alla prima puntata della tredicesima edizione, addirittura del 37%.
Alla conduzione, ancora una volta Alessia Marcuzzi, che di buono ha un certo ingenuo e ingiustificato entusiasmo. Strana coppia di opinionisti, invece, quella composta da Cristiano Malgioglio e Claudio Amendola (che evidentemente è in quella fase della vita e della carriera in cui accetterebbe anche un’ospitata a Protestantesimo).
Non c’è niente di nuovo sotto il sole di Cinecittà. L’unica novità è l’ingresso e la partecipazione in coppia. Niente di rivoluzionario, insomma. E si parte fin dai primi minuti con una sorta di manifesto programmatico: Claudio Amendola di fronte la porta rossa con Mirko, il rustico vincitore dell’ultima edizione, con tanto di cesta di pomodori e carampane che cantano Sei Bellissimo (a Claudio Amendola, non a Mirko). È già sagra della porchetta, è già festa paesana supertrash. Nessuno nomini “l’esperimento sociologico” di quindici anni fa, quel fenomeno discutible quanto vi pare, ma indubbiamente interessante, che aveva fatto impazzire le facoltà di Scienze della comunicazione di mezza Italia e dieci milioni di spettatori. Di quel Grande Fratello è rimasto giusto il nome. Punto.
Il primo concorrente è un dottorino sexy, un trentaquattrenne non ancora specializzato ortopedico, bello da paura e tenebroso quanto basta: “La laurea in medicina è stato il coronamento di un sogno”. Ecco, sì, e infatti adesso sei lì, nel video di presentazione, a petto nudo ad ammiccare alle ultracinquantenni che ti guardano da casa. Non manca, poi, il primo tocco di sano maschilismo. Entrano venti ragazze, tutte belle, ferme e mute. Il dottore dovrà capire quale tra quelle sarà la sua compagna di avventura. Italia, 2015. E alé.
Ma il “meglio” deve ancora venire. È il turno di Rebecca, nata Sabatino, poi padre Mauro e adesso realizzata nella sua compiuta transizione. Personaggio solare, simpatico, sveglio e intelligente. Ma il rischio è che sia lì a coprire la “pecetta” del tipo umano da dare in pasto al pubblico. Speriamo di sbagliarci. Ma temiamo di no. Ovviamente Cristiano Malgioglio, che è gay e come tutti i gay è dotato di una spiccata sensibilità (sì, certo, come no) esordisce così: “Ma è Rebecca o Rebecco”. Ecco, alé.
Ogni 20 minuti circa, arriva puntuale la pubblicità. Il programma è lento, farraginoso, noioso. Godibile come un film di Terrence Malick. Ma continuano i cliché, le caselle da riempire. C’è il sordo, l’ex obeso che ora si sente tombeur de femme, la virago riccastra di destra versus l’easy chic precaria di sinistra. Alle 23.35, dopo una durissima battaglia contro Morfeo, cediamo al primo abbiocco. Resistiamo, sperando manchi ormai poco alla fine di questo supplizio. E invece passeranno altri 85 interminabili minuti prima che Alessia Marcuzzi saluti tutti, dall’interno della casa del Grande Fratello, dando appuntamento alla settimana prossima.
Ecco, noi non ci saremo. Perché va bene che è un lavoro sporco e bla bla bla, ma c’è un limite a tutto. Anche alla reiterazione di un erroraccio televisivo che non è più perdonabile. Non si butta mai niente in tv, per carità. Ma qui ormai siamo già oltre l’accanimento terapeutico. Siamo passati al vilipendio di cadavere.