Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale degli ultimi decreti, il Jobs act è finalmente al capolinea. E la riforma del lavoro porta con sé anche il cambio delle regole della cassa integrazione. Le modifiche, operative a partire dal 24 settembre, da un lato prevedono un ampliamento della platea dei beneficiari, aprendo a piccole imprese e apprendisti, ma dall’altro riducono la durata dell’ammortizzatore sociale a 24 mesi, impediscono alle aziende “decotte” di farne richiesta e aumentano i costi per le imprese che lo utilizzano.

A chi spetta la cig. Ora anche piccole imprese e apprendisti – La cassa integrazione spetta ai lavoratori subordinati che abbiano almeno 90 giorni di anzianità al momento della richiesta dell’ammortizzatore. Il Jobs act ha ampliato la platea a quanti hanno un contratto di apprendistato professionalizzante. E ancora, il decreto ha permesso anche alle piccole imprese, dai 5 ai 15 dipendenti, di accedere allo strumento. Secondo i tecnici del governo, questi interventi estenderanno la platea di beneficiari fino a raggiungere 600mila aziende e 5,6 milioni di dipendenti. Rimane invariato, invece, l’importo dell’assegno di cassa ordinaria e straordinaria: si parla dell’80% della retribuzione globale spettante al lavoratore, per un massimo di 1.167,91 euro mensili.

Durata ridotta a 24 mesi – Il decreto prevede che la cassa integrazione possa essere concessa per un massimo di 24 mesi in un quinquennio mobile, cioè in un periodo di cinque anni a partire dalla richiesta di cig. Si può arrivare a un massimo di 36 mesi di ammortizzatori se si contano due anni di contratti di solidarietà e 12 mesi di cassa integrazione. Per il settore edile, invece, la durata massima della cig sarà di 30 mesi.

L’azienda non deve dichiarare i criteri di scelta dei cassintegrati – Sono state ridotte le informazioni che l’azienda deve comunicare ai sindacati in caso di richiesta di cassa integrazione straordinaria. L’impresa, infatti, non sarà più tenuta a dichiarare i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione. Al tempo stesso, il decreto accelera i tempi di presentazione della domanda di cassa integrazione. Nel caso della cassa ordinaria, bisogna farne richiesta entro 15 giorni dalla sospensione dell’attività. Per la cig straordinaria, invece, l’impresa deve presentare la domanda nei sette giorni che seguono la chiusura della procedura sindacale o dell’accordo aziendale.

Abolita cassa integrazione per aziende decotte – Cambiano le causali necessarie per accedere alla cassa integrazione straordinaria. Il decreto esclude esplicitamente dall’ammortizzatore i “casi di cessazione dell’attività o di un ramo di essa”. Insomma, le aziende decotte, senza prospettive di ripartenza, non potranno più avere accesso allo strumento.

Chi usa la cassa pagherà di più – Un’altra novità del decreto è che le imprese utilizzatrici di cassa integrazione ordinaria pagheranno maggiori contributi. Oggi tutte le imprese del settore industriale pagano un contributo per la cassa integrazione, che ne facciano uso o meno: si chiama contributo ordinario. Il decreto fa uno sconto su questa somma, per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria. Così le imprese sotto i 50 dipendenti pagheranno l’1,7% della retribuzione, quelle oltre questa soglia il 2%. Non cambia la situazione, invece, per la cig straordinaria: il contributo resta pari allo 0,9% della retribuzione (0,6% a carico dell’impresa e 0,3% del lavoratore). Ma poi c’è un altro tipo di contributo, detto addizionale, pagato solo da chi effettivamente usa la cassa integrazione. In questo caso, il Jobs act alza le aliquote. Fino a 52 settimane di cassa, il contributo sarà del 9% della retribuzione spettante per le ore non lavorate. Tra le 52 e le 104 settimane, la quota si attesta al 12%, oltre le 104 settimane al 15%. Insomma, chi utilizza l’ammortizzatore sociale pagherà di più.

I contratti di solidarietà costeranno di più per le aziende – Il decreto prevede importanti cambiamenti anche per i contratti di solidarietà. D’ora in poi, diventano semplici causali della cassa integrazione straordinaria. Questa scelta comporta che il loro costo aumenterà per le aziende: anche a questo ammortizzatore sociale sarà applicato il contributo addizionale, prima escluso. L’importo dell’assegno sarà equiparato a quello della cassa integrazione, cioè l’80% della retribuzione globale, con il relativo tetto. Spariranno il 30 giugno 2016, invece, i contratti di tipo B, cioè quelli che riguardavano le imprese con meno di 15 dipendenti o che non rientravano nel campo di applicazione della cassa integrazione straordinaria.

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