Il principale boss del traffico di esseri umani a Zuwara, in Libia, è stato ucciso ieri mattina a Tripoli insieme a 8 suoi miliziani. Lo riferiscono i media locali, tra cui il sito di Libya Herald. L’uomo, Salah Al-Maskhout, ex ufficiale dell’esercito libico nell’era Gheddafi, è stato ucciso da uomini armati, probabilmente “professionisti”. Fonti locali sostengono che a sparare sarebbero stati degli “italiani”. Un uomo, che dice di essere il nipote, ha smentito la notizia della morte.
L’agguato è avvenuto vicino al centro medico di Tripoli. L’uomo e le sue 8 guardie del corpo sono stati fermati per strada e affrontati da un commando non meglio identificato armato di pistole. Nessuno tra di loro è rimasto ferito nonostante – si legge sul giornale libico – Al Maskhout e i suoi fossero dotati di fucili automatici, dunque il team che li ha uccisi era composto “probabilmente da professionisti”.
Il presidente del Congresso libico di Tripoli, Nuri Abu Sahmain, in una nota citata dal Guardian, ha parlato di “forze speciali italiane” come artefici dell’agguato. Abu Sahmain, originario anche lui di Zuwara, ha detto che conosceva personalmente al-Mashkout e che era a capo di un’amministrazione rivale al governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazionale.
La Farnesina ha però smentito categoricamente la notizia di qualsiasi coinvolgimento di forze speciali italiane in Libia e una fonte della Nato ha detto al quotidiano britannico che nessuno dei militari dell’Alleanza è coinvolto nell’attacco. Anche fonti dell’intelligence italiana negano “in maniera categorica che in Libia siano in corso attività di questo tipo da parte dei servizi” perché, aggiungono, sul posto non ci sono forze speciali e “men che meno uomini dell’intelligence“. “E’ tutto falso”, hanno ripetuto anche fonti militari italiane.
Sulla vicenda stanno prendendo forma diverse ipotesi investigative. Una di queste, rilevano fonti qualificate all’Adnkronos, è che la vicenda possa aver visto il coinvolgimento di elementi della criminalità organizzata italiana, che vorrebbe mettere le mani sul traffico di esseri umani, uno dei più redditizi canali di finanziamento delle cosche. L’uccisione del boss degli scafisti libici potrebbe costituire un “avvertimento” in una guerra di mafia per il controllo del business criminale dei migranti.
Sul giornale MaltaToday è arrivata però una smentita: Salah al-Maskhout “è vivo e non ha nulla a che vedere con il traffico di esseri umani”. L’avrebbe detto un uomo che afferma di essere un nipote di al-Maskhout. La fonte sostiene che suo zio, che avrebbe lasciato l’esercito nel 1996 all’epoca del regime di Muammar Gheddafi, non sia collegato a nessuna delle milizie attive in Libia. Persone che affermano di essere amici e parenti di Al-Maskhout smentiscono, sempre sullo stesso quotidiano, le notizie circolate in precedenza sull’uccisione dell’uomo e il suo coinvolgimento nel traffico di esseri umani. Non solo, sostengono che Al-Maskhout lavori per una “compagnia energetica a Tripoli”.