Volkswagen “sapeva”. Alcuni non meglio precisati “responsabili” erano stato avvisati già nel 2011 del profilo di illegalità nell’utilizzo del software che consentiva di modificare i dati sulle emissioni quando i veicoli venivano sottoposti a test. La Frankfurter Allgemeine Zeitung, ripresa da tutti i media della Germania, tv pubblica inclusa, cita un documento riportando fonti vicine al Consiglio di Sorveglianza.
Si tratta di un “memorandum” redatto da un tecnico, sottoposto venerdì ai membri del CdS. Di più: lo stesso fornitore del sistema, il colosso tedesco Bosch, secondo Bild am Sonntag, avrebbe avvisato il costruttore perfino nel 2007 (l’anno in cui Martin Winterkorn venne nominato a capo del gruppo e in cui chiamò il suo successore, Matthias Müller, al quartier generale di Wolfsburg) dei possibili profili di illegalità del suo utilizzo. Il software è stato sviluppato dalla Bosch solo per test interni. Il fornitore non ha voluto commentare le notizie.
Quello che ancora non è stato reso noto è come mai, se il documento emerso nel corso dell’inchiesta interna esiste veramente, non sia stato tenuto in considerazione. O, peggio ancora, sia stato ignorato. Non è chiaro nemmeno a chi sia stato sottoposto, ma è probabile che questi “dettagli” emergano se non nelle prossime ore, probabilmente nelle prossime settimane.
Il responsabile della comunicazione del marchio, il 52enne Peter Thul (in carica da luglio), si è rifiutato di commentare i dettagli, ma ha precisato che “stiamo indagando a pieno regime e non appena avremo dei risultati li renderemo pubblici”. Ai responsabili della divisione Controllo Interno sembra dunque essere sfuggita la più grande macchinazione degli ultimi decenni. Eppure è un ufficio, che numeri alla mano, sembra efficiente. Nel solo 2014, 72 dipendenti di Volkswagen hanno perso il proprio posto per via di “irregolarità”.
La Motorizzazione tedesca (KBA) e il ministero dei Trasporti fanno pressione dopo aver incassato le nemmeno troppo velate accuse di “fiancheggiamento” alle Case, sia per non aver compiuto ulteriori controlli sui dati delle emissioni forniti dai costruttori, sia per aver rallentato il processo che avrebbe dovuto condurre all’introduzione di limiti più severi e a nuovi criteri per lo svolgimento dei test.
Entro il 7 ottobre Volkswagen dovrà fornire un calendario sulle iniziative che intende adottare per adeguare e regolarizzare i veicoli che montano il dispositivo che falsifica i dati. Se il costruttore non dovesse essere in grado di fornire risposte soddisfacenti, le autorità hanno minacciato di ritirare le autorizzazioni per i motori coinvolti. Qualcosa che sembra andare oltre il semplice blocco delle vendite, perché avrebbe effetti retroattivi. La rimozione del software costerebbe a Volkswagen 200 euro per auto. Una cifra “ridicola” rispetto a quello che rischia di dover pagare quando sarà chiamata a rispondere in tribunale. Ma su quel documento interno dovrebbero esserci anche le “impronte digitali” di chi l’ha maneggiato. Su di lui o su di loro il costruttore ha già fatto sapere di volersi rivalere.